Ricordi? Anch’io ho “studiato a Innsbruck”
In mostra al Forte di Fortezza le testimonianze degli studenti altoatesini
L’imponente fortificazione di Fortezza, a dispetto della sua militaresca immobilità, è un vivace contenitore di mostre, concerti, performance e dibattiti. Fino al 29 dicembre di quest’anno il forte ospita “Studiato a Innsbruck”, mostra dedicata all’antico legame tra studenti altoatesini e ateneo nordtirolese e curata da Antoinette Bader, Esther Erlacher, Beat Gugger, Cornelia Hasler, Christian Terzer e Alma Vallazza. Ne abbiamo parlato con quest’ultima.
Cosa rende attraente per gli studenti altoatesini la vicina Innsbruck?
L’attuale mostra al Forte parla poco di numeri e fatti. Il suo obiettivo è di raccontare le diverse storie che legano l’Alto Adige all’Università di Innsbruck tramite i ricordi personali di singoli studenti, o comunque di quelli che hanno risposto all’invito a partecipare con i loro ricordi a questa mostra di carattere partecipativo. I punti attraenti dell’Università di Innsbruck erano e sono generalmente la breve distanza, la grande tradizione e prestigio di tantissime facoltà (Medicina in primis, oltre a Scienze naturali e gli indirizzi filologici) e il tedesco come lingua d’insegnamento.
Tuttavia, la mostra non riesce a presentare una ricerca approfondita sul perché negli ultimi 350 anni – ovvero dall’anno di fondazione di questa università – gli studenti e le studentesse abbiano scelto questo ateneo e non quello di Vienna o di qualche città italiana. In questo ampio periodo storico ci sono stati svariati motivi, da analizzare in relazione alle diverse circostanze storiche e politiche. Tra questi merita di essere ricordato che, dagli anni ‘70, lo Stato austriaco garantisce agli altoatesini di lingua tedesca e ladina le stesse possibilità di accesso all’università garantito ai propri cittadini, con le stesse agevolazioni per borse di studio e tasse scolastiche.
Cosa accomuna gli studenti che scelgono Innsbruck?
Queste caratteristiche esistono più come pregiudizi nella mente di chi si è recato più lontano di Innsbruck, che nella realtà. Chi studiava a Vienna, per dire, guardava gli studenti di Innsbruck con un po’ di arroganza: sono quelli che tornano a casa ogni fine settimana, i cosiddetti DIMIDO (DIenstag, MIttwoch, DOnnerstag). Quelli non disposti ad affrontare davvero l’avventura dello studio fuori sede e che rimangono legati alle famiglie e ai luoghi d’origine.
Cosa raccontano gli oggetti esposti in mostra?
Abbiamo raccolto circa 50 “oggetti”: storie, statement o pensieri a ricordo degli anni di studio. Il potenziale narrativo dei singoli oggetti di per sé può apparire scarso, ma è solo tramite il racconto di chi li ha messi a disposizione che se ne coglie il valore rappresentativo ed emotivo. Altro piano narrativo lo offre il contesto espositivo, per il quale abbiamo abbinato i singoli oggetti secondo 15 tematiche: dal valicare il confine, provvedere a se stessi, immergersi negli studi, a superare gli esami, impegnarsi per gli altri o abitare diversamente. Quest’ultima, assieme ai tanti ricordi nostalgici alle cosiddette WGs (Wohngemeinschaften), gli appartamenti condivisi, comprende, ad esempio, una targa di metallo con la scritta “Sala anatomica sud”. Targa “scomparsa” dalla parete del corridoio della facoltà di medicina dopo una delle feste di metà corso di dissezione, da allora mai sostituita, che ricomparì durante una festa nell’appartamento condiviso di chi adesso l’ha messa a disposizione: Klaus Eisendle, oggi primario di dermatologia all’ospedale di Bolzano. La targa è appesa a casa sua a Bolzano.
Sono emerse circostanze tristi legate ad un soggiorno lontano da casa?
Questo aspetto lo tematizza un video proprio nella prima sala della mostra, ma in modo ironizzante e spiritoso. Ania Viero, classe 1996, campionessa provinciale di Poetry Slam 2018, al quarto anno di studi a Innsbruck si esibisce con una video performance con il titolo Anonyme Kinderabhängige Eltern, nella quale ironizza sul fatto che spesso invece sono i genitori ad avere nostalgia dei loro ragazzi lontani di casa per via degli studi.
C’è qualche figura particolarmente significativa?
Oltre ai tanti Vip di oggi che figurano nella mostra, come ad esempio Friedl Volgger o Arno Kompatscher, vorrei nominare due figure del passato: Bernhard Berenstich di Caldaro e Maria Huber di Fundres. Nell’anno 1679 Berenstich fu il primo altoatesino in assoluto a terminare gli studi di teologia, laureandosi dieci anni dopo la fondazione dell’Università. Altrettanto significativa è la figura di Maria Huber, contadina e ostetrica di Fundres, nata nel 1871. Maria conseguì il diploma di ostetrica a Innsbruck nel 1897, alla facoltà di medicina. Seguì l’unico corso al quale, all’epoca, erano ammesse le donne. Allora non esistevano collegamenti dal suo maso, per cui Maria doveva andare a piedi da Fundres a Fortezza per prendere il treno per Innsbruck.
[Mauro Sperandio]