Un Alto Adige da fantascienza
La provincia di Bolzano negli scritti di Karel Čapek, l’inventore dei robot
Karel Čapek, nato nel 1890 a Malé Svatoňovice, cittadina ceca non lontana dal confine con la Polonia, è noto fuori dai confini nazionali per aver inventato il termine “robot” che ancora oggi definisce gli automi che agiscono come umani.
In particolare, i “robot” debuttarono in “R.u.r” (Robot universali di Rossum), dramma fantascientifico scritto da Čapek e messo in scena per la prima volta il 25 gennaio del 1921 al teatro nazionale di Praga.
Ma Čapek non è solo il creatore dei robot e un autore di fantascienza, è molto altro. È noto per aver pubblicato per bambini, saggi, feuilleton, diari di viaggio, nonché la biografia del primo presidente cecoslovacco: Tomáš Masaryk. Nel 1936 ha pubblicato quella che è considerata la sua opera più importante: “La guerra delle salamandre” (edito in Italia da Utet), un testo intelligente quanto ironico in cui mette alla berlina colonialismo, nazionalismo e razzismo utilizzando la fantascienza.
Čapek si è fatto apprezzare persino per un manuale di giardinaggio (semiserio) scritto nel 1929 a quattro mani con il fratello Josef. Si intitola “L’anno del giardiniere” ed è edito in Italia da Sellerio e tradotto da Daniela Galdo.
Ma se ci occupiamo qui di Čapek, è per i suoi scritti sull’Alto Adige dove era transitato nella primavera del 1923. “Un tempo veniva chiamato Il fedele Tirolo — scriveva Čapek — ma oggi è provincia di Venezia e forse tra cinquant’anni sarà una terra completamente italiana; ci si stupisce addirittura di come l’italiano metta qui radici. I bambini balbettano una frase in tedesco e una in italiano; in treno, un contadinello subito si vanta di riuscire già a far passare l’italiano attraverso il suo benedetto gargarozzo; le servette hanno perso tutte la testa per i riccioluti ragazzi della guarnigione italiana. Per il resto, i nuovi signori del paese hanno qualche riguardo; lasciano ai tedeschi locali i loro monumenti patriottici, i nomi delle strade e non so cos’altro”.
Ai suoi occhi, un anno prima dall’avvento del fascismo e a cinque dal termine della prima guerra mondiale, l’Alto Adige appariva come un luogo in cui, almeno apparentemente, tedeschi e gli italiani non solo convivano pacificamente, ma addirittura si corteggiavano.
Si potrebbe liquidare tutto con un’alzata di spalle, ricordando che Čapek era uno scrittore di fantascienza, oppure gli si può credere, provando a immaginarsi cosa sarebbe potuto essere l’Alto Adige senza l’avvento del fascismo.
Ognuno è libero di interpretare Čapek come preferisce, ma va ricordato che il brano appena citato è tratto dall’incipit del capitolo dedicato a Bolzano di “Fogli italiani”, grazioso libretto edito da Sellerio nel 1992 e anch’esso tradotto da Daniela Galdo.
Nei “Fogli italiani” lo scrittore ceco intinge spesso la penna in quel mix di sarcasmo e ironia tipici dell’umorismo boemo, lo fa descrivendo numerosi luoghi italiani tra cui Venezia, Padova, Ferrara, Ravenna, San Marino, Milano, la Toscana, Napoli, Roma etc..
Riguardo all’Alto Adige/Südtirol, Čapek non lesina un paio di frecciate. Una è dedicata al “decenne fascista” che lo aveva apostrofato dandogli del “subjak”: “Non so cosa significhi — scrive — ma nel farlo aveva un’espressione molto eroica e patriottica”.
L’altra frecciata scocca nel descrivere l’Alto Adige come “una regione interamente tedesca. Nel senso buono.”
Abbandonando i temi politici, va ricordato come Čapek risulti piacevolmente colpito dalle bellezze non solo naturali di Bolzano e dintorni, ma nel sottolinearle prende spunto da un altro scrittore e drammaturgo che rimase folgorato dell’Alto Adige: Henrik Ibsen. “Dal momento che sono qui, nella regione del Tirolo, devo visitare Gossensass (Colle Isarco ndr), il rifugio di Ibsen. Si dice che qui il vecchio Ibsen corteggiò per sette anni una giovane tedesca. Quegli anni son iscritti su un’epigrafe commemorativa nell’albergo, e ancora oggi in quell’albergo ci sono fanciulle, roselline alpine così belle che solo loro valgono il viaggio fin qui. Tutt’intorno ci sono boschi dal legno profumato, prati falciati e acque scroscianti; e lo spirito di Ibsen ancora corteggia Hilda dagli occhi azzurri. Tutto è già così nordico, così assolutamente nordico, e tuttavia è ancora l’estremo confine della nuova Italia”.
Čapek è morto a Praga il 26 dicembre 1938.
[Massimiliano Boschi]