From the Blues to the World, by Gianni Ghirardini & Friends - Pubblicato da culturasangiacomo

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Informazioni evento

Un sorprendente tragitto musicale attraverso continenti, culture, colori, per creare un'originale tavolozza cromatica, passando da toni caldi e meditativi a forti contrasti, scanditi da ritmi tribali, il tutto con il Blues come punto di partenza.
A guidarci lungo questo itinerario, con la sua musica aperta al mondo, sarà uno dei grandi protagonisti della scena musicale altoatesina: l'eclettico chitarrista bolzanino Gianni GHIRARDINI, il quale riunisce in questo progetto alcuni dei musicisti che lo hanno affiancato nel bellissimo lavoro discografico “Waiting”.
Come tramite userà dei “mezzi di trasporto” particolari e intriganti:
la sua espressiva chitarra acustica, il dobro e varie chitarre modificate, frutto della ricerca e della sperimentazione con l’amico Felice Bruni, presente col sitar indiano;
tabla, bansoori, balofon, steel pen e varie percussioni etniche del vulcanico Max Castlunger;
il fantasioso set di batteria di Paolo “Jack” Alemanno, con elementi tradizionali e oggetti sonori inusuali come cartelli stradali, tamburi modificati e piatti tagliati;
il solido basso acustico di Werner “Haifisch” Heidegger;
la melodiosa voce e la sensibilità interpretativa di Annika Borsetto;
la “Variax Guitar” di Marco Gardini, in grado di evocare elettronicamente infiniti strumenti.
Non perdete questo entusiasmante viaggio, che sull’onda della musica ci condurràdal delta del Missisipi a quello del Gange, dai Caraibi all’Africa nera, dal medio oriente all’America Latina!
UN PROGETTO STRAORDINARIO PER UN "COMPLEANNO" SPECIALE.
Vi aspettiamo numerosi VENERDÌ 21 MARZO 2014, per vivere insieme un primo giorno di primavera da non dimenticare!!!
L'INGRESSO È LIBERO.
Attenzione: non è prevista la prenotazione

Contatti :

Date e orari evento :

