Una vita intera dedicata al teatro
Il ricordo di Paolo Bonaldi, storico attore-regista del Teatro Stabile
“Ho conosciuto Paolo nei primi anni Ottanta: era di passaggio a Bolzano dove aveva contribuito a fondare la scuola di cinema Zelig. Diventammo subito amici parlando di teatro e di cinema. Nel 1986 gli proposi di venire a lavorare al Teatro Stabile: la sua collaborazione è durata fino al 2019. Era sensibile, curioso, duttile, attento alle novità. Poteva recitare, scrivere, dirigere spettacoli, coordinare progetti: un consulente meraviglioso capace di spaziare in molti campi”.
Così Marco Bernardi, direttore e regista del Teatro Stabile di Bolzano dal 1980 al 2015, ricorda Paolo Bonaldi, nato nel 1948 a Venezia e recentemente scomparso.
Uomo socievole e riservato, onesto e semplice, si era presentato al pubblico locale nel 1988 interpretando la figura di Carlo Goldoni in Ca’ de Bezzi, commedia giovanile del meranese Roberto Cavosi. Ma Bonaldi esprime al meglio il suo estro creativo nel ruolo di regista che affronta seguendo linee semplici e ordinate, aderenti alla drammaturgia del testo e attente alla valorizzazione espressiva dell’attore.
Lo spettacolo che lo rivela è Polo Est/Ostpol di Mario Giorgi (stagione 1990-1991), in cui guida Massimo Cattaruzza alle prese con un clochard italiano disturbato da un rapporto psicotico con il linguaggio nel momento in cui si scopre quadrilingue. “Bernardi - ricorda l’attore bolzanino - mi affidò nelle mani di un regista che non conoscevo, un veneziano che il teatro lo conosceva profondamente e lo conosceva da filosofo. Nel nostro primo incontro non mi ha parlato del testo da mettere in scena, mi ha parlato di teatro, di come lo immaginava e di come lo viveva. E poi chiacchierate interminabili in cui teatro, poesia e filosofia rimbalzavano nelle sue narrazioni. Lo potevi ascoltare per ore nei suoi voli pindarici da Enzensberger a Picasso da Goldoni ad Artaud”.
Dopo i non trascurabili Odogust/udi/tattovis di Milvia Spadi e Musicare scritto in collaborazione con Dante Borsetto, Bonaldi rinnova il consenso di pubblico e di critica nella stagione 2001-2002 con la cura di un altro monologo importante, di grande impegno civile, quale è Ciò che non si può dire. Il racconto del Cermis di Pino Loperfido, con Andrea Castelli calato nella parte del narratore superstite e testimone del trancio dei cavi della funivia provocato da un aereo americano che causò la morte delle venti persone a bordo. Come lavorava il regista veneziano, lo racconta lo stesso attore trentino: “Scomponemmo il testo in frazioni emotive per poi ricomporlo e ristrutturarlo più e più volte. Il risultato appena cominciammo le prove fu subito evidente e, a mano a mano che proseguiva il lavoro, sentivo che diventava “mio”. L’essenzialità di Paolo a questo punto diventò fondamentale nell’eliminare qualsiasi fronzolo letterario da una materia dolorosa e struggente che non aveva bisogno di orpelli, né di esibizioni da attore. Il dolore si vede quando te lo tieni dentro, diceva, non c’è bisogno di strapparsi i capelli. È stato, per me, un insegnamento importante”.
Bonaldi si gode il successo nel suo nobile silenzio, non cerca visibilità mediatica. Ritorna alla regia anni dopo, nella stagione 2007-2008, quando rielabora e trasferisce sulla scena il romanzo Il regno dei Fanes della bolzanina Bruna Dal Lago con il titolo La leggenda del regno dei Fanes, un viaggio nel mondo magico e mitologico del più antico popolo dolomitico raccontato dall’aedo Andrea Castelli affiancato, tra gli altri, da Sandra Mangini, Giorgio Bertan e Nora Fuser.
In parallelo a queste attività l’eclettico Bonaldi, che si era confrontato anche con il linguaggio cinematografico realizzando il documentario di denuncia civile Marghera - Inganno letale, si impegna con instancabile passione e competenze alla crescita e diffusione della cultura e pratica teatrale. Nel 1989-1990, Bonaldi coordina le attività didattiche della “Scuola di Teatro” per poi realizzare il saggio finale per il quale scelse il Marat Sade di Peter Weiss.
Per molti anni compete a lui, poi affiancato da Irene Vitulo, la cura e l’organizzazione del Teatro nella Scuola, progetto oggi consolidato che garantisce ad alunni e studenti di ogni ordine e grado la visione di spettacoli formativi. “Negli anni Novanta, quando muovevo i primi passi di collaborazione con lo Stabile – ricorda Walter Zambaldi, attuale direttore dell’ente bolzanino – ho affiancato Bonaldi in questa incredibile avventura che viveva con tenace convinzione dell’importanza dei linguaggi teatrali nella formazione scolastica. Sapeva scegliere gli spettacoli con grande attenzione e approfondimento, dopo aver girato l’Italia in lungo e in largo per assistere a festival e rassegne. Dalla sua esperienza ho imparato molto, soprattutto mi ha trasmesso un suo tratto peculiare: la dedizione al teatro che lui viveva con quotidiana signorilità e generosità”.
Infine, l’instancabile Bonaldi nei primi anni del Duemila guida con competenza “La Bottega del Teatro”, progetto avviato dal Teatro Stabile, ripreso nel 2019 dalla Fondazione Teatro Comunale e Auditorium Bolzano e finalizzato alla formazione professionale di tecnici di palcoscenico, molti dei quali oggi lavorano dietro le quinte dei principali teatri del territorio.
[Massimo Bertoldi]