Slow Down, il rock della Val d’Isarco
La band di Chiusa lamenta la carenza di spazi per provare e per suonare
Niente a che vedere con la musica chill out, la proposta del gruppo rock isarcense Slow Down non persegue alcuna forma di relax, anzi: il nome racchiude in sé l’idea di un improcrastinabile dinamismo al rovescio, alludendo all’impellente necessità planetaria di decrescita felice, di accelerare nel rallentamento di stili di vita ormai divenuti incompatibili con uno sviluppo realmente sostenibile.
“Anche a noi piace tanto viaggiare – dice Manuel Auer, leader e voce principale della band - ma spesso ci si accorge di quanto questa esigenza umana porti alla rovina di luoghi che fino a pochi anni fa erano unici nella loro bellezza”.
Dunque rock sì, ma semiacustico.
I fratelli Auer, Manuel chitarra e voce, Matthias tastiere, Daniel Olivieri all’altra chitarra, Yörg Kerschbaumer basso e Daniel Agreiter batteria, hanno iniziato la loro avventura nel 2010. Cantano tutti, il che al vecchio freak accende subito fantasie sulle grandi famiglie patriarcali della musica nordamericana, gli Allman, The Band, con echi di West Coast alla CSN&Y o Eagles, ma pescano tanto anche dall’Inghilterra, Stones, Queen, Zeppelin, a nostro avviso con qualche sfumatura anni ’80, per intenderci tipo Lloyd Cole. Oltre ad avere una produzione originale di brani, non certo politici ma comunque ispirati alla loro filosofia di vita, l’altra anima degli Slow Down è infatti quella della party band (per contatti https://www.slow-down.it/booking).
Quanto c’entra nella vostra visione del mondo il fatto di vivere a Chiusa?
Siamo pieni di traffico, in effetti, negli anni Settanta c’era stata l’idea di bypassare il paese con un tunnel ma poi spaventò il possibile isolamento commerciale della località...
E i musicisti come se lo vivono il paese?
Noi proviamo in un buco, direi che gli spazi sono pochi per tutti. Sono anni che a chi vuole suonare sono state promesse due o tre sale ma, guarda un po’, l’unica sala di nuova costruzione è stata quella dell’immancabile Musikkapelle. In giro o nei club dopo le 22.30 non si può fare rumore, vuoi che continui?
L’unica soluzione insomma è vincere il localismo praticando il mondialismo…
Penso che tu alluda al video di lancio del nostro disco in uscita nel 2020, al singolo One World (Tick), in cui la nostra bandiera con la scritta Slow Down & Friends è stata affidata ad amici e conoscenti che partivano per i quattro punti cardinali della Terra. L’idea è nata prima ancora di quella di registrare un secondo cd per bissare quello d’esordio del 2013 Take a break, richiedendo ben quattro anni per essere realizzata.
Nei bar, invece, tocca suonare solo cover?
Le nostre spaziano dai Genesis a Joe Cocker, andando indietro fino a Elvis Presley… Non che ci manchi una produzione originale comunque, in lingua inglese perché ci pare che suoni meglio di altre.
Perché non in tedesco?
Diciamo che l’onda del Deutscher Rock non è propriamente il nostro pane... Abbiamo una cover del gruppo Die Ärzte, Junge...
Progetti o concerti nell’immediato?
Al nostro bassista è appena nato un bimbo il che rende tutto il resto un po’ meno importante, dunque approfitteremo per fare qualche giorno di vacanza. Siamo peraltro freschi reduci dal Westcoast Summerfestival di Cortaccia e poi il 26 di questo mese, alla sera, suoneremo a Velturno per la festa biennale del paese.
Trampolini buoni per futuri successi?
In provincia di Bolzano ci sono tantissimi musicisti brillanti, splendidi direi, eppure solo pochi tra loro vivono di musica, tutti gli altri lavorano e suonano. A quarant’anni bisogna accontentarsi, per ora ci basta divertirci, penso anche agli altri che sono un po’ più giovani di me.
[Daniele Barina]
Gli Slow Down: Manuel Auer, Matthias Auer, Daniel Olivieri, Yörg Kerschbaumer e Daniel Agreiter.