L’inquieto indagatore del reale
Conversazione con l’eclettico artista meranese Freddy Longo
Artista eclettico, capace di esplorare l’esistente attraverso codici e modalità espressive diverse e complementari, Freddy Longo è un personaggio complesso, un indagatore del reale che non si accontenta, ma che cerca di spingere la prospettiva sempre un po’ oltre: oltre la morale comune, oltre i gusti dominanti, oltre le convenienze sociali e politiche. Meranese inquieto, nella sua lunga carriera ha fatto del viaggio un potente mezzo di conoscenza da riconvertire in arte, attraverso le sue poesie, i suoi libri, i suoi volumi fotografici.
Un’intervista con Freddy è un’esperienza – e non delle più semplici: il racconto affascinante di un artista iperbolico, tra incontri straordinari, scelte controcorrente, provocazioni, rischi, epifanie, intuizioni felici e caparbia ostinazione nel cercare sé stesso.
Partiamo dall’inizio, dagli albori di molti inizi possibili: sei cresciuto a pane, arte e cultura, valori e pratiche - queste ultime - che la tua famiglia ti ha tramandato e che hanno permeato la tua formazione.
La mia infanzia è stata come quella di altri bambini, benché resa difficile dalla nascita di una sorella cerebrolesa. Per questa ragione, mia madre smise di insegnare e trovò conforto dell’arte, recitando a noi figli Ibsen, facendo muovere in un teatrino di legno da lei costruito i burattini di legno da lei creati. Mio padre, medico, rientrato dal lavoro suonava il pianoforte. Chopin. Al sabato, mi portava nei musei, nelle botteghe degli antiquari. Sono cresciuto in un ambiente colto e ricco di stimoli artistici e culturali. A sedici anni ho chiesto ai miei genitori di poter proseguire gli studi in un collegio esclusivo, un periodo estremamente importante per la mia formazione, personale e culturale.
A diciotto anni, dopo il diploma, mi sono iscritto – e poi laureato – alla facoltà di Medicina. Ho sempre avuto l’idea che la Medicina debba essere soprattutto quotidianità, a servizio della cura. Di tutti.
Non ti sei accontentato della professione medica, per quanto esercitata con passione e coscienza, però.
Amo imparare da ciò che mi circonda. Sono sempre stato un giovane studioso, però anche inquieto, e in quegli anni il mondo stava cambiando a una velocità incredibile. Sono andato in America, per respirare una diversa temperie culturale; ho conosciuto Tennessee Williams ed altri personaggi di spicco dell’élite intellettuale di quel Paese. Avevo una gran fame di vita e di esperienze.
Già nella prima esperienza americana sono nati i germi di quella passione del racconto che poi è diventata la mia vita, in parole e in immagini. Sono state la fotografia e la scrittura che mi hanno aiutato a riflettere e a cavalcare l’urgenza di esplorare il mondo. A Cuba ho intervistato i poeti dissidenti, non senza espormi a grandi pericoli: avevo nascosto le loro poesie tra la biancheria e sono infine riuscito a farli pubblicare in un libro, Poeti a Cuba. Ma a un prezzo: mi è stato vietato di tornare. A Buenos Aires ho indagato e messo in luce il nefasto connubio tra Chiesa e polizia di Stato. La fotografia e la scrittura mi hanno poi accompagnato nella ricerca di me stesso, della libertà di fisico e di mente, anche in momenti difficili, da cui sono però scaturite opere che hanno lasciato il segno. Istanbul Blues e Se Marilyn avesse recitato Cechov? sono state tappe fondamentali della mia produzione artistica, passi che indugiano nella mia poetica e nella mia ricerca personale, fino alla limpidezza di sguardo di Binari interrotti, un pezzo di storia, e pezzi di storie, colti attraverso i finestrini dei treni e in quei luoghi-non luoghi che sono le stazioni ferroviarie, di cui sono stato e ancora sono grande frequentatore e di tutte le persone che li popolano e che, in un modo o nell’altro, hanno intersecato le proprie esistenze con la mia. un progetto dispendioso e vibrante di emozioni.
Come dialogano, nella tua esperienza artistica, immagine e parola, fotografia e scrittura?
Innanzitutto, partirei dal rapporto tra foto, scrittura e medicina. Ritmi e mondi apparentemente lontani tra di loro, ma vicinissimi, se concepisci la puntualità, la precisione come ciò che ti porta al giusto equilibrio.
La Medicina, la Poesia, la Fotografia, la Scrittura si “combinano” fra loro per il meccanismo spesso profetico, che ogni scienza non è mai isolata. Il bisturi del chirurgo si infila tra il percorso delle viscere dell’ammalato da salvare, come le mani del pianista che si addentrano nei tasti del pianoforte per creare note splendide. I versi del poeta sfidano la forza della Matematica per unirsi, poi, nel trovare il giusto equilibrio che spinge l’uomo a sfidare oltre. Il fotografo deve addentrarsi con l’obiettivo nella quotidianità delle cose e dell’uomo, per violare anche il più intimo segreto.
