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CULTURE

Andreas Hofer “anti-proibizionista”
Era il 1914 e l’eroe tirolese si ritrovò a fare da testimonial a una nota marca di birra statunitense.

12 scripta

Un patriota ed eroe locale come Andreas Hofer, come è finito a fare il testimonial della notissima marca di birra nelle inserzioni pubblicitarie che vedete in queste pagine?

Per comprenderlo, occorre fare un salto indietro di oltre un secolo e tornare alla primavera del 1914, quando negli Stati Uniti infuriava la campagna dell’”Anti-Saloon League”, potentissima associazione proibizionista che premeva sul governo statunitense per arrivare al divieto di produzione, vendita e trasporto di bevande alcoliche.

Una campagna che spinse la “Budweiser” notissima azienda produttrice di birra, a mettere in campo tutta la sua forza economica per contrastare la campagna proibizionista e ad acquistare una moltitudine di spazi pubblicitari sulla stampa dell’epoca.

Nel farlo, utilizzò l’immagine di patrioti di vari paesi, di “paladini della libertà” che, loro malgrado, si ritrovarono sulle testate di ogni sperduto angolo degli Stati Uniti.
Giuseppe Garibaldi ebbe l’”onore” di comparire sul “Rock Island Argus” di Moline, in Illinois, ma anche sul “Washington Times”, Bismarck finì per difendere la bevanda a base di luppolo sul “New York Tribune” mentre Andreas Hofer finì, solo per fare qualche esempio, sul “Tagliches Cincinnatier Volksblatt” (quotidiano di Cincinnati in lingua tedesca) e sul “Goodwin’s weekly” di Salt Lake City. Ma ci fu spazio anche per l’inglese Horatio Nelson, l’irlandese Daniel O’Connell, lo scozzese William Wallace, l’ungherese Lajos Kossuth e il polacco Tadeusz Kościuszko.

L’immagine del “patriota” cambiava da testata a testata, da edizione a edizione, ma il testo e gli slogan erano simili per tutti: si invitavano i cittadini a ribellarsi, a seguire l’esempio dei noti personaggi del passato scelti dalla Budweiser, per combattere la tirannia che voleva privarli della sacrosanta libertà di godersi una birra fresca.

Andreas Hofer, però, sbaragliò la concorrenza perché venne utilizzato in quanto “locandiere patriota”, eroe nazionale non solo in Tirolo, ma anche in Svizzera.
Il motivo non è chiarissimo, non si conoscono i motivi che spinsero all’esclusione di Guglielmo Tell e a preferirgli Hofer, ma è evidente che il curriculum di quest’ultimo, che prima di trasformarsi nel patriota più noto del Tirolo gestiva la trattoria “Am Sand“ all’ingresso della Val Passiria, cascava a puntino.

Nonostante l’investimento e la massiccia campagna mediatica messa in atto dalla Budweiser e da altre aziende statunitensi del settore, ad un anno da quella campagna la metà degli Stati decise di vietare il consumo di bevande alcoliche. La proibizione per l’intero territorio federale statunitense arrivò cinque anni più tardi e il 15 gennaio 1920 venne varato il “Volstead Act” che proibì la vendita “di ogni liquido contenente oltre lo 0,5% di alcol, eccettuati gli alcolici a scopo medicinale”.

La decisione permise alle imprese criminali di guadagnare somme notevoli e costrinse la Budweiser a cambiare la propria offerta. L’azienda passò, quindi, alla produzione e vendita di lievito di birra, bibite analcoliche, gelati e persino automobili. Per ritornare a produrre birra dovette attendere le 17.27 (ora di Washington) del 5 dicembre 1933, quando Franklin Delano Roosevelt, presidente degli Stati Uniti, abolì il “Volstead Act” chiudendo l’era del proibizionismo.

Nel frattempo, il Sudtirolo era passato all’Italia e in Germania era appena stato nominato un nuovo cancelliere: Adolf Hitler.

[Massimiliano Boschi]

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