Tutte le sfumature di In.da.co
La giovane compagnia di danza è pronta a tornare in scena nel 2021
Cinque ragazzi, cinque ballerini, cinque amici. Il progetto In.da.co (Independent Dance Company) nasce cinque anni fa per il puro desiderio di voler esprimere e condividere la propria passione per la danza.
Oggi Giulia Manzato, Matteo Pelliciardi, Karin De Prezzo, Christian Balzamà e Giulia Manica hanno tra i 27 e i 35 anni, vivono sempre a Bolzano e in provincia e godono di un discreto seguito di pubblico, sia a livello locale che internazionale. Dopo un 2020 trascorso per cause di forza maggiore lontano dal palcoscenico, quest’anno il gruppo non vede l’ora di tornare ad esibirsi. In attesa delle prime date ufficiali di “Play”, Giulia Manzato veste i panni di portavoce e presenta In.da.co.
Giulia, hai solo tre parole per descrivere In.da.co e i suoi componenti.
Innanzitutto “famiglia”: nonostante personalità diverse abbiamo imparato ad ascoltarci, a condividere e a sostenerci come di solito avviene quando si ha un legame parentale. Siamo poi “energia”, proveniente da cinque teste con altrettanti background artistici differenti, che trasmettiamo nel processo creativo e sul palco. Infine, rappresentiamo “gioia” perché la danza è gioia! Noi cinque viviamo quest’arte non come un dovere, ma come una passione.
Siete un progetto autonomo, indipendente rispetto alle scuole di danza locali. Quali sono i pregi e i difetti di questo aspetto?
Sicuramente godiamo di maggiore libertà. Non seguiamo la volontà di un direttore artistico o di un coreografo, perché decidiamo e costruiamo noi le nostre coreografie e spettacoli. Tuttavia è una libertà che va anche controllata, altrimenti non si riuscirà mai a creare qualcosa. Questo ci ha permesso di instaurare una vera e propria unione tra noi, col fine unico di condividere ed esprimere la nostra arte. Lo facciamo per passione e non per un riscontro economico. Ci autofinanziamo e a malapena rientriamo nelle spese (ride).
Grazie al vostro talento siete riusciti anche ad esibirvi in campo internazionale...
A ottobre 2017 abbiamo avuto l’opportunità di esibirci al Festival di danza presso il Teatro Tribueñe di Madrid. È stata una grandissima esperienza che ci ha regalato emozioni e consapevolezza. Non è facile per una piccola compagnia come la nostra mettersi in gioco al di fuori del contesto locale. Si è trattato di una sfida che ci ha permesso di crescere e continuare a credere nel nostro semplice progetto.
Quale consiglio si può dare a chi pratica i primi passi di danza e ai suoi genitori?
La danza aiuta il genitore ad insegnare valori come il rispetto e la disciplina, elementi indispensabili nel percorso di crescita del proprio figlio. Agli aspiranti ballerini consiglio di vivere la danza con gioia e passione, anche quando si ambisce al professionismo. Bisogna poi saper rispettare il proprio corpo e ascoltare sempre il proprio insegnante, soprattutto nel momento in cui vi è fiducia.
Il 2020 è alle spalle e non è stato un anno facile. Cosa avete imparato da questi dodici mesi e qual è l’augurio per il 2021?
Abbiamo compreso l’importanza del tempo e della pazienza. A volte si è presi dalla frenesia del dover fare che non ci si rende conto di quello che effettivamente si sta realizzando. L’inattività forzata ci ha permesso di fare il punto della situazione su di noi, su ciò che vogliamo creare e trasmettere. Non vediamo l’ora di poter esibirci su un palco, in una piazza o in uno spazio e di condividere col pubblico emozioni. Perché l’arte fa sognare e dona speranza.
[Fabian Daum]
LE PRODUZIONI
Nella vita di tutti i giorni i cinque ragazzi sono istruttori di danza, maestri di yoga o impiegati nell’amministrazione pubblica e privata. Quando sono insieme, però, si fondono in un unico nucleo dando vita a spettacoli di pura energia ed equilibrio. Ad oggi sono due le produzioni di In.da.co.
We-Men. L’essere uomo e l’essere donna nella loro diversità, nei tratti comuni, nelle dinamiche del singolo e del gruppo. Le sfaccettature caleidoscopiche delle relazioni in un incontro, in un’amicizia, in una coppia. Il tutto orchestrato da una narrazione dinamica e vivace. Un prodotto finale con una propria identità e dignità, quella del “Noi - Esseri umani”. “We-Men”, appunto.
Play. Uno spazio vuoto, in cui l’unica presenza del tempo che scorre sono i rintocchi di un metronomo e dei numeri che si susseguono. Al suo interno cinque ballerini, indifferenti allo scorrere del tempo e statici nelle intenzioni. Ad un certo punto è lo spazio a prendere l’iniziativa, avviando una partita tra ballerini e palcoscenico, una sfida tra l’uomo e le circostanze, una gara contro il tempo per arrivare alla fine del gioco e scoprire chi avrà avuto la meglio.