“Grato a Grata”
Intervista al trombonista-bassista bolzanino di fama internazionale “Gigi” Grata
Nato a metà dei ‘60, il bolzanino Luigi “Gigi” Grata è un trombonista, tubista e bassista che nei decenni ha saputo farsi apprezzare in ambito jazz a livello nazionale e internazionale.
Uno che è andato in tour europeo con Carla Bley, duettando con mostri sacri come Steve Swallow e Gary Valente, che ha avuto il piacere di suonare a Cuba con la grande banda di salsa veneziana dei Batisto Coco, interpretando e arrangiando lavori di/con artisti del calibro di Fabrizio Bosso, Markus Stockhausen, Bruno Tommaso e Lydian Sound Orchestra. Tra i tanti titoli, ricordiamo il disco con Carla Bley and Her Remarkable! Big Band live a Parigi, l’omaggio a Gerry Mulligan e quello a Thelonious Monk della New Project Jazz Orchestra di Trento, sempre con questa le musiche di Tommaso in L’America bagnata dal Mediterraneo del 2018, vari omaggi in cd della Tiger Dixie Band, tutti collezionabili in rete.
Pur suonando jazz in diverse formazioni e in tanti suoi aspetti, pare d’intuire il trait d’union di una carriera nella dimensione bandistica: Banda Mascagni, orquestras di salsa, il Dixieland, Carla Bley Band... Ma dov’è cominciato tutto?
La Mascagni! Ne sono anche socio e vicedirettore onorario, l’ho diretta e ho arrangiato per la Banda. È vero, mi è sempre piaciuta la musica ritmata. Quando ascoltavo i Beatles che per me rimangono una pietra miliare non ero uno da Hey Jude ma piuttosto da Day Tripper e Old Brown Shoe, pezzi minori ma che mi davano un grande senso ritmico. Poi ho apprezzato la musica ska e il jazz senza sapere che fosse jazz, dischi che c’erano in casa, grandi orchestre, Tommy Dorsey e Glenn Miller. A 18 anni, quando studiavo a Cortina, andai a sentire la Duke Ellington Repertoire Orchestra di Sante Palumbo, quello della band del programma tv Portobello: Caravan era l’unico pezzo che conoscevo, ma perché l’avevo sentito nella versione rock’n’roll di Bill Haley & the Comets! Poi molto rock sinfonico, progressive, ELP, Genesis.
Nella seconda metà degli ’80 già ti affacci alla scena alternativa locale con la band “latina” Cancun...
Ho iniziato e suonato per anni con la Banda Mascagni dove c’era anche il trombettista Carlos Alvarado, ora noto ristoratore meranese di prelibatezze messicane. Lui mi ha portato a suonare con i Cancun e dunque ai suoni caraibici: con mia grande sorpresa, saltavano fuori anche trentamila lire a sera. Ho conosciuto il sassofonista Fiorenzo Zeni e da quel momento ho iniziato a suonare anche jazz diverso dal latin e con qualche big band trentina. Ma il latino lo pratico comunque ancora con gruppi milanesi o con i Batisto Coco con cui ho registrato il cd Salsa 60 nel 2005.
Cosa pensi della scena jazz di qui, da svecchiare?
Ci sono nuove realtà in movimento, come il trentino Mirko Pedrotti Quintet o l’Euregio Collective, che è un progetto nato a Bolzano e riservato ai giovani. Devo dirti che se le novità consistono nell’elettronica, non è che nel jazz mi piaccia molto, specie quando troppo intrusiva al punto da far suonare un trombone come una chitarra. È un mio limite, ma guarda che alla fine anche nei jazz festival più all’avanguardia, avere in programma un bel concerto di musica Dixieland, apparentemente più scanzonata, è utile all’atmosfera e vale a richiamare pubblico.
Dovendo scegliere tra i generi che ami, allora, New Orleans tutta la vita?
Anche se non ho un linguaggio precisamente Dixieland, sono un contaminatore, mi piace metterci un solo-burla, essere divertente, giocare con le citazioni...
Come sei finito in tour con una star del jazz mondiale come la Bley?
Molto semplice. Il Jazz Festival di Trento ha organizzato per anni laboratori condotti da grandi del jazz e Carla Bley con Steve Swallow furono invitati nel 2001. Partecipai e poi l’organizzatore Enzo Costa venne da me e dal mio amico Beppe Calamosca per dirci che eravamo piaciuti molto a Carla e Steve, che forse ci avrebbero chiamato. Io dissi grazie, ma sai, senza molto crederci, sono cose buttate lì. E invece nell’agosto di quell’anno mi è arrivato il fax: “Dear Gigi...”, se volevo fare con loro la tournee del 2002, e poi di nuovo sarò preso per quella più lunga del 2006: non mi è parso vero.
Nel panorama italiano del tuo strumento sei in contatto con qualcuno?
Il grandissimo Marcello Rosa che suonava con Romano Mussolini. Era ospite a un corso milanese, condotto da un altro grande del trombone come Roberto Rossi che mi ha convinto poi a prendere la laurea in jazz a Bologna. Marcello è del ‘35 e abbiamo avuto occasione di frequentarci e di suonare, ci siamo sempre sentiti da allora. Non si trovava bene con il suo trombone e gliene ho portato uno dei miei della marca germanica Kühnl & Hoyer. Dopo qualche mese mi arriva per mail il manoscritto di una sua composizione intitolata Grato a Grata, un medium swing che ricorda un po’ Doxy di Sonny Rollins. Con una bella dedica finale: grazie per avermi mandato a fare in Kühnl!
[Daniele Barina]