Riecco (in anticipo) Sonora 707
Un programma “strange” per l’apprezzato festival musicale
Torna anche quest'anno, ma sul fare della primavera e non in autunno, il festival Sonora 707. Organizzato dall'Associazione Conductus e sotto la direzione artistica di Marcello Fera, anche l'edizione 2024 propone percorsi musicali originali e incontri mai banali tra musicisti, compositori e professionisti di altre discipline non solo artistiche.
Dopo un'anteprima che ha visto protagonisti i manoscritti nibelungici, in occasione dell’apertura della mostra ospitata a Kunst Meran Merano Arte e ad essa dedicati, Sonora 707 disegna il suo orizzonte attraverso quattro appuntamenti. Incontriamo il maestro Marcello Fera per farci guidare in questo prezioso programma.
Partiamo dal titolo di questa edizione: Strange.
Strange, cioè strano, è tutto ciò che non è consueto e che quindi attrae l'attenzione e fa riflettere. La curiosità è un noto motore dell'esercizio dell'intelligenza e i programmi che formano questo festival presentano dei punti di vista non convenzionali su alcuni aspetti della musica classica. Strange, appunto.
È nato prima il titolo o il programma?
Sono nati più o meno contemporaneamente. Il filo conduttore delle varie serate rimane quello di avere una prospettiva particolare su ciò che verrà eseguito.
Un titolo del genere può comportare il rischio di offrire un eccesso di libertà, un'ampiezza di vedute tale da rendere difficile la scelta del programma?
No, anche perché la parola strange è una delle possibili declinazioni di un certo modo di programmare che è coerente con la storia di Sonora 707. Ci distinguiamo per la proposta di programmi che non si trovano in altri contesti.
Il ruolo di direttore artistico presenta svariate analogie con l'attività di compositore. La sua maturazione in entrambi i ruoli sta avvenendo in modo simmetrico?
Sono decisamente due cose che si alimentano in modo scambievole. Un caro amico e bravissimo artista, parodiando la celebre frase del generale von Clausewitz, mi ha fatto una volta osservare che la direzione artistica è "il proseguimento dell'attività di interprete e compositore con altri mezzi".
Facciamo una rapida carrellata dei concerti in programma. La scrittrice Mary Shelley e la compositrice Fanny Mendelssohn si ritrovano nella serata del 6 marzo.
Protagonista entrambe del primo Romanticismo, ho deciso di portarle sullo stesso palco perché ispirato dal ricordo di una conferenza tenuta dalla giornalista e saggista Silvia Neonato. Oltre alla biografia particolarissima della scrittrice inglese, mi affascinò l’approccio con cui era stata presentata. Ho trovato molto naturale creare un parallelo tra Mary Shelley e Fanny Mendelssohn, evidenziando anche le diversità della loro vicenda umana: se la prima è vissuta completamente fuori dalle convenzioni previste in quell’epoca dal suo ruolo di donna, la seconda se ne distaccò in modo minore, riuscendo comunque ad affermarsi.
La serata del 20 marzo è intitolata Della carne e della lingua. Musica e poesia, cosa non nuova per il suo lavoro, tornano a incontrarsi.
Il mio rapporto con la parola è ambivalente. Da un lato, come musicista e come uomo, ho un rapporto molto critico nei confronti della parola. Troppo spesso le affidiamo la totalità della comprensione di ciò con cui ci troviamo a confrontarci, ma la parola ha dei forti limiti. D'altro canto, devo anche dire che è sempre forte il mio interesse a che la musica stia in relazione a delle idee, a dei concetti utili ad ampliare lo sguardo sul mondo. I concetti, più che la parola in senso stretto, sono sempre molto presenti nella mia programmazione. Nel caso in questione parliamo del rapporto tra parole e musica in senso fattuale. Vengono infatti presentate delle opere poetiche musicate: tre canti popolari elaborati dal compositore estone Veljio Tormis e cinque poesie di Roberta Dapunt da me musicate. Nel caso di queste ultime il rapporto è trasfigurante, perché la poesia pura perde parte della sua forza nell’accostamento musicale.
Shortcuts è il titolo del concerto che vedrà protagonista, il 4 aprile, Antonio Ballista. Possiamo considerare questo appuntamento una maratona pianistica?
È un'idea straordinaria del più che geniale Ballista, musicista che stimo moltissimo e che ha un approccio musicale simile al mio. Quella che proporrà al pubblico non è una maratona pianistica, ma un programma che presenta 50 brani di altrettanti autori e della durata di poco più di un minuto, restituendo il carattere specifico di ciascun compositore. Oltre a questo, Ballista ha pensato a nove parole che presentano le caratteristiche di ogni brano e ogni autore. Si tratta dunque di un fantastico caleidoscopio, di una Wunderkammer musicale.
Piccoli arcani, il suo ultimo cd pubblicato dalla giapponese Da Vinci Publishing, sarà presentato nella serata conclusiva del 14 aprile. Come presentare questo suo lavoro?
Parlavamo prima del rapporto tra musica e parole. Piccoli arcani evidenzia in maniera molto chiara il fatto che la musica ha qualcosa di irriducibile nella descrizione verbale. In questo senso un brano musicale è qualcosa che ci interroga e ci racconta, un piccolo arcano per l'appunto. Questo album, di cui vado particolarmente fiero, raccoglie brevi brani per pochissimi strumenti, composti nell'arco di vent'anni per diverse circostanze. È la terza raccolta monografica che pubblico e comprende esecuzioni di violino solo, duo e trii che combinano il mio strumento con il violoncello, il contrabbasso e clarinetto.
[Mauro Sperandio]