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  • “Le masse popolari si aspettano belle melodie, ma al contempo anche ottima musica strumentale e opere” e nessuna “disarmonia ambigua’”, afferma nel gennaio 1936 il famigerato articolo della Pravda “Caos al posto della musica” in merito all’opera di Šostakovič Lady Macbeth di Mzensk. All’inizio degli anni Quaranta, il compositore di radici armene Aram Khachaturian sembra soddisfare le esigenze musicali e la Weltanschauung dell’Unione Sovietica. Vanta perfino origine proletarie. Il padre è rilegatore di libri, lui stesso studia a Mosca biologia, fisica e matematica, seguendo nel frattempo studi di violoncello presso il famoso Istituto Gnessin prima di passare al Conservatorio nella capitale sovietica. Dedica il suo concerto per violino del 1940 – nato come dichiara lui stesso “su un’ondata di felicità e di gioia” – al violinista David Oistrach, che in seguito lo eseguirà spesso. Melodiosa, virtuosa, esotica e ottimista: la prima registrazione discografica di Oistrach rende nota in tutto il mondo l’opera, già premiata con il Premio Stalin. Otto anni dopo la nascita del concerto, anche Aram Khachaturian rimane però intrappolato nelle insidie della politica culturale sovietica. Nel 1948, il Comitato centrale del PCUS condannerà la sua musica, defininendola caratterizzata da “tendenze antisovietiche” e “formalista”. Solo nel 1953 – dopo la morte di Stalin – il compositore sarà pienamente riabilitato. Quando Pëtr Čajkovskij inizia a lavorare alla sua Sesta Sinfonia, nel gennaio 1892, così descrive la nuova opera al nipote Vladimir Dawydow, a cui la sinfonia è dedicata e che più avanti sarà suo erede universale: “è una sinfonia programmatica il cui programma deve però restare un enigma per tutti – si spacchino pure la testa”. Dopo la prima assoluta, diretta da Čajkovskij stesso il 28 ottobre 1893 a San Pietroburgo, è il fratello Modest a proporgli di intitolare l’opera “Pathétique”. Una sinfonia misteriosa, ricca di abissi. È quanto testimonia anche una lettera del compositore al granduca Konstantin Konstantinowitsch: “Mi disturba un po’ che la mia ultima sinfonia sia pervasa da un’atmosfera che si avvicina molto a un requiem.” In occasione della prima esecuzione assoluta, il pubblico, sorpreso, non sa come reagire. Questa sinfonia che termina piano, quasi come un lamento, è da intendersi come testamento musicale? A fornire le risposte non può essere che la musica stessa. Čajkovskij morirà a Mosca nove giorni dopo la prima.
  • Con la Sinfonia in fa maggiore, Johannes Brahms si emancipa definitivamente dal “gigante” Beethoven. In occasione della prima esecuzione a Vienna, non mancano da parte dei seguaci di Wagner fischi di protesta contro questa “musica assoluta”, costruita con una precisione minuziosa e la densità della musica da camera. L’opera scritta nell'estate del 1883 raccoglierà comunque il successo del pubblico. Clara Schumann ha la sensazione di sentire nei primi due movimenti un “misterioso incanto della vita nel bosco”, e perfino Eduard Hanslich, il più aspro critico del tempo – che aveva contrapposto il presunto “tradizionalista” Brahms alla “scuola neotedesca” attorno a Wagner e Liszt in una disputa musicale consumatasi in pubblico – sottolinea la trasparenza di questa musica. Anche Antonìn Dvořák ne è entusiasta. “Dico, e non esagero, che quest’opera supera le sue due prime sinfonie; magari non per grandezza e concentrazione, ma di sicuro per bellezza! Crea un’atmosfera che non si trova spesso in Brahms! Che melodie splendide vi si trovano! È tutto amore, e ti si scalda il cuore”, scrive al suo editore Fritz Simrock. Nel gennaio 1893, Dvořák inizia ad abbozzare a New York la sua sinfonia “Dal nuovo mondo”. “Chi ha ‘fiuto’ non può non riconoscervi l’influsso delle Americhe”, constaterà più tardi. Ma cosa c’è qui di “americano”? I “negro-spirituals”, che il suo allievo di composizione Harry Thacker Burleigh gli canta, hanno influenzato la composizione tanto quanto il Wild West Show di Buffalo Bill, a cui Dvořák assiste, o l’adattamento in chiave poetica del mito indiano di “Hiawatha” da parte di Henry Longfellow. Eppure, nella musica ci sono molti elementi europei quali la vicinanza alle danze popolari boeme o il lavoro motivico-tematico. Come che sia: la Nona Sinfonia viene eseguita per la prima volta nel dicembre 1893 alla Carnegie Hall di New York sotto la direzione di Anton Seidl, amico di Dvořák. Il pubblico celebra l’opera come prototipo di una nuova musica “americana”.
  • Come suona Medea? Cosa ci rimanda l’abisso dei tempi? Una traditrice, una guaritrice, una madre umiliata o una fredda assassina? Euripide la introduce nella letteratura mondiale nel quarto secolo avanti Cristo. La storia della sua tragedia è nota: Medea aiuta l’eroe Giasone a rubare il vello d’oro, deve lasciare la sua patria Colchide e fugge a Corinto insieme a lui. Lì l’uomo ripudia la “barbara” per fare carriera “a corte”. La vendetta di Medea è tremenda: avvelena il re e la figlia, legata a Giasone, e uccide i figli in comune. “A che serve la vita? Conducila! Non ho patria! Nessuna casa mi è aperta, nessuna salvezza dalla miseria”: nella sua opera del 2007 Cede pietati, dolor. Le anime di Medea, Silvia Colasanti “traduce” in musica le “anime” contraddittorie di una donna che non intende sopportare lo scherno dei suoi nemici. Con la sua Quarta Sinfonia “romantica”, Anton Bruckner sembra tracciare quelle immagini “confuse” che “con il variopinto gioco di colori e l’illuminazione sorprendente di rado infiammano lo spirito”, e che Heinrich Heine respinge beffardo nel 1820 nel suo saggio Il Romanticismo. Sentimentalismo anziché acume? Il movimento iniziale è un’immagine tratteggiata musicalmente di una “città medievale” al “crepuscolo mattutino”, e “dalle torri cittadine risuonano richiami – le porte si aprono – su fieri cavalli i cavalieri partono al galoppo all’aperto – rumori di bosco”, scrive Bruckner all’amico e più avanti biografo August Göllerich. Più tardi liquiderà i propri tentativi di interpretazione con la frase pronunciata in dialetto: “Ja, da woaß i selber nimmer, was i mir dabei denkt hab” (Sì, non so nemmeno io cos’avessi in mente). Una cosa è certa: come tutte le sinfonie di Bruckner, anche la “Quarta” è un “work in progress” la cui evoluzione consente di gettare un’occhiata dietro le quinte del lavoro di composizione. La monumentale versione originale è pronta nel novembre 1874 e viene modificata nel 1878 e nel 1880. L’Orchestra Haydn suona la versione rivista, eseguita per la prima volta dai Wiener Philarmoniker diretti da Hans Richter il 20 febbraio 1881.

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