PAST FOOD - 15.000 anni di alimentazione - Pubblicato da martin_inside

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Informazioni evento

La fame è il miglior cuoco, 15.000 anni fa, così come oggi. Questa mostra temporanea ha lo scopo di curiosare nel menu dei nostri antenati, per analizzare origine, preparazione, conservazione del cibo e utensili utilizzati. Un’attenzione particolare è rivolta alle abitudini alimentari locali e ai reperti archeologici regionali.

Accanto agli aspetti storico-culturali, questa sfaccettata esposizione rivela come i nostri progenitori non fossero mai a corto di idee per soddisfare il loro appetito e procurarsi le provviste.

Prodotti come carne, pesce, miele, cereali e frutti selvatici erano noti sin dagli albori della civiltà. Altri, come legumi, erbe aromatiche e alcune varietà di cereali - per noi ormai scontati - furono introdotti in Europa dai movimenti migratori che hanno caratterizzato la storia dell’uomo. Le tradizioni alimentari, come la lavorazione del latte o la viticoltura, che oggi conosciamo molto bene, sono state importate dalle regioni mediterranee in epoche diverse.

Buon appetito! Siamo lieti d’invitarvi nell’universo culinario della storia alimentare.

Contatti :

Date e orari evento :

L'evento si tiene dal 28 Nov 2023 al 03 Nov 2024

Note sugli orari :

Chiuso il lunedì eccetto se il lunedì è festivo
Montags geschlossen (außer wenn der Montag auf einen Feiertag fällt)

