The 12 Tenors - Pubblicato da ale inside

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12 tenori, 22 canzoni, uno show strepitoso. La produzione piena di successo su tutto il mondo arriverà per la terza volta in Alto Adige. Con canzoni leggere, classici e uno show che elimina tutti gli stereotipi di questa musica vocale, torneranno in Alto Adige per ben due concerti 2012. Già a marzo hanno dimostrato che sanno trattenere il pubblico in un modo molto affascinante. Negli ultimi anni avevano successo soprattutto all’estero, in Cina, Giappone e Germania. Adesso ritorneranno, meglio che mai, sui palchi infettando il pubblico con la loro passione avvolgente per la musica. Il loro repertorio comprende arie classiche come “Nessun Dorma”, canzoni della musica pop come “Music” fino a “You can leave your hat on” di Joe Cocker, il registro “tenore” non é mai stato così molteplice. I tenori non sanno solo cantare, sanno ballare e riescono a cambiare tra uno stile all’altro in un modo spettacolare: entertainment musicale. Con il loro inconfondibile sound classico e pure moderno, collegano il gusto delle generazioni. Se esiste una Boygroup che unisce giovani e anziani, è “The 12 Tenors”. Sul palco affascinano, soprattutto con la loro energia avvolgente, accompagnati da una band femminile, i dodici cantanti eccezionali dimostrano che sanno cantare ed interpretare tutti i generi musicali e che il pubblico non riesce a resistere al loro fascino. A loro scelta, su questo tour interpreteranno per la prima volta un nuovo medley di Michael Jackson, con il quale vogliono ricordare ed esprimere la loro stima per il King of Pop morto nel 2009. È diventata una loro tradizione di interpretare canzoni famose nazionali del paese dove si trovano.

