La scienza dolomitica è (anche) donna
Fino al 31 dicembre al Museo Dolomythos di San Candido una mostra speciale
Fino al 31 dicembre 2024 il museo Dolomythos, nel cuore di San Candido (aperto tutti i giorni dalle 9 alle 19 - www.dolomythos.com), ospita una mostra temporanea dedicata al ruolo fondamentale delle “Donne scienziate” che dagli inizi del diciannovesimo secolo all’epoca contemporanea hanno studiato, esplorato e vissuto le Dolomiti e la val Pusteria.
Donne fino ad oggi dimenticate, relegate al ruolo di accompagnatrici dei loro più famosi e facoltosi mariti, a cui questa esposizione speciale ha riservato diverse teche, quasi altari consacrati al loro lavoro nascosto. Abbiamo fatto una interessante chiacchierata con Michael Wachtler, curatore e proprietario del museo Dolomythos.
Più che un museo, il Dolomythos è una collezione di diverse “stanze delle meraviglie”: fossili e reperti archeologici, lo scheletro di un orso preistorico, collezioni di burattini che rappresentano le più famose leggende del Sudtirolo, come quella di Dolasilla e quella dei Crodères. Questa collezione vuole un po’ rappresentare le Dolomiti a tutto tondo?
Esatto. Non solo vantiamo la più vasta raccolta di fossili e reperti dell’Alto Adige, ma la nostra collezione privata riflette proprio tutto ciò che riguarda le nostre montagne, dalle leggende alle storie di chi le ha vissute ed esplorate, facendo divulgazione sulla natura, sulla formazione geologica e perfino sui rischi che corrono oggi gli ecosistemi del luogo, con il disboscamento e il cambiamento climatico. Tutto l’anno ospitiamo poi diversi eventi, dai più famosi mercatini di Natale per attirare più visitatori possibili a Parole in Musica, ospitando artisti dell’Arena di Verona.
E anche questa mostra dedicata alle donne nella scienza rimane sul tema dello studio del territorio, dalla paleontologia alla botanica all’esplorazione?
Si tratta di donne che hanno studiato ed esplorato le Dolomiti, provenienti specialmente dall’estero; per esempio Anne Churchill e Susan Gilbert sono state tra le prime donne a contribuire nella ricerca delle Dolomiti nella metà del diciannovesimo secolo, ma è stato difficile recuperare i loro nomi, le loro storie: viaggiavano solo in qualità di accompagnatrici dei loro mariti, Josiah Gilbert e George Churchill, ma erano in realtà loro a studiare, repertare, perfino illustrare le loro scoperte, e spesso anche finanziare i loro viaggi.
È un po’ quello che è successo spesso, troppo spesso, specie all’epoca, nella scienza e non solo. Perché e soprattutto come ricordarle?
Abbiamo voluto ricercare la storia di tutte le donne che hanno dedicato la vita a queste montagne, nei viaggi, per “tirarle fuori”. L’idea è partita anni fa, quando ho sentito per la prima volta parlare di Maria Gordon, prima donna a laurearsi nel Regno Unito in tempi in cui le donne non potevano studiare: si è occupata non solo dello studio del Sudtirolo e delle Dolomiti, di cui era innamorata, ma ha anche scritto trattati sul femminismo. Nei miei studi di paleobotanica ho voluto ricordarle e onorarle dando il loro alle piante che ho scoperto, come l’Araucarites gilbertae o la Gordonopteris lorigae.
Ma non ci sono solo i nomi di donne scienziate del diciannovesimo secolo: questa mostra speciale vuole essere un’esposizione a tutto tondo sull’impronta femminile del territorio?
Abbiamo voluto ricordare anche altri nomi, non solo quelli delle scienziate del 19° secolo, ma anche le ricercatrici moderne che continuano a studiare queste montagne e i suoi reperti, che ancora oggi sembrano infiniti, nonché esploratrici e imprenditrici come Hermine Scheiber, che fondò il Grand Hotel di San Candido, di cui abbiamo la bella collezione di gioielli di granato. E poi quelle della leggenda, perché il Sudtirolo è pieno di figure femminili importanti, regine mistiche e detentrici della magia, intermediarie tra la madre terra e l’umanità. Donne che si sono dovute arrendere agli uomini, così nella leggenda come nella storia.
[Francesca Proietti Mancini]