Nel contesto, per il contesto
Intervista a Judith Waldmann, nuova curatrice di Kunst Merano Arte
Il 2021 porta al Kunst Merano Arte una nuova curatrice, Judith Waldmann, che succede a Christiane Rekade.
Nata a Tubinga, specializzata in arte contemporanea, Waldmann vanta importanti collaborazioni con istituzioni quali l’Adrian Piper Research Archive Foundation di Berlino e il Kasseler Kunstverein e le OGR Torino. La incontriamo per conoscere la sua visione e i suoi progetti per la sempre più vivace e affermata realtà museale meranese.
Qual è, nella sua visione, lo scopo ultimo del mestiere di curatrice?
Per quanto riguarda la realizzazione di mostre, penso che l’obiettivo primario di un buon curatore debba essere quello di mettersi al servizio dell’artista. In particolare con mostre personali che integrano nuove produzioni, si è soprattutto mediatori tra l’artista e l’istituzione. La questione è: come posso realizzare al meglio le idee dell’artista nel quadro e nei limiti dell’istituzione, in modo che alla fine emerga un risultato eccellente di cui tutti possano essere orgogliosi? In relazione al pubblico, l’obiettivo più alto è quello di trasmettere le mostre in modo tale da farle risuonare, creare discussioni, dibattiti e anche esperienze. Non si deve pensare in modo troppo elitario, ma si deve pensare a strategie di mediazione che raccolgano i gruppi di visitatori più diversi. La mostra “Studio Other Spaces. The Design of Collaboration” alla Kunsthaus ne è un ottimo esempio. Durante la mostra c’è una griglia sulla terrazza della Kunsthaus, progettato da Olafur Eliasson e Sebastian Behmann. Fino a quando non è intervenuta la pandemia, è stato possibile parlare con disinvoltura dell’esperienza espositiva davanti a una birra o una coca. Per quanto riguarda la ricerca di temi, è essenziale rimanere vigili – non solo ai cambiamenti e alle innovazioni all’interno della scena d’arte, ma anche ai cambiamenti nella nostra società. Leggendo le notizie, vedendo una manifestazione per strada, parlando con i vicini o al chiosco della verdura al mercato possono venire le idee migliori.
Dare vita ad un’esposizione significa “creare un’opera di opere”. Dove trova ispirazione per il suo lavoro?
Nei modi più diversi e a volte anche piuttosto inaspettati. Le visite annuali alle accademie d’arte, dove gli studenti mostrano le loro opere negli atelier, sono un’occasione imperdibile per scoprire artisti emergenti ma sconosciuti che non hanno ancora trovato un portavoce attraverso una galleria. Un’altra fonte incredibilmente fruttuosa per me è lo scambio con gli amici, le conversazioni sulle ricerche di cui si stanno occupando, le mostre interessanti che hanno visto ma anche le domande che ne sono scaturite. Spesso gli artisti mi hanno consigliato dei colleghi o mi hanno organizzato delle visite in studio – una esperienza molto speciale e intensa. In questo modo si può ottenere un accesso “di prima mano” al lavoro di un artista. Inoltre, anche camminando per strada con occhio vigile è possibile fare delle scoperte inaspettate. Durante il periodo in cui ho vissuto ad Amburgo, un collettivo di artisti chiamato WEAREVISUAL ha realizzato varie azioni nello spazio pubblico. Per esempio, hanno costruito letti per i senzatetto al di sopra di condotti dell’aria calda o hanno reso nuovamente accessibili per gli skateboard le scale in luoghi pubblici.
Da un grande centro mondiale, Berlino, ad una piacevole cittadina tra le Alpi, Merano. Cosa si augura di realizzare al Kunst Merano Arte?
Sono davvero entusiasta di immergermi nella scena artistica locale e di ascoltare gli artisti, gli operatori culturali e le persone che vivono qui per sapere quali sono le domande più urgenti ed importanti nel territorio. Una visione dall’esterno può essere un vantaggio, perché non sono ancora prevenuta nei confronti della scena artistica in Alto Adige. A questo proposito, ci tengo a chiarire il fatto di essere assolutamente aperta e grata per qualunque suggerimento o feedback che mi verrà fornito. Non è un mio interesse, come ho già detto, sviluppare mostre decontestualizzate che atterrino a Merano come un UFO. Il mio desiderio è quello di creare un programma che promuova la scena artistica locale e la metta in rete a livello internazionale. Allo stesso tempo, non vedo l’ora di portare a Merano artisti di rilievo internazionale che qui non hanno ancora avuto visibilità.
Quali temi o ambiti del nostro tempo crede siano “urgenze” da trattare nelle mostre che curerà?
C’è tutta una serie di tematiche incredibilmente esplosive che dovrebbero essere oggetto della massima attenzione: per prima la crisi climatica, per la quale ogni giorno è importante, e il confronto con il razzismo o con un sistema educativo malato. I curatori dovrebbero porsi la questione di come l’arte si relazioni a queste tematiche. L’arte può attirare l’attenzione, stimolare pensieri critici, ispirare nuove prospettive o denunciare ingiustizie, ma anche avere effetti a livelli completamente diversi, dando un contributo importantissimo. L’arte può creare esperienze straordinarie, sorprendenti, sensoriali, intense e comunitarie. La performance “DUET” (2014) di Ari Benjamin Meyers, per esempio, che ho esposto nel 2019 sia al Kassel Kunstverein che alle OGR di Torino, appartiene a questo tipo di arte. Nell’opera, una guardia del museo istruita si rivolge attivamente ai visitatori con la domanda: “Ti piacerebbe cantare con me?”, un invito a imparare insieme un semplice duetto. È stato meraviglioso e toccante assistere alle reazioni che questa inaspettata interazione ha suscitato. Condividere un momento di intimità ma anche di divertimento e gioia con un estraneo, superare un confine, crea un importante spazio di esperienza.
[Mauro Sperandio]