Al Trevilab l’articolata realtà delle case Ipes di Bolzano
Fino al 12 aprile il polo culturale ospita la mostra fotografica di Ivo Corrà
Dallo scorso 16 marzo e fino al 12 aprile, il Trevilab di Bolzano ospita la mostra “Abitare è vita. L’universo Ipes e l’Alto Adige”.
Protagoniste della mostra sono le immagini scattate dal fotografo Ivo Corrà nel contesto degli edifici di proprietà dell’Istituto altoatesino per l’edilizia sociale. Ad una realtà così complessa e articolata, Corrà ha dato una lettura multimediale di sicuro interesse..
Corrà, come si avvicinato a questo lavoro?
Si tratta di un incarico importante, per il quale ho avuto la possibilità di lavorare in un arco di tempo abbastanza ampio, ovvero da fine maggio ai primi giorni di ottobre del 2022. Si tratta di un tema vasto, sul quale ho offerto il mio personale punto di vista, che è sicuramente frutto della mia esperienza in diversi campi della fotografia. Avrei potuto ritrarre solo gli edifici, con occhio architettonico, oppure con un drone fotografarli dall’alto, facendo risaltare la relazione col territorio circostante, dato che Ipes ha edifici in tutto l’Alto Adige. Ho scelto però di mettere al centro della mia narrazione le persone, dando un taglio umano, sociale se vogliamo.
Come è avvenuto il contratto con le varietà realtà?
Nel foyer del Trevi, assieme al curatore Michele Fucich, abbiamo deciso di esporre alcune foto “esplorative” che danno conto del primo approccio che ho avuto sul campo. Sono foto fatte da una certa distanza con il desiderio di avvicinarmi alla vita di quelle realtà, che potremmo ascrivere alla categoria della street photography. Poi mi sono avvicinato entrando in contatto con le persone e capendo chi avrei potuto fotografare. Sono grato ai collaboratori di Ipes e soprattutto agli assistenti all’inquilinato, che mi hanno dato dei contatti nei diversi contesti.
Cosa le si è svelato?
Col ridursi delle distanze anche la fotografia è cambiata, dando vita a ritratti ambientati all’interno delle abitazioni, a delle vivaci scene nei cortili e nei giardini, a primi piani a distanza molto ravvicinata, a dettagli ed anche a viste dall’alto catturate dai balconi degli appartamenti. Le foto che sono in mostra sono anche molto diverse tra loro: si va dal gioco spensierato dei bambini alla gioia del ragazzo di origine africana che ha appena ricevuto le chiavi del suo nuovo appartamento.
Quante sono le immagini in mostra?
Sia nel libro che esposte ci sono circa 120 immagini, ma le modalità di fruizione sono ovviamente diverse. Al Trevilab, anche grazie ai diversi formati, abbiamo cercato di creare un ritmo e dei momenti diversi, così da non rendere banalmente lineare il racconto.
Le situazioni di disagio riportate dalla cronaca trovano spazio nel suo lavoro?
La narrazione dipende da come ci si pone davanti alle tematiche. Sono convinto che quando ti avvicini alle persone trovi sempre anche del bene, tanto che pure dai contesti più difficili me ne sono andato con delle sensazioni positive. Sicuramente ci sono edifici con più bisogno di manutenzione rispetto ad altri e rapporti difficili tra inquilini, ma credo sia possibile raccontarli trovando ugualmente qualcosa di buono. Parliamo comunque di una realtà complessa che un racconto fotografico non può riportare in maniera completa.
Che ruolo ha giocato il tempo in questo lavoro?
Ho avuto la fortuna di fare il mio lavoro in un periodo ottimale, cioè tra fine primavera e fine estate, godendo di tanta luce fino a sera. Se avessi dovuto scattare tra novembre e febbraio, quanto sarebbero cambiate le mie fotografie? Sicuramente la gente sarebbe stata più restia ad incontrarmi e non avrei potuto cogliere alcune scene all’aperto, come nel caso dei bambini che giocano.
Ricorda qualche episodio in particolare?
Avevo contattato il referente di un grande condominio, spiegando il lavoro che stavo facendo. Al mio arrivo sono stato accolto da un comitato di inquilini che pensavano fossi lì per raccogliere le loro lamentele. Chiarito l’equivoco, mi hanno accompagnato di buon grado per lo stabile e anche aperto le porte di casa loro. Di fronte a un contatto costruttivo e all’attenzione per la loro realtà, ho trovato una entusiastica collaborazione.
Il suo lavoro è confluito anche in un libro.
In occasione dei 50 anni di attività di Ipes mi è stato chiesto di realizzare un libro fotografico, curato dallo studio doc a communication group di Bolzano, che è stato presentato a fine del 2022. Ipes, nella figura della presidente Francesca Tosolini, ha riconosciuto che le mie foto avrebbero potuto esprimere anche nel contesto di una mostra ciò che è realmente questa istituzione per il nostro territorio. Negli alloggi dell’Ente, che sono diffusi su tutto il territorio provinciale, vivono 30.000 persone, si tratta dunque di una storia che merita senz’altro di essere raccontata.
Abbiamo creato anche un terzo livello di ricerca, realizzando con il videomaker Luca Zontini - e le musiche di Stefano Bernardi - un video che alterna le mie fotografie alle riprese fatte durante la consegna del libro alle persone che avevo ritratto. È stato per me un momento molto bello, perché sono consapevole del fatto che accettare di essere fotografati non sia una cosa da poco, come anche aprire le porte di casa propria e rendermi partecipe delle storie di famiglia. Poter tornare e far godere il motivo della mia richiesta, ammirando la soddisfazione di chi ho ritratto, è stato come chiudere un cerchio. [Mauro Sperandio]
Scripta Manent è una rubrica sostenuta dalla Ripartizione cultura italiana della Provincia autonoma di Bolzano, che nel 2023 presenta progetti ed iniziative culturali con un particolare focus sulla sostenibilità sociale.
Tutti gli articoli, con un respiro anche nazionale ed europeo, sono reperibili online: https://medium.com/scriptamanent.