Michael Lösch, il globetrotter del jazz
Dopo una serie di concerti, il 18 agosto presenterà il nuovo cd a Chiavari
Ha studiato pianoforte e collaborato poi artisticamente con tanti grandi del jazz, a partire dal “nostro” amatissimo Franco D’Andrea fino a Kenny Barron, componendo e arrangiando incessantemente da quarant’anni repertori che indagano tutte le possibili sfaccettature di genere, ben riflesse anche dal suo parallelo impegno come formatore e come organizzatore di rassegne musicali.
Parliamo di Michael Lösch, altoatesino del Burgraviato, sodale artistico e di vita della sassofonista Helga Plankensteiner con la quale ha creato una solida realtà come il festival Lana Meets Jazz, nonché demiurgo del programma musicale del “salotto buono” di Bolzano, il piano-bar del Parkhotel Laurin. Dopo un mese di luglio denso di concerti in Italia e all’estero, anche in agosto Lösch non resta con le mani in mano: sarà il 3 agosto al Basis di Silandro (ex-caserma Druso) con il chitarrista Simon Rainer, il bassista Klaus Telfser e il batterista Matteo Giordani in una formazione chiamata SuiDo (“quelli là” in venostano stretto…), finendo addirittura a Chiavari (GE) il 18 agosto per presentare l’ultimo cd.
Parlaci un po’ della tua ultima fatica discografica.
È un progetto dedicato a Jelly Roll Morton, uno dei pionieri del jazz che dai primi del ‘900 ha scritto un sacco di musiche e arrangiamenti per grandi orchestre, autodefinendosi “inventore del jazz” come era anche riportato sul suo biglietto da visita, anche se chiaramente non era vero. Il gruppo con cui abbiamo suonato la sua musica si chiama Jelly Roll plays Morton, il cd è uscito l’anno scorso.
Mi pare però che non sia la sola avventura in cui ti sei lanciato di recente o sbaglio?
Ho ripreso per il festival di Lana una suite più orientata verso un jazz che ha il sapore della world music ed è stato un successo grazie ai validi musicisti coinvolti, provenienti da Germania, Austria, Veneto, Trentino, un supergruppo solamente strumentale.
In definitiva tu comunque come ti definiresti, vista l’alterità di molto jazz europeo rispetto ai canoni statunitensi?
Pianista e compositore di jazz, che è un termine molto vasto in cui rientra tantissima musica, con i momenti compositivi e d’improvvisazione come punti focali del mio lavoro. Il jazz può infatti comprendere la musica folklorica, il rock, la contemporanea, il punk, in una costante rielaborazione di questi linguaggi e prendendo spunto da disparate aree geografiche del mondo. Già Jelly Roll aveva traghettato nel jazz le suggestioni della musica cubana, oltre alla tradizione europea e africana, dunque è giusto pensare a questo genere come a un cocktail di musiche varie.
Quali musicisti della scena internazionale incontrano in modo particolare il tuo gusto?
A me piace molto, nella tantissima musica che ascolto, Brad Mehldau che è un fuoriclasse e ha introdotto un nuovo stile che ha fatto scuola per le ultime generazioni di pianisti, spaziando da Bach ai Beatles. Poi c’è per esempio Bugge Wesseltoft, che abbiamo portato a Lana un paio di anni fa con il suo progetto Rymden.
Bugge Wesseltoft passa spesso dal piano acustico all’elettronica: e tu?
Sull’elettronica non ho avuto ancora tempo di applicarmi, mi piace più che altro la musica orchestrale con fiati e trombe, sebbene grazie all’aiuto del chitarrista trentino Enrico Merlin qualche esperimento l’abbia fatto anch’io con le musiche di Mahler. È comunque un universo che trovo molto interessante.
Pur presi dall’idea di diventare patrimonio mondiale della classica, a Bolzano abbiamo anche una lunga tradizione di festival jazz: che giudizio dai sulle recenti edizioni del Südtirol Jazzfestival Alto Adige?
Il festival è una specie di Fiera dell’Est sparsa nel territorio che rende un po’ faticoso andarci, cosicché c’è il rischio che bellissime proposte restino inascoltate. Rispetto all’ormai lontano passato valorizza molto i giovani, il che è sempre un bene, rimanendo forse un po’ troppo uniforme stilisticamente quando potrebbe presentare a mio avviso una maggiore varietà.
Come organizzatore di rassegne ti risulta difficile inserirle all’interno di una realtà imprenditoriale non precipuamente dedicata alla musica come il Laurin di Bolzano?
Proviamo a mettere il gruppo giusto nel posto giusto, proprio considerando che la sede è pur sempre un bar cittadino dove passano anche i clienti dell’albergo e dunque valutando la questione nella sua interezza, evitando proposte troppo spinte ma cercando d’insistere proprio sulla varietà. Spaziamo dal jazz tradizionale al moderno, ma anche un po’ di blues e altri generi limitrofi. Il Laurin è un posto unico in tutto l’Alto Adige e quest’anno festeggia il trentennale del suo impegno in campo musicale, ragione per cui in questi giorni è partito un brainstorming per poter celebrare in modo speciale la ricorrenza.
[Daniele Barina]