4x4 Women in art: Donne nell'arte - Pubblicato da margit.comploi

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L'evento si tiene dal 13 Set 2013 al 03 Ott 2013

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  • L'evento si tiene dal 26 Ott 2024 al 17 Nov 2024
    Michele Azzalini (Vittorio Veneto 1996) ha frequentato il corso di scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Johanna Fink (Bolzano 1998) frequenta l'Accademia di Belle Arti di Vienna nella classe di Scultura di Julian Göthe. Zone d'Ombra è una riflessione sulla percezione, due differenti indagini volte a svelare un immaginario nascosto. La mostra esplora un microcosmo, un sottosuolo visibile soltanto mediante un avvicinamento, un affacciarsi sull’opera, mettendo a fuoco ciò che spesso non è immediatamente percepibile, ciò che sfugge dalla vista. I due artisti presentano lavori che riflettono il loro comune interesse verso questo mondo celato, attraverso la creazione di un immaginario sospeso nel tempo. Questo approccio richiede una fruizione esplorativa da parte dell’osservatore, affinché tutti gli elementi che compongono le opere possano essere rivelati. Michele Azzalini esplora il confine tra artificiale e naturale attraverso l’interazione di materiali come legno, cemento e metallo, presentando due serie distinte che esplorano lo stesso tema. La serie "Dispositivi" non è solo una celebrazione delle piante, ma una riflessione su ciò che resta invisibile all'occhio umano: le forze che modellano il loro sviluppo, le forze invisibili, come la luce ed i flussi minerali. Le sue "Casseforme", vogliono congelare il movimento fluido della linfa, la quale trascina con sé il resto della memoria impressa nel corpo delle piante durante tutta la loro vita. Si generano così delle forme che sembrano vivere una propria vita autonoma, in cui il confine tra naturale e artificiale si dissolve, suggerendo una nuova interrelazione tra uomo ed altre specie. Johanna Fink lavora con materiali trovati, elevando ciò che è spesso scartato o ignorato. Il suo approccio, spesso ironico e giocoso, riflette sull’esistenza materiale e sulla nostra relazione con oggetti quotidiani e esseri viventi. Prende ciò che c’è e lo trasforma, ricollocando frammenti di una vita trascorsa in nuove narrazioni visive. Attraverso la riscoperta di ciò che è apparentemente insignificante, interroga il nostro rapporto con la natura, la società e l'artigianato. Le sue opere evocano una tensione tra ciò che è transitorio e ciò che è duraturo, tra città e campagna, tra l’umanità e i suoi oggetti.
  • L'evento si tiene dal 20 Ott 2024 al 10 Nov 2024
    La fotografia è uno strumento ideale per mostrare le sfumature del tempo, i suoi effetti, le sue conseguenze, ma anche le sue premesse. Non il prima e il dopo, ma il come e il perché in una presunta eternità simultanea degli eventi si condensano in un tentativo assurdo eppure improbabile di fissare il presente.
Gli interventi di Giancarlo Lamonaca rappresentano prima di tutto una sfida all'idea di realtà insita nel concetto di fotografia e aprono nuovi fronti di dialogo con l'esistente. Si tratta di azioni fisiche e simboliche che riflettono il fascino dell'ambiguo legittimo. L'impulso alla registrazione non è sufficiente: l'obiettivo è comprendere che ogni elemento realistico nasconde o implica qualcosa di ambiguo, evasivo, misterioso. È il bisogno di ampliare e distorcere il mondo reale conosciuto attraverso uno schema concettuale, mostrando come ogni forma di (ri-)conoscenza custodisca in sé un repertorio immaginario potenziale e ipotetico. Seguendo l'aforisma di Werner Heisenberg, secondo cui l'artista è capace di "penetrare la realtà dall'interno", siamo chiamati a cercare ciò che non esiste, l'alternativa possibile, il volto diverso del mondo.
È sempre un po' folle voler superare i confini del "fotografabile". Significa smascherare tutta l'ambiguità della fotografia, lasciarsi impressionare dalla sua seducente finzione. Ma non è forse l'ambiguità eterna o l'effimero delle immagini: mostrare e nascondere allo stesso tempo, ritrarre il mondo e allo stesso tempo cambiarlo? Anche in questo ciclo di lavoro tutto può essere continuamente osservato, riorganizzato e ricomposto. È come se nulla fosse mai fissato e mai realmente "visto". "È in questo limite impossibile del mondo fisico", scrisse il fotografo Luigi Ghirri, "che la fotografia trova significato".

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