Campi della Legalità: giovani in prima linea contro la mafia
Un esempio di impegno civile promosso da Arciragazzi Bolzano
Campi della Legalità è un progetto nazionale a firma Arci volto a sostenere la legalità e la giustizia sociale attraverso la gestione dei beni confiscati alla mafia. In Alto Adige il progetto è finanziato dalle Politiche Giovanili della Provincia Autonoma di Bolzano e fa parte del programma “Piattaforma di cittadinanza” di Arci, allo scopo di formare cittadini consapevoli e attivi.
Con Andrea Tommasini, responsabile del progetto per Arciragazzi Bolzano, conosciamo meglio i Campi della Legalità.
Quando nasce il progetto e quali obiettivi si pone?
Il progetto Campi della Legalità nasce nel 2004 a livello nazionale con l’obiettivo di sostenere i valori di democrazia, legalità, giustizia sociale e diritto al lavoro, contrastando la cultura mafiosa della violenza, del privilegio e del ricatto. Ciò avviene attraverso il sostegno a cooperative sociali e associazioni che si prendono cura dei beni confiscati alla mafia, restituendoli alla comunità. Arciragazzi Bolzano ha iniziato a proporre il progetto nel 2011, affiancato da Arci del Trentino dal 2015, per un totale di 15 campi organizzati.
Chi partecipa ai campi?
Il progetto si rivolge a giovani volontari tra i 16 e i 24 anni. Alcuni partecipano grazie al passaparola, altri perché già coinvolti in attività di Arciragazzi. Molti giovani sono interessati al tema della legalità e desiderano fare la loro parte. Questa esperienza offre loro gli strumenti per comprendere il fenomeno della mafia sotto diverse sfumature.
Il campo più recente si è tenuto a Corleone (PA) dal 17 al 25 luglio. Un bilancio di questa esperienza?
È stata un’edizione ben riuscita, in cui ragazze e ragazzi hanno raccolto tutti gli stimoli offerti dal progetto. Le mattine erano dedicate al lavoro nei terreni confiscati, con attività come la coltivazione delle vigne e la sistemazione di un magazzino con la cooperativa “Lavoro e Non Solo”. I pomeriggi invece erano riservati ad incontri con persone in vario modo coinvolte nell’antimafia, come Marilena Bagarella della Bottega della legalità di Corleone, il magistrato Teresi che ha seguito il processo sulla trattativa Stato-Mafia, Felicia Impastato, cognata di Peppino. Abbiamo anche partecipato alla cerimonia in via D’Amelio per ricordare Paolo Borsellino.
Considerando tutte le edizioni, è possibile misurare l’impatto del progetto con qualche esempio?
Nel corso delle varie edizioni abbiamo coinvolto fra 300 e 400 partecipanti. Alcuni hanno preso spunto da questa esperienza per scrivere la propria tesi di laurea. Altri sono entrati a far parte del gruppo di progetto, passando quindi da partecipanti ad organizzatori. Altro esempio è Asia Rubbo, che dopo i campi ha contribuito al libro “Mafia come M. La criminalità organizzata nel Nordest spiegata ai ragazzi”.
Agli occhi di chi vive in Alto Adige, la lotta contro la mafia potrebbe sembrare un fenomeno lontano. Perché invece è importante approfondire la tematica?
Spesso si associa la mafia ad episodi di violenza inaudita nel sud Italia, ma quel volto non esiste più da trent’anni. Oggi le mafie operano globalmente, con azioni più subdole e silenziose legate ai mercati finanziari, senza abbandonare traffici illeciti come droga, prostituzione o contraffazione. I proventi vengono reinvestiti in attività lecite, come supermercati, bar o alberghi, attraverso il riciclaggio di denaro. Potremmo quindi trovarci a soggiornare in un albergo gestito da un clan senza saperlo. Conoscere il fenomeno mafioso, studiarlo e rimanere con le antenne dritte, può aiutarci a porre attenzione su ciò che facciamo, su quali scelte compiamo. Per le mafie i cittadini consapevoli sono un problema.
Quali novità o sviluppi sono previsti per le prossime edizioni dei campi?
Stiamo valutando come rinnovare il progetto. Figure come Impastato, La Torre, Falcone e Borsellino stanno perdendo rilevanza nella memoria collettiva, così anche film come “I cento passi”. In passato, il coinvolgimento su temi legati alla mafia e alla cittadinanza attiva era più naturale e spontaneo. È quindi necessario trovare efficaci modi di coinvolgere le nuove generazioni e mantenere viva l’attenzione.
Quale messaggio si vuole trasmettere con il progetto a livello sociale e culturale?
La conoscenza è la chiave per contrastare la mafia. Solo studiando e comprendendo il fenomeno possiamo scegliere consapevolmente e non essere manipolati. È un progetto che mira a formare cittadini più attenti e partecipi.
[Fabian Daum]