La reincarnazione di una ballerina
Angela Alverà, la passione per la danza nata all’età di sette anni
Danzava già da piccolissima, ma soprattutto amava inventare storie, creare coreografie, raccontare attraverso un balletto.
Angela Alverà, bolzanina doc, a sette anni entra nella scuola di Nina Balabanova, la maestra russa che a Bolzano fondò per prima una scuola di danza professionale, cominciando ad insegnare il famoso metodo Vaganova, quello che ha formato generazioni di danzatori classici. Insieme a lei e alla maestra Sonia Cambissa, che collaborava con la Balabanova, ha incominciato ad esplorare il mondo della danza classica. Aveva nove anni quando capì che quella sarebbe stata la sua strada.
Angela Alverà cosa l’ha spinta a intraprendere la carriera di insegnante di danza classica?
Da piccola amavo danzare, come tante bambine del resto, ma quello che mi attirava di più era creare balletti. Ascoltavo la musica e mi venivano fuori quasi spontaneamente dei passi di danza, poi andavo a guardare i balletti e mi accorgevo che esistevano veramente, anche se ancora nessuno me li aveva insegnati. A volte ho pensato di essere “la reincarnazione” di una ballerina vissuta già in passato. Per questo sono sempre stata attratta dal repertorio classico. Anche se fisicamente ero portata per intraprendere la strada della ballerina, avevo buone gambe, memoria, tecnica, tenacia, andando contro le indicazioni di molti miei insegnanti che mi vedevano adatta per questa carriera, mi sentivo più adatta ad insegnare. Soprattutto mi piaceva creare coreografie classiche come “La Pavane” di Gabriel Faurè o Chopiniana.
Che tipo di studi ha seguito allora?
Tra il 1988 e il 1991 sono andata a Roma e all’Accademia Nazionale di Danza ho studiato pedagogia e tecnica della danza classica e moderna, ottenendo il diploma di laurea finale riconosciuto dal Ministero della Pubblica Istruzione. Poi ho continuato frequentando ancora stage di perfezionamento con molti maestri di fama internazionale. Nel 1990 con la Compagnia Dino Verga ho ottenuto il secondo posto al “Concorso Beato Angelico”, sezione giovani coreografi a Roma.
Una volta tornata a Bolzano come ha portato avanti il progetto di insegnare?
Per dieci anni ho insegnato danza classica e moderna al Dance Forum che aveva sede in via Museo collaborando con Ulli Naumann, coreografa bolzanina purtroppo scomparsa prematuramente, proponendo saggi, rassegne, spettacoli con nostri allievi e ballerini professionisti nei più importanti teatri della regione. Poi ho continuato a frequentare corsi di aggiornamento al Teatro alla Scala di Milano, alla Paluccaschule di Dresda e in diversi altri teatri.
Che risultati ha ottenuto con i suoi allievi?
Molti di loro hanno vinto concorsi nazionali e internazionali e sono stati ammessi alla Scuola di ballo del Teatro alla Scala, all’Accademia di Berlino, all’Accademia di Dresda e alla scuola di Anne Marie Porras a Montpellier. Ho creato due musical in collaborazione con i Servizi sociali di Bolzano e uno di questi ha vinto anche il secondo Premio internazionale di Toledo. Poi un altro musical con l’Istituto Musicale di Bolzano.
Quando nasce il Centro Danza Angela Alverà?
Ho fondato la scuola nel 1999 e devo dire che le soddisfazioni sono state ancora tante. Oltre alla fiducia che hanno riposto in me allievi e genitori seguendomi per molti anni in saggi e spettacoli, ho creato in prima nazionale per il Conservatorio di Bolzano con i professori Fassone e Bernardo le coreografie “Pezzi infantili per violino” di Carl Orff e tra le altre cose, nel 2007, sono stata direttrice artistica della prima edizione del Concorso internazionale Città di Bolzano, che vedeva in giuria docenti e coreografi di fama internazionale. Tra il 2008 e il 2011 per sei volte siamo stati primi classificati come scuola ai concorsi organizzati dalla Uisp in diverse città italiane e nel 2010 ho ottenuto il Premio Anita Bucchi al Teatro Valle di Roma, per l’attività di formazione dei giovani nell’arte della danza.
Quali sono oggi le difficoltà nell’insegnare la danza classica ai giovani?
In questi ultimi anni purtroppo i ragazzi si sacrificano meno, fanno tante cose e a volte male, hanno meno dedizione, manca un po’ il rispetto nei confronti delle figure degli insegnanti e delle regole, si concentrano meno. A volte penso che dipenda anche dalle nuove tecnologie e dalla nostra società. Si tende a far credere ai giovani che le cose si possano ottenere velocemente e senza fatica. Per quanto riguarda il mio ruolo, ritengo che un docente, oltre a insegnare passi, debba saper trasmettere una cultura e un modo di porsi nei confronti della vita. Non si insegna per mostrare se stessi o far vedere quanto si è bravi, ma per far emergere la personalità del singolo allievo. E poi soprattutto è necessario saper spiegare.
Quali altri obiettivi ha?
Mi piacerebbe poter continuare a insegnare danza serenamente.
[Patrizia Binco]