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    Lo sguardo nell’arte è più di un semplice dettaglio, è un potente mezzo di connessione che trascende il tempo e lo spazio. Le opere d’arte di valore sono highlights che non hanno un tempo: esse fanno parte di una continua linea che dal presente si imprime nel passato continuando per la via del futuro. Highlights Medley vuole dare risalto all'identità artistica come valore; identità intesa in termini di unicità ed originalità dell’artista e conseguentemente dell’opera stessa. Il medley ovvero racconto è stato affidato ai tredici artisti, selezionati per il linguaggio e la poetica che li distingue: Mats BERGQUIST Julia BORNEFELD Paolo BUZZI Emanuela FIORELLI Giovanni FRANGI Angela GLAJCAR Paolo Nataly MAIER Paolo RADI Hermann J. RUNGGALDIER Sean SHANAHAN Marco TIRELLI Peggy WAUTERS Antonella ZAZZERA. Il filo come segno tridimensionale è il medium con cui EMANUELA FIORELLI esplora lo spazio costruendo architetture che mutano allo sguardo ed indicano la flessibile dinamicità di una costruzione geometricamente definita. Le figure di HERMANN J. RUNGGALDIER, scolpite nel legno a grandezza naturale, si alternano nell’esposizione a figure di piccola dimensione, sospese invece su un ideale palcoscenico della vita, una architettura in plexiglas. Lo spazio, meticolosamente studiato, che ora divide o avvicina le figure, definisce l'intensità delle relazioni mentre la nudità che le accomuna amplifica l'effetto ed il significato dei gesti. Seguendo le leggi della prospettiva quattrocentesca, PAOLO RADI crea un suo spazio, che definisce tonale, per dare vita ad una opera che reagisce alla luce e all’oscurità. La trasformazione della materia è da sempre, nel suo operato, la modalità per unire insieme tempo e spazio. La trasformazione è data dall’unione di materiali diversi che si completano ed evocano il passaggio da un luogo all’altro, da un tempo a un altro tempo. Nella sua pratica artistica, PEGGY WAUTERS, tende ad esaltare l'aspetto ieratico dell'elemento naturale fino a trasformarlo in una icona. I fiori in porcellana nascono dalla vicinanza alla natura ma soprattutto dalla consapevolezza di una relazione costante in cui domina un tempo circolare; un tempo questo, in cui ogni cambiamento della natura stessa lascia un segno che si proietta nel lavoro successivo. La ricerca formale e teorica di NATALY MAIER attribuisce una parte centrale al potere evocativo del colore, rivelandoci, come ad ogni situazione, come pure ad ogni oggetto, possa corrispondere la sua trasposizione tonale. Il colore dunque inteso come un'esperienza articolata, come qualcosa che accade, e non come un dato, fisso e immutabile. Una pratica antica e intensamente ascetica distingue il lavoro dell’artista svedese MATS BERGQUIST. Le sue opere sono icone contemporanee dalla rappresentazione visiva rarefatta alle estreme conseguenze. Delle icone e della loro valenza spirituale rimane il procedimento realizzativo; L’artista genera così un’immagine di intrinseca potenza visiva, tra riferimenti alla filosofia occidentale e orientale e un senso dell’organizzazione spaziale nella quale è possibile leggere la sedimentazione di innumerevoli significati di respiro universale. Il lavoro di ANGELA GLAJCAR sfugge alla definizione classica di scultura sia per l’impiego particolare di un materiale come la carta, che per le relazioni e lo spazio che le sue opere contribuiscono a definire. Sono lavori contraddistinti da stratificazioni e sovrapposizioni di fogli di carta sui quali l’artista interviene sottraendo della materia con lacerazioni e perforazioni, fino ad aprire una via sempre diversa nel candido volume di fogli. È infine la luce naturale a definirne l’itinerario che muta via via orientandosi verso un interno delicato e avvolgente che sembra animarsi di moto proprio. Le opere di ANTONELLA ZAZZERA sono invece il risultato di tessiture di filo di rame brunito che si trasforma in infiniti attimi luminosi per disegnare lo spazio con armonia.
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    Ar/Ge Kunst presenta À JOUR, prima mostra istituzionale di Clemen Parrocchetti (Milano 1923 - 2016), artista ribelle e anticonformista che vive il ’68 come momento detonatore di svolta creativa e politica. È proprio in quegli anni di fervore delle battaglie femministe che l’artista utilizza strumenti e metodi del lavoro domestico per prendere posizione politica riguardo le questioni più dibattute a livello teorico nel movimento, quali il ruolo subalterno della donna, l’aborto e il divorzio come strumenti di emancipazione, la violenza domestica e la liberazione sessuale. La peculiarità del lavoro domestico nelle opere di Parrocchetti riflette la vicinanza dell’artista con il Collettivo Internazionale Femminista fondato a Padova da teoriche come Silvia Federici, Mariarosa Dalla Costa e Leopoldina Fortunati. Il Collettivo, tra le tante azioni politiche, porta avanti la campagna internazionale per il salario al lavoro domestico. Quest’ultima tematica è centrale anche per il Gruppo Immagine di Varese (Cibaldi, Gandini, Parrocchetti, Secol e Sironi), al quale Parrocchetti si unisce nel ‘78 e con cui partecipa alla Biennale di Venezia di quello stesso anno. La mostra si concentra soprattutto sulle opere di Parrocchetti degli anni Settanta. À jour, che dà il titolo alla mostra, mette in scena un gioco di parole in francese che richiama la tecnica del ricamo eseguito estraendo fili della trama di un tessuto in modo da produrre una leggera trasparenza. Il punto a giorno, appunto. Eppure, mettre à jour significa anche rendere manifesto qualcosa. In questo caso ciò che viene portato alla luce è la condizione stessa della donna nella sua lotta contro la subordinazione patriarcale. L’orlo “à jour” indica il lavoro femminile domestico costante che si ripete, la rielaborazione delle barriere che la donna-artista deve superare quotidianamente. Clemen Parrocchetti (1923-2016) ha vissuto e lavorato a Milano. Dopo il diploma all’Accademia di Brera, dal 1957, espone in più di cinquanta mostre personali in Italia e all'estero, sviluppando una ricerca originale e dal carattere forte, destinata ad accogliere le istanze contestatarie del '68 e a fondare un linguaggio femminista "espresso in cose", in linea con la prospettiva politica della rivendicazione del lavoro femminile di produzione e riproduzione non remunerato, vicino al Movimento di Lotta Femminista di Padova. curata da Marco Scotini, Francesca Verga e Zasha Colah

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