Il compositore ispirato da Eno e Stockhausen
Intervista a Tiziano Popoli, insegnante di musica elettronica alla Vivaldi
Da Vignola, in provincia di Modena, Tiziano Popoli è salito a Bolzano per oltre due decenni per insegnare musica elettronica presso la Scuola di Musica Vivaldi.
Conosciutissimo in Alto Adige, anche per la sua attività compositiva ed esecutiva, oltre che per aver fondato e diretto il Rimusicazioni Film Festival di Bolzano, lo abbiamo intervistato nella sua aula alla Vivaldi.
Qual è stato il tuo primo approccio alla musica?
A casa la mamma ascoltava i 45 giri con un mangiadischi e un nonno putativo suonava il violino (ogni tanto glielo rubavo per poterlo strimpellare). Ricordo che provai una forte emozione a otto anni quando sentii una banda che suonava per le strade di Vignola: quest’esperienza interiore mi fece scoppiare in lacrime. Iniziai a suonare il pianoforte tra gli otto e i quattordici anni, ma lo facevo controvoglia e con demotivazione. Mi tornò l’interesse per la musica quando entrai in un complessino rock come tastierista: allora amavo i Led Zeppelin, Jimi Hendrix, i Deep Purple, Santana ed altri. Ai tempi del liceo mi tornò la voglia di approfondire meglio la musica e di studiare pianoforte e quindi ripresi il mio percorso nell’ambito della musica classica prima da privatista poi presso il Conservatorio di Bologna dove, oltre al pianoforte, ho studiato anche musica elettronica.
Erano anni di grande fermento e Bologna allora era all’avanguardia sia per le possibilità di ascolto e sperimentazione sia per quel che concerne le produzioni discografiche di musiche non convenzionali.
In quel periodo bolognese, quali erano le tue fonti di ispirazione?
Sicuramente Brian Eno e l’ambient music che mi portarono a scoprire Erik Satie. M’interessava molto l’aspetto provocatorio e concettuale della musica, meno quello virtuosistico. Subii quindi una forte fascinazione dai minimalisti, per la ripetizione di pochi suoni che ricollegavo al mio interesse per le filosofie orientali, in particolar modo per l’India. Un interesse che culminò in un mio viaggio in India dove mi recai per studiar meglio il sitar e le tabla. Molti miei primi brani dell’epoca infatti hanno un impianto di tipo modale che s’ispirano al concetto di modalità delle culture musicali d’Oriente. Con un gruppo di amici eseguivamo musiche di Stockhausen e Cage e mi dedicavo molto all’improvvisazione, alla stregua delle esperienze più radicali di allora, pensiamo a Musica Elettronica Viva di Alvin Curran o di Nuova Consonanza.
Gli anni ’80, contrariamente a quel che si dice, sono stati un periodo di grande apertura e di creatività…
Infatti, si trovava sempre qualche assessore, nei paesi delle province di Bologna o Modena, che fosse aperto a proposte musicali “eretiche”, per cui ebbi modo di suonare parecchio. Tra le varie collaborazioni vorrei ricordare la collaborazione col gruppo di teatro sperimentale “Koinè” di Carpi. Conoscevo bene Oderso Rubini e Franco Nanni. Con quest’ultimo produssi una cassetta di musica ambient molto sperimentale. Fondai in seguito il “Popoli - Dalpane Ensemble” che fece uscire un disco per l’Italian Records e che partecipò al Festival Time Zones di Bari. Successivamente arrivò l’esperienza con Massimo Simonini del gruppo N.O.R.M.A. con cui partecipai a diverse edizioni del Festival Angelica di Bologna
Hai collaborato con grandi musicisti…
Ricordo la collaborazione con Paolo Fresu in studio, con Heiner Goebbels dal vivo dove suonavo il campionatore, inoltre Fred Frith, Markus Stockhausen, Chris Cutler, Mike Patton e col gruppo new wave bolognese Gaznevada. Sono sempre stato aperto a collaborazioni con musicisti appartenenti a mondi musicali molto differenti. A Bologna studiai al D.A.M.S., dove frequentai le lezioni del grande etnomusicologo Roberto Leydi che mi fece scoprire ed amare la musica tradizionale di tutto il pianeta. Mi è sempre piaciuto percorrere molte strade, ho sempre cercato di comporre musica con un approccio crossover, direi pop.
Hai lavorato tantissimo anche col teatro. Quali sono state le tue esperienze più significative in questo contesto?
Tra le tante, ricordo l’esperienza con Tognazzi come musicista di scena, con Aldo, Giovanni e Giacomo e con Giorgio Gaber. Poi, come compositore e musicista di scena, la mia lunga collaborazione con Arturo Brachetti.
Infine, quali sono stati i compositori che ti hanno influenzato di più?
Sicuramente Brian Eno e la sua idea di ambient music e Murray Schafer ed il suo concetto di “paesaggio sonoro”. Per anni mi sono dedicato infatti a registrare suoni naturali ed artificiali per poi comporre musica concreta.
[Gregorio Bardini]