Aldo Mazza, editore di (s)confine
A inizio 2024 si è conclusa la trentennale storia di alphabeta
Dal 1990 al timone della sua Edizioni alphabeta Verlag, Aldo Mazza ha navigato tra il mare di lingua tedesca e quello di lingua italiana, sconfinando e mescolando acque che sembravano separate da una parete di vetro.
Negli anni, oltre 300 titoli hanno fatto scoprire alle e agli altoatesini molto della cultura dei loro “vicini di casa”. A partire dal 1° gennaio 2024 il catalogo di alphabeta è stato acquisito dalla casa editrice Raetia Verlag di Bolzano e per Aldo Mazza è giunto il momento di godersi la pensione. A dispetto dei suoi propositi comunque, siamo sicuri che il nostro continuerà a regalarci il suo impegno civil-culturale.
Con quali obiettivi è nata Edizioni alphabeta Verlag?
Nello statuto della cooperativa Alpha&Beta erano previste già al momento della fondazione sia la scuola di lingue che la casa editrice. Questo perché per il nostro progetto intendeva promuovere la convivenza e la comunicazione interculturale in questa complessa terra, era per noi chiaro che dovevamo muoverci su due piani: quello della conoscenza linguistica e quello della conoscenza delle culture che stanno dietro alle lingue. Da un punto di vista editoriale inizialmente ci siamo occupati della stampa di testi di didattica, glottodidattica e interculturalità, dedicandoci dunque prevalentemente anche ad una riflessione sui problemi legati all’insegnamento delle lingue. Nel 2008, con l’acquisizione del catalogo della casa editrice Travenbooks, il campo d’azione della casa editrice si è ampliato con narrativa e saggistica con la collana Territorio.Gesellschaft. Dal 2011 poi è poi nata la Collana 180 – Archivio critico della salute mentale che con 26 titoli fino ad oggi ha affrontato il tema del confine tra salute e malattia a partire dall’approccio e dall’esperienza di Franco Basaglia.
In quale contesto è iniziata la sua attività?
Noi nasciamo alla fine degli anni ‘80 in un momento in cui si assisteva ad una forte apertura da parte del mondo di lingua tedesca, basti pensare alla nascita del settimanale ff e delle case editrici Raetia e Folio, oltre che di varie altre iniziative: finalmente più pluralismo. Il panorama italiano era molto più scarno e meno vivace. L’unica eccezione era rappresentata dalla Praxis di Pinuccia Di Gesaro, con una serie di interessanti pubblicazioni come le traduzioni in italiano dell’opera di Gatterer. Si aggiunga che in quegli anni la Provincia si era in un certo modo assunta il ruolo di editore, producendo un grandissimo numero di libri. Questo fatto, positivo in sé, probabilmente frenò il nascere di iniziative private fondamentali per garantire il pluralismo.
Non raramente, anche in modo strumentale, si parla delle due differenti “marce” a cui viaggerebbero i due principali gruppi linguistici. Cosa pensa al riguardo?
Credo davvero che per le due maggiori comunità esistano due velocità diverse, sfalsate tra di loro. Alexander Langer utilizzava la metafora del pendolo per descrivere come, a fasi alterne, il vantaggio fosse dell’una o dell’altra parte. Da un punto di vista culturale, ad esempio, a partire dal ‘68 e anche a partire dalle provocazioni di N.C. Kaser, il mondo di lingua tedesca ha vissuto un grande fermento nel mondo letterario con la crescita di una serie di autori riconosciuti anche al di là dei confini regionali. In quello di lingua italiana si registrava invece quasi una afasia, specchio forse di una difficoltà di radicamento al territorio. Guardando alla produzione letteraria di quell’epoca mi sento di parlare di un gruppo italiano spaesato e disagiato. È significativo che quei pochi che scrivevano in italiano non parlassero quasi mai dell’Alto Adige. La svolta avverrà negli anni Duemila quando, anche forse a dimostrazione di un maggiore radicamento al territorio, assistiamo ad uno sviluppo della letteratura in lingua italiana. E le nostre pubblicazioni di questi anni lo dimostrano.
Da un punto di vista sociale?
Viviamo una situazione in cui la conflittualità è sostanzialmente sparita e non mancano le occasioni di “contaminazione”, ma c’è ancora molto da fare. Nel corso di questi anni siamo passati dal gegeneinander, l’uno contro l’altro, al nebeneinander, l’uno accanto all’altro, nella speranza di arrivare all’auspicabile miteinander, l’uno con l’altro. Ma la strada è ancora lunga e c’è il rischio di scivolare verso l’ohneeinander, il vivere come l’altro non ci fosse. Raggiungere l’obiettivo del miteinander non è una questione di “buoni sentimenti”, richiede uno sforzo, un impegno e forte curiosità verso l’altro anche se non è certamente obbligatorio. Secondo me però, se, come comunità, non compiamo questo sforzo rischiamo di non sfruttare a pieno il potenziale che offre la varietà di questa terra, luogo d’incontro tra le due grandi culture italiana e tedesca. Sarebbe un peccato, un’occasione persa.
In un contesto complicato, quali occasioni le sono apparse favorevoli?
Sfruttando le opportunità date dalla legge sull’editoria della provincia di Bolzano siamo riusciti ad essere coerenti nella scelta dei titoli e abbiamo avuto il privilegio di essere non totalmente dipendenti dal mercato. Solo così è stato possibile sviluppare una serie di titoli (più di 300 pubblicazioni), secondo noi utili e importanti, che, viste le dimensioni del bacino d’utenza, non avrebbero mai visto la luce.
Non le chiedo i suoi programmi per il tempo libero, ma a quali progetti intende ora dedicarsi.
Questi ultimi 50 anni sono stati di lavoro intensissimo e di grandi responsabilità. Oggi, a 76 anni, sono felice di svegliarmi sostanzialmente senza impegni e di poter finalmente dedicare del tempo a me stesso. Ho voglia di andare al mare, guardare l’orizzonte e leggere. Ho quattro figli e sette nipoti, sicuramente non mi annoierò.
[Mauro Sperandio]