Lidia, fumetto resistente
La matita di Valentina Stecchi ricorda l'attivista scomparsa tre anni fa
Partigiana, politica, femminista, saggista, Lidia Menapace ha tracciato una lunga linea che, attraverso quasi un secolo, ci mostra come saper scegliere da che parte stare sia fondamentale per vivere il tempo che ci è dato in maniera giusta, cioè costruttivamente umana.
A questa donna importante, alla sua storia esemplare, la disegnatrice bolzanina Valentina Stecchi ha dedicato Lidia, un graphic novel, un romanzo a fumetti pubblicato dall’editore people e che ripercorre i fatti salienti della vita dell’attivista nata nel 1922 e morta tre anni fa. In modo coinvolgente, fedele alle fonti storiche e biografiche, la Lidia disegnata da Stecchi si propone convincente e anche ironica proprio come l’originale. Utile, anche oggi, in un momento in cui molte persone hanno la memoria (storica) corta e una sbiadita idea di ciò che è civile. Incontriamo la fumettista per conoscere i perché della sua scelta.
Come nasce il suo incontro con Lidia Menapace?
Non ci siamo mai conosciute di persona, anche se come molte cittadine e cittadini di Bolzano l'ho vista per la strada, ad incontri e manifestazioni. Potrei dire di aver seguito il suo impegno a distanza, anche perché per alcuni anni sono stata lontana dall'Alto Adige per motivi di studio. Il mio incontro con Lidia Menapace è legato al mio lavoro di operatrice culturale e al mio interesse per le tematiche di genere; si tratta però di un incontro non personale, ma attraverso i suoi libri, gli articoli e le conferenze che l'hanno vista protagonista.
Quando arriva l'idea di renderla protagonista di un fumetto?
Era da tempo che volevo realizzare un graphic novel che avesse per protagonista una figura femminile importante, una donna che potesse essere d’ispirazione per le nuove generazioni. Cercavo una figura che fosse allo stesso tempo molto moderna e con una storia importante alle spalle: l'ho trovata nella mia stessa città, in Lidia.
Nello studiare Lidia Menapace, nel frequentare il suo pensiero, che idea si è fatta di lei?
Oltre ai suoi libri, ai filmati e ai docufilm che la riguardavano, per approfondire la sua storia ho potuto fare affidamento su un'ampia rete di persone che la conoscevano e che si sono subito rese disponibili a offrirmi il materiale in loro possesso ed un'ampia aneddotica, anche personale. Oltre ad una Lidia "istituzionale" ho potuto scoprire la dimensione formale, quella della quotidianità con le amiche e le compagne di lotta. All'inizio del mio lavoro, di fronte alla sua importante biografia, avevo un certo timore reverenziale; non sapevo, ad esempio, come ritrarla e farla parlare. Man mano che la conoscevo e la disegnavo, Lidia ha preso però corpo diventando un personaggio che riesco a muovere e far parlare.
Condensare la sua figura nella protagonista di un fumetto ha richiesto grande lavoro?
La sua grande ironia, tagliente e intelligente, la rendeva a mio parere un personaggio perfetto da far vivere anche su carta. Ideale anche per essere raccontato ai più giovani e a chi non la conosce. Non parliamo poi del suo viso, della sua gestualità, della sua borsetta e dell’acconciatura con la mollettina, diventata quest’ultima un elemento iconico con il passare degli anni.
La scelta di realizzare un lavoro di questo tipo è per lei una forma di impegno civile?
Come donna non posso che essere interessata e coinvolta nelle tematiche del femminismo. Il mio impegno sì realizza con il mio lavoro, attraverso il linguaggio della vignetta. Anche per questo volevo che il mio primo graphic novel fosse dedicato a una figura femminile. Per le donne di oggi, più o meno mie coetanee, credo sia molto importante riuscire a trovare delle personalità a cui ispirarsi, che ci indichino una direzione da prendere nella nostra vita. È fondamentale avere la possibilità di vedere come e per quali motivi loro hanno scelto di imboccare una strada piuttosto che un'altra. Moltissime figure femminili della storia sono state cancellate o escluse dal suo racconto: è importante che alle donne sia restituita la dovuta visibilità, anche perché le loro storie possano essere di esempio per altre donne. Dobbiamo farci carico di custodire queste storie e farle conoscere, perché sono troppe quelle di cui non c’è e non ci sarà più memoria.
[Mauro Sperandio]