Unbequeme Vergangenheit, nötige Fragen
Che fare con i lasciti del fascismo e del nazionalsocialismo?

Die Ausstellung „Hitler entsorgen. Vom Keller ins Museum“ lädt dazu ein, über das Schicksal der von den Diktaturen hinterlassenen Objekte nachzudenken. Zu sehen in der Festung Franzensfeste (Gebäude 35 & 33) bis zum 9. November, macht der Ausstellungsparcours deutlich, dass diese Relikte nicht nur historischen Wert besitzen, sondern auch eine sensible gesellschaftliche Verantwortung in unserem Umgang mit der Vergangenheit mit sich bringen.
Questi temi li abbiamo affrontati in un’intervista bilingue con i curatori della mostra: il professor Andrea Di Michele e Sandra Mutschlechner.
Professor Di Michele, come nasce l’idea della mostra e quali obiettivi si pone?
La mostra originale è opera della Haus der Geschichte di Vienna, museo che negli anni ha ricevuto numerosi lasciti con oggetti risalenti al periodo nazista. Il museo si è chiesto che cosa fare di tali reperti: scartarli, distruggerli o usarli come materiali museali? Abbiamo pensato che fosse un tema significativo anche per noi e abbiamo deciso di riproporre il tema della mostra, arricchendo l’allestimento con una sezione legata alla storia altoatesina, con oggetti che rimandano sia al fascismo che al nazionalsocialismo.
La mostra si basa su oggetti ritrovati anche casualmente. Che ruolo hanno queste scoperte fortuite nella nostra cultura della memoria?
Attraverso gli oggetti la mostra fa riflettere sulla natura dei fascismi, sulla loro capacità di plasmare la vita quotidiana di tutti. I cimeli sono anche qualcosa di molto concreto che resiste al passare del tempo e al crollo dei regimi e attraverso di essi è possibile ragionare su quello che oggi è il rapporto con quel passato, talvolta caratterizzato da scarsa conoscenza e sottovalutazione. A ogni reperto è legata una storia che coinvolge persone e famiglie, cominciata durante le dittature e arrivata fino a noi. Proprio come il nostro rapporto, mai risolto, con ciò che sono stati i fascismi.
Molte persone provano disagio davanti a busti di Hitler o a simboli fascisti. Come si evita che questi oggetti diventino strumenti di celebrazione invece che di riflessione critica?
Sapevamo che esporre un busto di Mussolini o di Hitler poteva sembrare un volerli rimettere su un piedistallo, con il rischio che qualcuno li usasse persino per selfie ideologici. Per questo motivo sono presentati in modo tutt’altro che solenne: capovolti o adagiati a terra. Non sono più collocati come lo furono un tempo, sono caduti dal piedistallo e oggi, nel modo e nel contesto in cui sono inseriti, rappresentano la sconfitta dei dittatori.
Frau Mutschlechner, die Ausstellung richtet den Blick auch auf den Südtiroler Kontext. Auf welche Weise wird hier der Umgang mit der Vergangenheit erzählt?
Es war uns ein besonderes Anliegen, die Ausstellung um einen Südtiroler Kontext zu erweitern. Dadurch wird die Auseinandersetzung mit der Vergangenheit ganz konkret und lokal verortet – sie ist nicht „woanders“ geschehen, sondern betrifft auch unsere eigene Geschichte, unsere Erinnerungen, unsere Verantwortung. Gerade die gezeigten Objekte aus Südtirol laden dazu ein, ins Gespräch zu kommen – nicht nur auf gesellschaftlicher Ebene, sondern auch im familiären oder persönlichen Rahmen. Sie können Anstoß geben, Fragen zu stellen, zu reflektieren, auch miteinander zu sprechen.
Drei künstlerische und literarische Positionen erweitern die Ausstellung. Warum war es Ihnen wichtig, Kunst und Literatur einzubeziehen?
Kunst und Literatur eröffnen Zugänge, die über das rein Dokumentarische hinausgehen. Sie schaffen emotionale, assoziative und manchmal auch irritierende Räume, in denen Geschichte nicht nur erzählt, sondern individuell erfahrbar wird. Die künstlerischen und literarischen Positionen - von Esther Strauß, Rossella Biscotti und Lene Morgenstern - ergänzen den historischen Diskurs als eigenständige Formen der Auseinandersetzung. Gerade im Zusammenspiel mit dokumentarischen Materialien entsteht ein vielstimmiger, offener Dialog, der zum Weiterdenken anregt.
Warum ist es gerade heute - in einer Zeit zunehmender rechtsextremer Tendenzen - wichtig, diese Themen sichtbar zu machen?
Gerade angesichts aktueller rechtsextremer Bewegungen ist es unerlässlich, historische Verantwortung sichtbar zu machen und Raum für Diskussion zu schaffen. Geschichte ist nie abgeschlossen – sie prägt unser Heute und unser Morgen. Die Ausstellung möchte nicht nur erinnern, sondern auch sensibilisieren: für die Mechanismen von Ausgrenzung, für die Normalisierung autoritärer Denkmuster, für das Wegsehen. Wer sich mit Geschichte auseinandersetzt, bezieht Stellung. Und das ist heute wichtiger denn je.
[Fabian Daum]
















































































































































































