La zuppa di pollo e l’ostetrica su quattro ruote
Il libro di Monica Trettel offre una nuova visione della gravidanza e del parto
La bolzanina Monica Trettel - attrice, performer, autrice di azioni e testi teatrali, formatrice e coach - da decenni si distingue per l’impegno civile che attraversa la sua lunga carriera internazionale.
Per Therapeia Edizioni ha recentemente pubblicato La zuppa di pollo e l’ostetrica su quattro ruote, un libro dal titolo curioso che racconta ai lettori la frenetica quotidianità di un’ostetrica che attraversa le nostre valli per dare la propria assistenza a donne incinta e puerpere. Leggero e profondo, ricco di spunti di riflessione evidenti e metaforici, il libro di Trettel è un piacevole ed utile esercizio di consapevolezza. Incontriamo l’autrice per scoprire cosa ha animato la sua voglia di raccontare l’attività dell’ostetrica Anna.
Se l’espressione “l’ostetrica su quattro ruote” svela da sola il fatto che la professionista sia auto-munita, non è altrettanto automatico cogliere la sua associazione con la zuppa di pollo...
Devo stare attenta a non “spoilerare”, ma posso dire ai lettori che la zuppa di pollo appartiene alla farmacopea mitica delle puerpere. Sono tanti e in alcuni casi sorprendenti i rimedi che accompagnano le donne nella gravidanza, durante e dopo il parto ai quali la scienza ha riconosciuto un valore. Questi espedienti sono nati grazie al buon senso e, dunque, alla capacità di ascoltare il proprio (e l’altrui) corpo.
Com’è nata l’idea di seguire il lavoro di Anna, ostetrica per professione?
Ho partorito entrambi i miei figli in casa, la mia era stata una scelta dettata dal fatto che non ne volevo sapere di andare all’ospedale. Da sempre in me è stata forte la convinzione che la gravidanza e il parto sono condizioni di estrema salute e che, salvo casi particolari, non sia necessario l’intervento di un medico. Se una donna è sana e la gravidanza procede serenamente non no mai ravvisato il motivo di immaginarmi dei problemi. Siamo dei mammiferi e il parto è un gesto che si ripete in maniera identica sin dalla comparsa dell’essere umano sul nostro pianeta: è un atto fisiologico che, salvo casi particolari, non ha bisogno della medicina. I corpi delle donne, è giusto ricordarlo, hanno un’enorme sapienza e competenza. Mi ha spinto a scrivere la preoccupazione per come l’umanità abbia perso il contatto col proprio corpo e con la propria vera natura, con il pianeta in cui viviamo e con le regole che lo governano. Scrivere questo libro è stato un atto politico perché, se l’umanità delega alla medicina un atto fisiologico come quello della maternità, la nostra specie è destinata all’estinzione.
Com’è avvenuto il suo lavoro “documentaristico”?
Siccome era sempre molto impegnata tra visite e parti e si spostava attraverso tutta la provincia in auto, il sistema più comodo per raccogliere il racconto delle giornate e notti lavorative di Anna era che mi mandasse dei messaggi tramite Whatsapp. I suoi lunghissimi vocali, inviati in tempo reale, mi hanno dato la possibilità di ricevere le sue esperienze e accompagnarla nella sua attività. Nel libro non racconto dell’uno o dell’altro parto, ma apro una finestra su questo mondo.
Ha il suo libro un pubblico ideale?
No, è un libro per tutte le persone, ma ho voluto dedicarlo alle giovani donne, affinché avessero la possibilità di scoprire un’altra modalità di diventare mamme. Tra le pagine si trovano i dovuti riferimenti scientifici, ma a farla da protagonista sono le numerose piccole scene di vita quotidiana che mostrano come possano essere semplici, leggeri e gioiosi i tempi della gravidanza e del parto.
Il suo lavoro di scrittrice, autrice e attrice è strettamente collegato al “dare alla luce”. Crede che il suo libro e il tema del parto possano offrirci metafore e analogie utili in altri ambiti?
Senza dubbio. Abbiamo perso la capacità di ascoltare il nostro corpo e ci siamo convinti di poter vivere solo con la testa, scollegata dal resto. Anche se ci sentiamo superiori alle altre specie, siamo degli animali. Il nostro corpo ci parla in continuazione ed è peggio per noi se non lo sappiamo ascoltare. Un esempio? Pensate a quanto spesso assumiamo dei farmaci per contrastare i disturbi causati da una cattiva alimentazione. Prima di prendere un anti-acido, forse dovremmo riflettere sui dieci hamburger che ci siamo mangiati oppure, in senso metaforico, su cosa non riusciamo a digerire. Deleghiamo spesso i nostri corpi a terzi, deresponsabilizzandoci rispetto al nostro benessere. Considerare correttamente la gravidanza, che è un evento fisiologico, è un invito ad assumersi le proprie responsabilità, ad essere coscienti e presenti.
Il suo lavoro si è sempre contraddistinto per l’impegno civile. In quest’ottica, come considera il momento attuale?
Ai tempi della guerra nella ex Jugoslavia era necessario parlare anche a teatro di cosa stava avvenendo a poche centinaia di chilometri da casa nostra, così da rendere cosciente la società. Ora, a distanza di trent’anni, testi così impegnati come quelli di allora il pubblico non li riesce più a seguire. Soprattutto dopo il covid, le persone hanno bisogno di provare emozioni e rimanere dunque connesse con sé stesse, senz’altro anche con la parte gioiosa della vita. Sono proprio le emozioni a dare forma alla nostra realtà.
Mauro Sperandio