Der Golem vs. Stearica - Pubblicato da popoli

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Informazioni evento

Der Golem (Paul Wagner-1920 85’)

Live soundtrack eseguita da STEARICA: Francesco Carlucci: chitarre, synth, loop, campionamenti dal vivo Davide Compagnoni: batteria, percussioni, campionamenti dal vivo Luca Paiardi: basso, synth, kalimba
“Tra i molti progetti di sonorizzazione che il Museo Nazionale del Cinema ha realizzato nel corso degli ultimi anni, il lavoro compiuto dagli STEARICA per Der Golem si è rivelato uno dei più suggestivi e precisi nel cogliere lo spirito di un capolavoro che, proprio grazie alla loro musica, ha saputo esprimere sentimenti nascosti e dettagli di struggente bellezza”.
Stefano Boni, responsabile della programmazione MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA.
La peculiarità del progetto è la commistione tra l’espressione artistica del passato e il sound futuristico della band; con un divario temporale vicino al secolo, il cinema degli anni ‘20 e la musica del terzo millennio si incontrano/scontrano e insieme comunicano. Un’occasione per far conoscere, a giovani e non solo, due realtà che per quanto distanti nel tempo sanno fondersi e produrre nuovo dialogo e conoscenza. Idea congiuntamente coordinata dal Museo Nazionale del Cinema di Torino e Traffic Free Festival, la Rimusicazione è stata realizzata in occasione della presentazione della pellicola restaurata del film “Der Golem, Wie Er In Die Welt Kam” al MITO SettembreMusica / Torino-Milano International Music Festival che ha visto gli STEARICA eseguire dal vivo la colonna sonora composta ad hoc, registrando un importante tutto-esaurito presso la sala principale del Cinema Massimo di Torino.

Il film
Nella Praga del Cinquecento, sotto il regno di Rodolfo II d'Asburgo, il rabbino Löw costruisce con l'argilla un potente automa, dandogli la vita, ma non la parola, con una formula magica. La creatura, però, si ribella al creatore. La storia è ispirata ad antiche leggende giudeo-cabalistiche che simboleggiano la creazione dell'uomo che vuole imitare Dio, creando un essere a propria immagine. Più volte rielaborate da scrittori dell'Europa centrale, furono messe a punto dal viennese Gustav Meyrink in un famoso romanzo (1915) fantastico. Sceneggiato dal regista che v'interpreta il ruolo del Golem con Henrik Galeen, rimane il miglior film sull'argomento per un concorso di fattori espressivi e tecnici: le originali scenografie di Hans Pölzig, la fotografia di Karl Freund, la potenza dinamica delle scene di massa, l'efficacia dei trucchi, la forza suggestiva del Golem stesso che influenzò non poco James Whale nel suo Frankenstein del 1931. Lo stesso Wegener aveva messo a punto storia e personaggio nei precedenti Der Golem, und wie er auf die Welt kam (1915) e Der Golem und die Tänzerin (1917). L'argomento fu ripreso nel 1935 da J. Duvivier in Le Golem e nel 1952 dal cecoslovacco Martin Fric in L'imperatore della città d'oro.

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  • “La mia anima aspira al Signore, e in lacrime Lo cerco. Come posso non cercare te?” Arvo Pärt, che ricava la sua musica “dal silenzio e dal vuoto”, compone nel 1991 il brano per orchestra d’archi “Silouan’s Song”, ispirandosi al breve testo di una preghiera del mistico russo-ortodosso Silouan (1866–1938) dello Stato Monastico Autonomo del Monte Athos, in Grecia. Tra le righe musicate del testo, Pärt infila “battute vuote” di silenzio, unendo in tal modo la trasparenza armonica e melodica alla contemplazione spirituale. Nel 1867, Henrik Ibsen scrive a Ischia e Sorrento il suo poema drammatico “Peer Gynt”: il protagonista è un vagabondo, un gradasso per cui tutto è fantasia, nulla realtà. Le musiche di scena di Edvard Grieg per il “meno musicale di tutti i temi pensabili e immaginabili” trasformano una materia così poco malleabile in un brano popolare che riscuote un successo straordinario. Nel 1888 e 1891, Grieg estrae dai 26 pezzi che compongono il lavoro due suite per orchestra, che diventeranno ben presto successi mondiali. “Il mattino” – di gran lunga il più noto dei brani dell’opera di Grieg – si trova nella prima suite, sebbene sul palcoscenico introduca in realtà il quarto atto. È seguito, secondo una drammaturgia esclusivamente musicale, da “La morte di Aase”, “La danza di Anitra” e “Nell’antro del re della montagna”. La seconda suite inizia con il “Il ratto della sposa” e termina, dopo “Il ritorno a casa di Peer Gynt”, con la “Canzone di Solveig”. La composizione come un puzzle: “La disposizione dei temi, un’occupazione importante e misteriosa. Come se il Padre eterno avesse fatto cadere le tessere di un mosaico dal pavimento del Cielo e mi avesse chiesto di ricostruirlo con la massima precisione”, constata Jean Sibelius, la cui quinta sinfonia è un cantiere infinito. Mettersi ad assemblare le piastrine di un mosaico nel bel mezzo della Prima guerra mondiale è tutt’altro che facile: nel 1915 scrive una prima versione, nel 1916 una seconda che non pubblica nemmeno, e solo nel 1919 nasce l’ultima versione della sinfonia – ridotta da quattro a tre movimenti – che nel finale termina in modo spettacolare con sei esplosioni di suono. Il 22 aprile 1919, il compositore scrive soddisfatto: “Sinfonia n. 5 – mirabile, o dovrei dire horrible dictu. Finita, nella sua versione definitiva. È stata una lotta con Dio.”
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