Molti dei tuoi lavori si potrebbero definire “poetica del quotidiano”: “storie” che si intrecciano alla “Storia”, la compenetrano, ne divengono parte. Personaggi illustri e persone qualunque che, però, grazie al tuo obiettivo e alle tue narrazioni, diventano speciali, uniche…
Nella mia vita ho conosciuto tante persone. Mille, forse un milione di persone. Posso iniziare da quelle più illustri. Attori. Poeti. Politici. Intellettuali. Da Gina Lollobrigida a Luca De’ Filippo, da Liv Ullman alla figlia di Arthur Miller, Rebecca, da Charles Simić a Tennessee Williams… Ma anche veri avventurieri, matrone affascinanti, vittime di vita, di ingiustizie sociali. Qualche marchetta che entrava nel gioco. Ragazzi che avrebbe voluto “studiare”, ma a cui la ristrettezza economica della famiglia lo ha impedito. Sono loro i miei protagonisti, più dei personaggi “illustri”: la gente di tutti i giorni da cui ho imparato a vivere con quella semplicità innata. Non sempre è stato facile.
Nel volume fotografico Binari Interrotti ho dato visibilità, corpo e poesia – oltre che alle assonanze e alle contraddizioni del paesaggio urbano – a molte delle loro storie, raccontante attraverso il mio sguardo e fissate dall’obiettivo così da trasformarsi in universali, in cui ogni osservatore, forse, può riconoscere parti di sé e della propria storia.
Progetti futuri?
Molti. Negli anni non ho perso né lo spirito indomito, né la curiosità, né – tantomeno – la voglia di mettermi e mettere in discussione e di provocare (con una reazione, un pensiero, un’emozione) chi fruisce dei miei lavori. Ho in mente di riprendere un lavoro che il periodo del Covid aveva messo temporaneamente in pausa, sul cinema di Hollywood negli anni Trenta. E poi un libro – per me importantissimo – sulle foto che ho scattato nel mio viaggio in Scandinavia, sulle tracce di Ibsen, Strindberg e Bergman.
[Alessandra Limetti]
Per chi volesse approfondire il multiforme corpus artistico di Freddy Longo, in basso segnaliamo le sue principali opere di narrativa con alcune brevi sottolineature dell’autore. Per la poesia, citiamo le raccolte Amerika (prefazione di Nanni Balestrini), Itaca - Il sogno dell’eroe (grande successo di pubblico e di critica), Concerto da camera e il coraggioso esame di coscienza civile Le armi si sciolsero.
Poeti a Cuba - Tutte le strade dell’Avana portano al mare (Silvana Editoriale, 2004), uno dei testi più coraggiosi: «Il mio libro più bello. Giudicato contrario all’ideologia della Cuba di allora, devo lasciare l’isola e i poeti democratici, le cui poesie nascondo tra la biancheria sporca, dentro la valigia».
A colazione con Tennessee Williams (Baldini Castoldi Dalai, 2006): «Libertà di sesso, di pensiero, di lotte coraggiose ed innovative. Mi viene incontro Tennessee Williams, drammaturgo al tramonto per il quale la vita è un gioco: di sesso, di vanità e di menzogne. Pubblicazione che ha ottenuto innumerevoli recensioni».
Istanbul Blues (Silvana Editoriale, 2011): «Un ritardo dell’aereo mi permette di addentrarmi nella vita della capitale turca, tra l’illusione di entrare nell’Europa e il ricordo di Topkapi. È stato il libro che Feltrinelli ha più amato e che mi ha fatto presentare ovunque».
Buenos Aires solo andata (Damiani, 2008): «Mia madre è appena morta. Rimasto solo, vado in Argentina e metto a nudo le connivenze della Chiesa con la Polizia di Stato. Quanto rischio! Lo rifarei!».
E se Marilyn avesse recitato Cechov? (Temi, 2013): «L’ultima diva dell’universo, mi tiene per mano per condurmi nelle angosce delle grandi dive che – al di là delle facili apparenze di glamour e fama – si accomunano alle donne “normali”. Sponsorizzato dal MART di Rovereto, è un testo molto amato dalle donne, ma messo da parte da chi crede nella verginità posticcia del progresso».
Binari interrotti (Magonza, 2018), un’opera squisitamente fotografica: «Progetto rischioso, coraggioso. Mi incentiva a portarlo a termine e mi aiuta a pubblicarlo Gabriella Belli, direttrice dei Musei di Venezia. Una raccolta fotografica che fissa un pezzo di Storia visto attraverso i finestrini del treno. Arriverà ovunque, fino a Montevideo, un grande successo di critica e di vendite».
Freddy Longo è stato vincitore, nel 2014, del prestigioso Premio alle Eccellenze nell’ambito dell’onorificenza Napoli Cultural Classic per la Scrittura, XIV edizione. A lui e ai suoi lavori sono stati dedicati numerosi documentari, tra cui Freddy Longo. Merano-Hollywood solo andata (diretto da Antonio Dellavedova e presentato al Bolzano Film Festival Bozen nel 2024) e Il peso della Storia (diretto da Marcello Buffa). Il suo video New York 1972-2016 ha aperto, nel 2017, il Festival internazionale di poesia Parole Spalancate di Genova. Sui lavori dell’artista è inoltre da segnalare il progetto BERLINO, di Roberto Caroli e TG architettura.