Matteo Facchin: Bach & la fisarmonica
Il musicista bolzanino ha inciso un doppio cd con le Suites francesi
Bolzanino, classe 1975, Matteo Facchin è un apprezzato fisarmonicista e compositore nonché insegnante alla Scuola di musica "Vivaldi" da ben 25 anni.
La sua ricerca musicale spazia negli ambiti classico, popolare ed etnico, come testimoniano numerose incisioni, esibizioni e collaborazioni con altri artisti anche del teatro. Lo incontriamo in occasione della pubblicazione su cd della sua interpretazione delle Suites francesi di J.S. Bach. Così come le composizioni di Bach offrono all’ascoltatore molteplici livelli d’ascolto - che spaziano dall'“orecchiabile” all'“emotivamente vibrante” – anche il confronto col maestro Facchin invita a piacevoli e profonde riflessioni che vanno oltre il discorso musicale.
Cosa l’ha spinta a confrontarsi con le Suites?
Si tratta di un amore antico, nato a metà degli anni ‘80, quando il mio maestro di allora mi fece ascoltare un'esecuzione delle Suites. Alcuni anni dopo le ho suonate anche con il clavicembalo, ma solo negli ultimi anni ho sentito che era giunto il momento di interpretarle con la fisarmonica. Sono pezzi di un’espressività incredibile e di una cantabilità appagante, spettacolare. Al di là della grande difficoltà tecnica, suonarle rappresenta per me interprete un grande piacere.
Come si è avvicinato alla partitura?
Il lavoro ha richiesto una lunga gestazione, cominciata con lo studio delle partiture e proseguita con l’approfondimento dell'interpretazione dei singoli brani. Non essendo state scritte per la fisarmonica, ma per il clavicembalo, ho dovuto pianificare la mia esecuzione temperando le considerazioni di carattere filologico, le interpretazioni storiche e il gusto contemporaneo. Volevo creare un'interpretazione che avesse una dignità, fosse attuale e rappresentasse il mio gusto personale.
Come si risolve la modernità del suo strumento nell’incontro di una composizione barocca?
La fisarmonica ha affinità con vari strumenti utilizzati all'epoca di Bach quali l'organo, il clavicembalo e, tra gli strumenti a fiato, il traversiere. Nel mio lavoro ho tenuto conto di queste comunanze e, quando l’ho ritenuto opportuno, le ho enfatizzate.
Quali immagini e contesto le rievocano le Suites?
Nell’epoca in cui sono state scritti, questi brani davano agli studenti la possibilità di cimentarsi con le mode musicali del tempo. Il concetto di galanteria – compresi anche i caratteri più manieristici dell’epoca dei “parrucconi” – ben descrive il contesto per cui Bach ha scritto le Suites francesi. Secondo il gusto del tempo, si prestavano benissimo ad essere eseguite in contesti mondani quali i salotti delle famiglie più abbienti.
Durante l’esecuzione, la fisarmonica – per le sue caratteristiche costruttive – produce vari suoni di tipo meccanico, che la caratterizzano come strumento senz’altro della nostra epoca. Possiamo dire che abbiano anch’essi una loro importanza?
In alcuni momenti delle mie registrazioni questi rumori si avvertono abbastanza chiaramente. Avrei potuto eliminarli durante la post-produzione, ma non ho ritenuto di farlo. Non li ritengo un fastidio, perché fanno parte della natura e dell’identità del mio strumento. Siamo diventati generalmente insofferenti alle imprecisioni, ma, personalmente, ritengo che siano tollerabili perché parte dell'esperienza musicale umana. Restano esclusi, ovviamente, gli errori macroscopici.
Dovendo paragonare le registrazioni e le esecuzioni dal vivo possiamo identificare tra le due una “verità musicale”?
Questo dipende dall'idea di perfezione di ciascuno. Siamo disposti a correggere una registrazione trasformandola in qualcosa che nella realtà non si è mai riusciti ad ottenere? Ci sono degli errori tecnici che possono essere corretti anche grazie alle tecnologie di cui disponiamo, ma nulla si può fare rispetto all’intenzione dell’esecutore: o c'è o non c'è.
Il mestiere di musicista comporta l’essere anche studiosi del proprio strumento e repertorio, nel suo caso lei è anche insegnante di lungo corso. Che rapporto ha con lo studio?
Per accettare una nuova sfida professionale devo trovarmi nella condizione di imparare qualcosa di nuovo, di sforzarmi, altrimenti non sono invogliato a fare. Mi attirano i progetti, sia miei sia di altri, che richiedono studio tecnico, arrangiamento e lavoro condiviso non solo durante le prove.
Accumulato un solido bagaglio tecnico, ora mi dedico allo studio dell'interpretazione. Ciò non toglie che possano esserci anche occasioni più leggere, in cui suona musica di “facile ascolto”, ma in questo caso deve esserci con i miei colleghi un dialogo umano di grande spessore.
In un momento storico così travagliato, dove vuole collocarsi attraverso la sua musica: in nessun momento, nel passato, ora o nel futuro?
Mi rendo conto di non poter essere sempre coerente rispetto ai miei desideri e alle mie aspirazioni, perché non vivo nella mia stanzetta, ma in una realtà complessa e in continua evoluzione. Più passa il tempo e più sono determinato a fare cose che mi piacciono, con musicisti con cui mi trovo bene. Non sono disposto, se posso permettermelo, a sprecare il mio tempo di artista. Se devo accettare un lavoro che non mi arricchisce umanamente e musicalmente, preferisco oziare.
[Mauro Sperandio]