SoVie: orti antichi, soddisfazioni moderne
Un’associazione a tutela della biodiversità del nostro territorio
Ogni orto, piccolo o grande che sia, è una piccola composizione originale fatta di forme e colori diversi.
Tutti gli orti sono diversi, ma alcuni lo sono più di altri: questo è particolarmente vero per gli orti dei soci dell’associazione Sortengarten Südtirol (www.sortengarten-suedtirol.it), che nella nostra provincia si occupa della conservazione di varietà di piante da frutto, ortaggi ed anche di razze animali antiche. Parliamo di questa particolare passione con Manfred Hofer, presidente di questa associazione di “contadini antiquari”.
I vostri orti sono ricchi di tante varietà diverse; nelle vostre stalle e nei pollai, si vedono animali non comuni. Qual è il vantaggio di dedicarsi alle varietà antiche?
I motivi che spingono noi soci di SoVie (acronimo di SortenVielfalt, diversità varietale ndr) a dedicarci alla coltivazione di varietà vegetali antiche o ad allevare razze cadute ormai in disuso sono vari: c’è chi vuole garantire la conservazione della biodiversità nel nostro territorio, c’è chi scopre una razza che trova particolarmente bella e decide di allevarla; c’è chi vuole diversificare le proprie coltivazioni in modo da prolungare il periodo del raccolto. Tutti siamo accomunati dal desiderio di coltivare in modo consapevole i nostri orti, godendo della soddisfazione di mangiare qualcosa di cui conosciamo la storia e il valore.
Quali attività caratterizzano SoVie?
L’associazione è per prima cosa un luogo di scambio di idee ed esperienze tra persone legate a questo tema. Alcuni dei nostri soci si dedicano alla riproduzione delle varietà ma, non ricevendo sovvenzioni provinciali e dovendo contare solo sulle nostre risorse, non riusciamo ancora ad occuparci di questa attività su larga scala e nemmeno della conservazione e della riproduzione delle sementi. Grazie al contributo degli iscritti, però, siamo spesso presenti nei mercati in piazza e a varie manifestazioni, dove facciamo conoscere le varietà di cui ci occupiamo e spieghiamo come utilizzarle in cucina.
A quali categorie appartengono i vostri soci?
Ci sono alcuni contadini che lavorano in maniera “convenzionale” ma decidono di dedicare una parte del loro maso a varietà o razze standard; poi tanti privati che nel loro orto coltivano numerose piante antiche, e alcuni soci si dedicano a pochi cultivar per riprodurre i semi. Non mancano i “golosi” che tramite l’associazione scoprono nuovi prodotti.
Il paesaggio altoatesino è dominato da meleti e vigneti, ma quali varietà avremmo potuto ammirare un secolo fa?
L’agricoltura di un tempo era caratterizzata da maggiore sostenibilità e autosufficienza. Ogni contadino produceva innanzitutto quanto serviva a lui e alla sua famiglia per vivere, e c’era quindi la necessità di coltivare vari frutti e ortaggi e di allevare differenti animali. Il surplus andava venduto in città. Nel paesaggio che avremmo potuto ammirare prima del dominio delle monoculture c’erano tanti campi di cereali che, ai giorni nostri, ad esempio in Valle Isarco, sono rarissimi. Avremo potuto trovare anche molti più esemplari maschi delle razze allevate: al nostro tempo, visto che non producono latte, i tori sono rarissimi e la riproduzione dei bovini è affidata ai veterinari che praticano alle vacche la fecondazione artificiale. Questo curioso fenomeno porta però all’impoverimento genetico delle razze.
Che rapporto c’è tra voi “contadini antiquari” e gli agricoltori attivi nel territorio?
Rispettiamo il lavoro degli agricoltori altoatesini e capiamo che le loro scelte sono dettate anche dalla necessità di far quadrare i conti con colture e allevamenti che portino reddito. Quando dedicano spazio e tempo a specie e razze antiche ci fa molto piacere, ma capiamo benissimo quando questo non è possibile. Da parte degli agricoltori “convenzionali”, devo dire, c’è interesse e curiosità per la nostra attività.
La primavera è ormai arrivata e molti altoatesini amano dedicarsi alla cura dei propri orti e giardini. Quali varietà autoctone suggerirebbe di coltivare ai nostri lettori?
Chi avesse spazio per l’allevamento potrebbe scegliere una vacca di razza Grigio Alpina, che era tradizionalmente un animale dai tre usi: latte, carne e lavori agricoli. Gli esemplari originali sono un po’ più piccoli di quelli comunemente noti, ma siamo riusciti a mettere in contatto alcuni proprietari di esemplari di pura razza, in modo che non si perda.
Per quanto riguarda la frutta, suggerirei la mela Tiroler Spitzlederer, detta anche Renetta grigia appuntita del Tirolo. Si raccoglie a fine ottobre e si conserva fino a fine febbraio, grazie alla buccia molto spessa. Appena staccata dall’albero è decisamente aspra, ma diventa via via sempre più dolci. Nell’orto consiglierei di seminare delle particolari radici che in Val Pusteria chiamano Peim, in tedesco sono dette Steckrübe e in italiano navone o rutabaga. È un ortaggio che non richiede molta cura e nemmeno tanto spazio, ma è molto buono. Un tempo ha salvato molta povera gente dalla fame, ora è sparito dai libri di cucina e la gente non lo conosce. Se non si sa come cucinarlo, non lo si compra e, di conseguenza, non si coltiva. Le varietà antiche non si salvano con grandi iniziative, ma con tanti piccoli contributi personali. La nostra società deve vivere con maggiore consapevolezza il proprio ruolo nel pianeta, riconoscendo la relazione tra stile di vita e ambiente.
[Mauro Sperandio]