Il Touriseum racconta il boom degli anni ‘70
Fino al 26 ottobre a Castel Trauttmansdorff la mostra sullo sviluppo turistico
Castel Trauttmansdorff, già famoso per il tripudio di colori dei suoi splendidi giardini che si estendono per più di 10 ettari sopra Merano, ospiterà all’interno delle sue sale la mostra temporanea “Boom ‘70”: un viaggio nel passato del turismo altoatesino esplorando le luci, ma anche le ombre, del boom economico degli anni Settanta nelle località all’epoca meno famose della nostra regione.
La mostra è accessibile visitando Castel Trauttmansdorff negli orari d’apertura e facendo attenzione alle giornate con chiusura anticipata per via dei concerti che si terranno tutta l’estate. A Castel Trauttmansdorf fino al 26 ottobre, questa sarà una mostra itinerante in tutta Europa; inoltre, in versione “ridotta” potrà anche essere ascoltata nelle sue sezioni audio in tutte le biblioteche dell’Alto Adige.
La mostra si sviluppa per tutto il castello, suddividendosi in sei isole tematiche che raccontano lo scontro tra mondi opposti: industria contro turismo, povertà contro modernità, chiesa contro bikini, le esigenze degli ospiti in contrasto contro quelle dei bambini; oltre agli oggetti narranti, alcuni oggetti storici di questo periodo: dai manifesti pubblicitari ai cimeli per turisti, fino agli oggetti più stravaganti in uso in quegli anni.
Tutto nasce dallo studio condotto da Patrick Rina e Paul Rösch per il progetto di ricerca: “Il turismo in Alto Adige dal 1961 al 1983”, che è poi stato da ispirazione per questa mostra. Un viaggio attraverso le testimonianze e le interviste di coloro che hanno vissuto quel periodo, in cui gli sviluppi storici ed economici fanno da introduzione e da cornice, secondo la curatrice Evelyn Reso, delle storie personali e delle esperienze umane, vero fulcro di questa esposizione. Perché le memorie non siano solo la chiave del passato, ma anche quella del futuro.
La mostra pone l’attenzione sulla differenza dello sviluppo di zone già turistiche alla fine del 1800, come Merano - già protagonista di un turismo internazionale, già adattata allo scambio di culture diverse e che si era già profondamente trasformata - e le zone periferiche, i cui abitanti sono entrati in contatto con il mondo esterno solo dopo la diffusione del traffico individuale a partire dagli anni Cinquanta, e hanno iniziato ad “abituarsi” alla diffusione del turismo di massa solo negli anni ‘70, decennio in cui il numero di ospiti è raddoppiato passando da 10 a 20 milioni di turisti; zone che avevano conosciuto fino a solo pochi decenni prima una povertà drammatica, i cui giovani emigravano in Svizzera e Germania per i lavori più umili e che d’improvviso si sono ritrovate a fare i conti con un grande numero di turisti provenienti da tutto il mondo, con la loro ricchezza, la loro “modernità” e, ovviamente, la globalizzazione.
La mostra pone un grande accento sul fatto che lo sviluppo turistico delle zone rurali di questo periodo trova un ruolo assolutamente centrale nelle donne; nelle interviste, nelle testimonianze, negli oggetti personali (tutti facenti parte della collezione del Touriseum) scopriamo sono loro, le vere pioniere e protagoniste di questi cambiamenti, arrivando ad essere albergatrici a volte in casa propria, aperta a sconosciuti di cui si dovevano, ovviamente, prendere carico: a volte trovando così la propria emancipazione, altre volte, nel ruolo di dipendenti dei nuovi alberghi, vittime di nuove e insidiose dinamiche di potere.
[Francesca Proietti Mancini]