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  • I defunti escono dalle loro tombe e danzano: nel 1960, Dmitrij Šostakovič va a Dresda per recarsi sul set in cui si gira il film sulla distruzione della città “Cinque giorni e cinque notti”, per il quale deve comporre le musiche. Le cose andranno diversamente: “Per quanto abbia provato a convertire gli abbozzi musicali per il film, finora non ci sono riuscito. Ho invece scritto un quartetto che non serve a nessuno ed è ideologicamente riprovevole. Ho pensato che, dovessi morire prima o poi, non ci sarà nessuno che scriverà un’opera dedicata alla mia memoria”, riferisce il 19 luglio all'amico Isaak Glikman. Poco prima aveva ceduto alla pressione delle autorità sovietiche e aveva aderito al partito comunista. La reazione creativa a questo passo è l’ottavo quartetto per archi “in memoria delle vittime del fascismo e della guerra”. L’op. 110 – una macabra autobiografia senza parole – è composta quasi interamente da citazioni tratte dalle proprie opere, dal “Crepuscolo degli dei” di Wagner, da una canzone della rivoluzione e dalla sesta sinfonia di Čajkovskij. Il direttore e violista Rudolf Barshai arrangia questo patchwork musicale per orchestra d’archi e presenta la partitura a Šostakovič. “Gli è piaciuta molto, e con il senso dell’umorismo che lo contraddistingue ha esclamato con slancio: ‘Be’, è più bella dell’originale. Daremo un nome nuovo al pezzo: Sinfonia da camera op. 110a.’” Anche i due brani con cui inizia questo concerto sono arrangiamenti: nel 1888, Pëtr Čajkovskij riarrangia per orchestra e violoncello il “Nocturne” della sua prima raccolta di composizioni per pianoforte, che risale al 1873. Nel 1876, il violoncellista nonché professore al Conservatorio di Mosca Wilhelm Fitzenhagen commissiona a Čajkovskij un brano per violoncello. Il compositore produce le “Variazioni su un tema rococò”, a tutti gli effetti un omaggio stilistico a Mozart. Successivamente il committente modifica la parte solistica e cambia la struttura dell’opera. Čajkovskij autorizza questa versione, che viene eseguita per la prima volta nel 1877 a Mosca, con Fitzenhagen al violoncello.
  • Con la Sinfonia in fa maggiore, Johannes Brahms si emancipa definitivamente dal “gigante” Beethoven. In occasione della prima esecuzione a Vienna, non mancano da parte dei seguaci di Wagner fischi di protesta contro questa “musica assoluta”, costruita con una precisione minuziosa e la densità della musica da camera. L’opera scritta nell'estate del 1883 raccoglierà comunque il successo del pubblico. Clara Schumann ha la sensazione di sentire nei primi due movimenti un “misterioso incanto della vita nel bosco”, e perfino Eduard Hanslich, il più aspro critico del tempo – che aveva contrapposto il presunto “tradizionalista” Brahms alla “scuola neotedesca” attorno a Wagner e Liszt in una disputa musicale consumatasi in pubblico – sottolinea la trasparenza di questa musica. Anche Antonìn Dvořák ne è entusiasta. “Dico, e non esagero, che quest’opera supera le sue due prime sinfonie; magari non per grandezza e concentrazione, ma di sicuro per bellezza! Crea un’atmosfera che non si trova spesso in Brahms! Che melodie splendide vi si trovano! È tutto amore, e ti si scalda il cuore”, scrive al suo editore Fritz Simrock. Nel gennaio 1893, Dvořák inizia ad abbozzare a New York la sua sinfonia “Dal nuovo mondo”. “Chi ha ‘fiuto’ non può non riconoscervi l’influsso delle Americhe”, constaterà più tardi. Ma cosa c’è qui di “americano”? I “negro-spirituals”, che il suo allievo di composizione Harry Thacker Burleigh gli canta, hanno influenzato la composizione tanto quanto il Wild West Show di Buffalo Bill, a cui Dvořák assiste, o l’adattamento in chiave poetica del mito indiano di “Hiawatha” da parte di Henry Longfellow. Eppure, nella musica ci sono molti elementi europei quali la vicinanza alle danze popolari boeme o il lavoro motivico-tematico. Come che sia: la Nona Sinfonia viene eseguita per la prima volta nel dicembre 1893 alla Carnegie Hall di New York sotto la direzione di Anton Seidl, amico di Dvořák. Il pubblico celebra l’opera come prototipo di una nuova musica “americana”.
  • Una voce isolata nell’industria musicale del Nord Europa: il compositore danese Rued Langgard non ha allievi, viene suonato di rado e spesso e volentieri viene dimenticato quando si tratta di assegnare posti o commissionare opere importanti in patria. Scrive la sua Quarta sinfonia dal titolo “Løvfald” (Sentiero autunnale) nel 1916, all’età di 22 anni. Il brano viene eseguito per la prima volta in 13 parti nel 1922 a Heidelberg. La musica a programma espressivo-drammatico, rivista nel 1920, viene quindi composta in un periodo creativo “modernista”, in cui questo eccentrico talento eccezionale compone opere visionarie come la “Sfærernes Musik” (Musica a sfera) o la Suite per pianoforte “Insektarium”. A cinquant’anni di distanza, alla fine degli anni Sessanta, influenzeranno entrambe il movimento d’avanguardia del dopoguerra. Insieme al suo contemporaneo Carl Nielsen, Rued Langgard è oggi tra i rappresentanti di spicco della musica danese del XX secolo. È possibile scrivere ancora sinfonie dopo Beethoven e costruire nuove “case” sulle fondamenta del “classicismo viennese”? Nella sua opera sinfonica, Johannes Brahms si cimenta in questo tentativo uscendo così dall’ombra lunga del suo predecessore. Compone la Sinfonia in re maggiore nel 1877, durante la villeggiatura a Pörtschach, sul Wörthersee. La prima esecuzione ha luogo il 30 dicembre 1877 sotto la direzione di Hans Richter al Musikverein di Vienna. In una “variazione in sviluppo”, come Arnold Schönberg definisce questa procedura, il lascito di Beethoven viene modificato, integrato e ulteriormente sviluppato nella più lirica delle quattro sinfonie di Brahms. Ancor prima della prima presentazione in sala da concerto, Brahms modula la sinfonia, di cui i critici loderanno più avanti la “chiarezza solare”, dalla chiara tonalità maggiore alla scura tonalità minore: “La nuova sinfonia è talmente malinconica che non la reggono. Non ho mai scritto qualcosa di così triste, in tonalità minore: la partitura deve essere pubblicata con il bordo nero del lutto”. Che dica sul serio? Difficilmente. La sua musica pastorale spodesta le ombre cupe e risuona come il ricordo di un’estate spensierata.

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