Con il suo primo testo di prosa e la sua prima regia, Caterina Guzzanti affronta un tema universale e su cui il dibattito oggi è più aperto e vivo che mai. Secondo lei è uno spettacolo sulla fragilità: un lungo, intimo, delicato flusso di pensiero, dal punto di vista femminile, sulle dinamiche nascoste che regolano i rapporti di coppia. Una prospettiva di parte, ma aperta e mai giudicante, che in modo perentorio pone al centro una profonda riflessione sulla giustezza della coppia a tutti i costi.
Secondo lei è una storia sulla crisi tanto del maschio quanto della femmina, nella quale dolore e ironia convivono nel paradosso della coppia, in cui ognuno riconoscerà tante storie. L’amore idealizzato come luogo sicuro e salubre diventa negazione quotidiana e sistematica del bisogno e del desiderio altrui: un silenzioso campo di battaglia in cui fraintendimenti e necessità affondano, mentre il solo imbarazzante desiderio sarebbe quello di essere capiti, accettati e perdonati.
Da dove viene la sensazione che per diventare adulti ci si debba rifugiare nell’altra persona anziché investire nella propria indipendenza? Secondo lei è una voce in attesa di “secondo lui”. Nel frattempo si arrangia con quel poco che le è dato sapere, secondo lei.
scritto e diretto da Caterina Guzzanti
con Caterina Guzzanti e Federico Vigorito
collaborazione artistica Paola Rota
scene Eleonora De Leo
luci Cristian Zucaro
suoni Angelo Elle
costumi Ziamame
Progetto nato nell’ambito di Scritture - Scuola di Drammaturgia diretta da Lucia Calamaro
produzione Pierfrancesco Pisani e Isabella Borettini per Argot produzioni
Teatro Stabile di Bolzano in collaborazione con Riccione Teatro
con il contributo di Regione Toscana
durata: 70 minuti
von Eugene O’Neill
Eine schrecklich nette Familie
Das abgründige Leben einer Familie, erzählt an einem einzigen Tag, zwischen Morgen und Mitternacht: Die Tyrones sind nach längerer Zeit endlich wieder vereint. Und es gibt Streit, wie so oft. Vater James, früher ein erfolgreicher Bühnenheld, tyrannisiert die Familie mit seinem Geiz. Mutter Mary, einst Schönheitskönigin, hat nicht ihre erste Entziehungskur hinter sich. Sohn James ist wie sein Vater Schauspieler, Zyniker und Trinker. Und der jüngere Sohn Edmund leidet an Tuberkulose, die als Sommergrippe bagatellisiert wird. Erfolg und Zufriedenheit entpuppen sich nach und nach als Selbstbetrug. Nur Mary hegt noch Hoffnung auf das „winzige Maß an Liebe, welches das Maß des Hasses übersteigt“.
Judith Rosmair, Peter Kremer (bekannt u. a. aus der TV-Serie „Siska“), Igor Karbus und Fabian Stromberger legen die psychischen Wunden der von ihnen dargestellten Familienmitglieder Schicht für Schicht frei. Der Literaturnobelpreisträger Eugene O’Neill hatte selbst festgelegt, dass sein autobiografisch motiviertes Stück erst nach seinem Tod uraufgeführt würde. Heute zählt es zu den Klassikern der amerikanischen Dramen, ausgezeichnet u. a. mit dem Pulitzer-Preis und dem Tony Award.
Ein Gastspiel des Schlosspark Theaters Berlin
von Eugene O’Neill
Deutsch von Michael Walter
Regie: Torsten Fischer
Bühne und Kostüme: Herbert Schäfer, Vasilis Triantafillopoulos
Mit:
James Tyrone: Peter Kremer
Mary Cavan Tyrone, seine Frau: Judith Rosmair
James Tyrone Jr., ihr älterer Sohn: Igor Karbus
Edmund Tyrone, ihr jüngerer Sohn: Fabian Stromberger
Nicht nur, sondern nur auch – ein ziemlich ungeordneter Versuch, über Ordnung zur reden
Irgendwie sind wir Menschen ziemlich eng im Würgegriff der Hilfszeitwörter. Also, nicht der Wörter selbst, aber das, was damit beschrieben wird, das bestimmt sehr stark das Terrain, in dem unser Handeln abläuft; Können, Müssen und Wollen.
Wer alles weiß und kann, aber nichts will, wird nix tun. Gut, außer, er muss. Aber dann macht er nur so lange, bis er nicht mehr muss. Und wenn er alles weiß und kann, wird er sich das so einrichten, dass er immer weniger muss, und dann wird er mit der Zeit auch nix mehr machen. Und so zu leben, also das muss man schon echt wollen.
„Ein scharfsinnig und sprachlich geschliffenes Plädoyer für gewissenhaftes Auseinanderhalten und gemütsruhiges Abwägen, humoristisch beseelt von einem fest in Wissenschaft und Humanismus verankerten Optimismus.“ – Falter
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