Cos’è il dolore se puoi riderci su?
“Ciao, una Tata” è il primo libro della giornalista Martina Capovin
Elaborare il lutto di un proprio caro non è mai semplice, ma perdere il sorriso nei confronti della vita è forse il dolore più grande che possiamo infliggere a noi stessi.
Lo sa bene Martina Capovin, giornalista di Alto Adige Tv. La nota reporter ha dovuto affrontare prima la scomparsa della madre ai tempi del liceo, poi più di recente quella del padre e della nonna nel giro di poche settimane l’uno dall’altra. Con loro era solita spendere ore al telefono. Un’abitudine che porta avanti a modo suo ancora oggi e che, tra qualche lacrima e tanti sorrisi, è diventata il libro: “Ciao, una Tata - Non sapevo come affrontare il dolore. E allora ci ho riso su”.
Martina, due dei tuoi sogni da bambina erano diventare giornalista e scrittrice. Hai realizzato entrambi...
Mi fermo e me lo ricordo ogni giorno, perché sono cose che ho rincorso tutta la vita. Studiare, l’università, la gavetta era tutto impostato per questo, non avevo un piano b. Già a 6 anni la realtà era molto chiara ai miei occhi e sapevo bene che non avrei campato facendo solo la scrittrice. Quindi ho puntato a diventare prima giornalista. Mi sembrava un bel piano.
Parliamo del libro, il titolo è particolare. A cosa si riferisce?
I miei genitori non mi hanno mai chiamato per nome, anzi se sentivo nominare da loro Martina, dovevo iniziare a correre veloce nella direzione opposta. Mamma e nonna mi chiamavano Koky, papà invece Tata. Le nostre lunghe conversazioni al telefono partivano sempre con un saluto: “Ciao, un padre” dicevo io, “Ciao, una Tata” rispondeva lui.
Il libro, infatti, si sviluppa anche a suon di “telefonate” fatte negli ultimi anni...
È ambientato dal 2017, quando ancora c’erano papà e nonna, al 2021. Con l’aiuto di un’amica, abbiamo raccolto tutto il materiale che ho postato sui social. Aneddoti, episodi esilaranti in famiglia, ma anche momenti più delicati come la malattia di mamma. Poi d’un tratto passo da uno a tre lutti. A quel punto mi sono inventata delle telefonate con loro. Alzo la cornetta, chiamo il centralino del paradiso che mi passa i miei cari ed iniziamo a parlare. Lo facevamo prima, trascorrendo ore su ore a raccontarci la nostra vita. Cosa mi impediva di farlo ancora? Tanto so come risponderebbero.
Lo definiresti un diario? O è forse più un metodo?
Direi la seconda. È un metodo per me e per tanti altri che devono elaborare uno o più lutti. Mi ha permesso di comprendere la profondità del mio dolore e di poterlo sfogare. Di fronte al lutto ci sono due strade: o sbatti la testa al muro e piangi, o trovi una chiave per andare avanti. Nel mio caso è stata l’ironia.
Quale valore dai all’ironia nella tua vita?
Da 0 a 10, direi centomila. È una vita che campo sull’ironia, talvolta in modo eccessivo perché tiro fuori un lato dark che non tutti colgono e apprezzano. L’ironia e il sorriso sono le armi più potenti che possediamo.
Sei molto attiva sui social e spesso è online che hai scritto il tuo “diario segreto”. Ti sei mai data dei limiti in ciò che pubblichi?
Non ho l’ossessione per la privacy. Se le cose non le dici tu, tante volte se le inventano gli altri. Ho postato di tutto, stupidaggini, pensieri e dolori da cui ho sempre ricevuto un feedback, stimolando il confronto. Esternare il mio dolore in piazza ad alcuni può far storcere il naso, altri al mio posto non avrebbero postato nulla. Gli unici limiti che mi sono data riguardano il fare dell’ironia sul contesto politico locale, che prima facevo, ma lavoravo in una realtà editoriale differente. A questo si aggiunge ciò che accade dietro la porta di casa mia. Con me vive una persona da 10 anni che vuole restare nel totale anonimato, è l’uomo che non esiste.
Pensi ci sarà un sequel del libro?
Mi farebbe piacere. Magari sulla malattia di mamma o approfondendo le figure dei miei cari nelle loro follie e anche nel loro non esserci.
Due li hai già realizzati. Qual è il prossimo sogno?
Diventare Maria De Filippi, ma penso non sia possibile. Quello vero è di riuscire con il mio lavoro ad arrivare sempre più in alto, magari aiutando chi ascolta le mie parole. Sono stata più fortunata di altri perché non ho mai dovuto lasciare gli studi per inseguire i miei sogni. La verità è che nonostante tutto, si può fare tutto.
[Fabian Daum]
CIAO, UNA TATA
NON SAPEVO COME AFFRONTARE IL DOLORE.
E ALLORA CI HO RISO SU.
Autrice: Martina Capovin - Editore: Gander Books
Anno edizione: 2022 - Pagine: 204