L’importanza del tecnico del suono
Julian Wiedenhofer è un fonico giovane ma già affermato

Fisica, informatica, prima di tutto musica: le conoscenze necessarie per fare il fonico sono tante, deve essere esperto di un po’ di tutto, sempre aggiornato sulle nuove tecnologie e sempre dietro le quinte.
Julian Wiedenhofer si è innamorato della musica quando frequentava la scuola e suonava la batteria in una band (hanno seguito il piano, il basso e un po’ di chitarra) e non ha mai smesso; ha deciso di imparare anche la parte “tecnica” 15 anni fa, iniziando affiancando i professionisti del settore. Ora invece è lui quello che “insegna il mestiere” alle nuove leve, organizzando workshop tra un festival e un concerto, decisamente numerosi dopo il 2020. Ormai affermato come tecnico del suono, gli abbiamo chiesto di spiegarci cosa succede prima e durante un concerto, oltre il palcoscenico.
Julian, come si svolge la preparazione di un concerto?
Festival e concerti hanno ovviamente preparazioni diverse, che variano inoltre di caso in caso. Io ho un mio preset (un mix di impostazioni, plugin, software adatto a ogni tipo di sound) con impostazioni per tutti gli strumenti, ma che adatto ad ogni band e ad ogni occasione; quando non conosco il gruppo con cui suonerò, dopo averci parlato ed essermi informato sui suoni che prediligono, cerco e ascolto con attenzione i loro brani, faccio almeno una prova a casa con le registrazioni dei loro concerti per fare un mix con cui partire. Anche per le band di cui sono il fonico fisso, ogni prova è importante perché ogni concerto è un’occasione a sé, soprattutto perché il giorno dell’evento bisogna lavorare in estrema velocità e non c’è spazio per gli errori. Di solito porto il mio impianto, per garantirmi un suono che amo definire “rotondo”: il più pulito e il più vicino possibile a quello che si sente in studio, anche se in ambiente live c’è sempre bisogno di grandi compromessi. La preparazione è tutto, e grazie a quella è difficile sentire l’ansia che avevo nei miei primi concerti. Solo alla fine arriva il soundcheck prima del concerto, che può arrivare anche ad un’ora e mezza, ma se ci sono diversi gruppi che ruotano come in un festival, i tempi sono ancora più stretti: venti, venticinque minuti di “cambio palco” in cui bisogna sistemare tutto!
E durante il concerto che succede?
Ognuno dei componenti della band, nelle proprie cuffie personali sente una traccia audio preparata e personalizzata da me: il metronomo del batterista, o i bassi per un chitarrista; decido il loro mix, e durante il concerto mi fanno cenno per fare delle modifiche anche mentre suonano: così, dando loro il ritmo e adattandolo costantemente, non c’è davvero più il rischio che escano dal loro tempo. Sempre durante il concerto, è molto importante che regoli bene l’audio dei microfoni, trovare il giusto compromesso (l’ennesimo che devo fare come fonico!) perché il volume sia buono e non dia feedback (il famoso fischio) nelle cuffie dei musicisti. È vero che un tempo erano necessari solo le casse, i microfoni e gli strumenti per suonare, ma con gli strumenti tecnologici di oggi puoi fare davvero di tutto. E se un bravo fonico è capace di ottenere un ottimo risultato professionale anche con una strumentazione “basica” e molto economica, con l’esperienza si impara a riconoscere che con i mezzi adeguati si possono superare tutte le difficoltà: basti pensare che la temperatura, l’umidità, il numero di persone (che aumenta il calore e, quindi, la velocità del suono) influiscono tanto sul mio lavoro! Mi è capitato di fare il soundcheck in una bella giornata di sole e poi dover cambiare tutti i settaggi perché durante il concerto aveva iniziato a piovere…
Com’è cambiato il tuo lavoro con l’intelligenza artificiale?
Nell’ambiente live, a differenza di altri ambiti artistici in cui c’è stata a volte un’invasione di dilettantismo, non si è sentito più di tanto. Noi utilizziamo le intelligenze artificiali come tool per tagliare parti noiose e ripetitive di lavoro, perché ci sono plugin che lavorano in maniera dinamica e si adattano, senza impostazioni fisse, ma personalmente, non li uso nemmeno così tanto. Si tratta sempre di adattamenti, recentemente, per esempio, ne ho trovato uno per rendere più pop e meno graffiante la voce di un vocalist: difficilissimo farlo in ambienti live senza questi nuovi strumenti. Sono però sempre scorciatoie e mai strade da prendere senza sapere dove portino: del resto lo strumento perfetto, in cui basta schiacciare un pulsante e fa tutto benissimo, non esiste.
[Francesca Proietti Mancini]
















































































































































































