Matteo Thun, architetto delle sue “Stories”
Un libro, una celeberrima famiglia e una filosofia di longevità

72 racconti brevi, piccoli tasselli di una vita e di una carriera internazionale: così si presenta “Stories”, scritto a quattro mani da Matteo Thun con la giornalista Sherin Kneifl e tradotto in italiano per Post Editori da Antonio Maconi.
Non un volume accademico, né un compendio di architettura, ma una raccolta di frammenti che restituisce il pensiero e le passioni di uno dei progettisti italiani più rinomati all’estero. Assieme all’autore Matteo Thun, scopriamo alcuni dei temi centrali della sua opera.
Con molteplici esperienze, incontri e progetti alle spalle, come ha voluto strutturare Stories?
Non volevo creare un altro libro da salotto e tantomeno scrivere una bibbia dell’architettura. Una volta avuta l’idea di racconti separati, le cose sono andate rapidamente grazie alla cura di Sherin. Abbiamo scelto la forma del racconto breve: ogni storia è autonoma, ma insieme compongono un mosaico personale.
C’è un racconto che considera la chiave di lettura del suo modo di intendere architettura e design?
Forse le storie su Ettore Sottsass e Memphis. Lavorare con lui e fondare Memphis ha avuto un impatto significativo sul mio lavoro, ancora oggi. Aggiungerei poi la storia di mia moglie Susanne. Il sogno di costruire qualcosa insieme si è avverato. La sensazione che il nostro legame fosse come quello di due satelliti che si ritrovano, si è rivelata vera.
La famiglia Thun è al tempo stesso nobiltà, territorio e ceramica. In Stories sceglie di concentrarsi sulla sua esperienza personale: all’interno di queste due dimensioni, qual è la più grande lezione che si porta con sé?
Ogni storia raccontata nel libro è personale, ed è proprio questo il punto centrale dell’opera. Come me e mia moglie Susanne, anche mio padre Otmar e mia madre Lene, pure lei architetto, hanno fondato insieme il loro progetto, la Thun Ceramics. Ho imparato molto dai miei genitori: fin da piccolo sono stato coinvolto nella linea di produzione e mia madre mi ha insegnato a fidarmi del mio istinto.
Crescere nella bottega di sua madre ha influenzato la sua idea artistica?
Ho trascorso i miei primi anni a Castel Klebenstein, a Bolzano, dove nel seminterrato era stato allestito il laboratorio di ceramica Thun. Mia madre mi dava dell’argilla con cui giocare e io diventai piuttosto bravo a modellare tartarughe. I miei genitori mi hanno dato spazio per essere creativo e in seguito mi hanno permesso di imparare da Kokoschka.
Dalle sue tartarughe si è passati agli iconici “angioletti”. Oggi li guarda più come simbolo familiare, culturale o imprenditoriale?
L’angelo di Thun è stata una grande idea di mia madre, che ha garantito la stabilità finanziaria della famiglia. Per me l’Angioletto è un miscuglio di folklore altoatesino e kitsch. Mio fratello Peter ha poi rilevato con successo l’azienda, trasformando l’angelo in un longevo business internazionale.
A proposito di longevità: nel libro insiste sul tema longevità dei progetti. Come si misura?
Con una parola: semplicità. Una gamma limitata di materiali naturali di alta qualità e una lavorazione artigianale precisa. Rispetto per la natura e per il contesto in cui si trova.
Avendo a che fare con committenti e studenti, che consiglio si sente di dare loro?
Ai clienti io e il mio team diciamo fin dal primo incontro che i nostri progetti sono concepiti con un approccio consapevole che va oltre la sostenibilità. Progettiamo per la vita. Quando parlo con gli studenti, suggerisco loro di cercare un maestro e di imparare facendo.
Opinione finale: una cosa “giusta” che l’architettura italiana sta facendo e una che dovrebbe invece subito cambiare?
Mi fa piacere vedere che la ristrutturazione degli edifici stia diventando sempre più popolare, con un rispetto sempre maggiore per la natura. Tuttavia, quando vedo le Dolomiti – per me le montagne più belle – mi rammarico per l’espansione urbana: dovrebbe cessare immediatamente.
[Fabian Daum]
CHI È MATTEO THUN?
Nato a Bolzano nel 1952, Matteo Thun è architetto e designer di fama internazionale. Sinonimo di eleganza, funzionalità e innovazione, è celebre per il suo approccio sostenibile. Dopo gli studi all’Accademia di Salisburgo e la laurea in architettura a Firenze, ha iniziato la carriera con Ettore Sottsass, co-fondando nel 1981 il leggendario Memphis Group. Nel 1984 ha aperto il proprio studio, affermandosi come una delle voci più influenti della sua generazione. Professore di design ceramico all’Università di Arti Applicate di Vienna, ha firmato progetti iconici: dai lussuosi resort alle sedi aziendali avanguardistiche, dagli edifici pubblici e residenziali fino all’iconica tazzina da caffè Illy.
















































































































































































