Cultura, tradizione e… orsi preistorici!
Il Museum Ladin raccontato dalla neodirettrice Katharina Moling
Nel cuore delle Dolomiti, lì dove paesaggi straordinari catturano l’attenzione dei nostri occhi, sorge il Museum Ladin. Un luogo in cui è facile percepire con tutti i cinque sensi la storia, l’evoluzione e, perché no, anche il futuro della comunità ladina.
Inaugurato nel 2001 con l’obiettivo di essere centro di valorizzazione e approfondimento culturale per le vallate ladine delle Dolomiti, il Museum Ladin conta oggi due sedi: a San Martino presso il maestoso Ćiastel de Tor e a San Cassiano, casa del famigerato Ursus Ladinicus. Dallo scorso novembre, le due strutture sono sotto la guida di Katharina Moling. Con la neodirettrice abbiamo parlato delle sfide che attendono il museo e la comunità ladina.
Direttrice, quali sono le sue prime sensazioni riguardo questo nuovo ruolo?
Assumo questo incarico come sfida professionale e personale. Se guardo indietro di 12 anni e penso al primo giorno in cui sono entrata dalla porta di questo museo, sicuramente posso affermare di aver raggiunto un grande traguardo. Ora si presenta un percorso nuovo, da affrontare assieme al team del museo, per mettersi in gioco e imparare ad assumere più responsabilità.
Cosa offre il museo e in che modo promuove la cultura ladina?
Il percorso espositivo del museo mette in luce particolari circostanze della storia e della vita degli abitanti delle cinque valli in cui si parla il ladino: Val Badia, Val Gardena, Val di Fassa, Livinallongo e Ampezzo. Ogni vallata ha un idioma proprio e le singole culture mostrano un’impronta caratteristica. Sede del museo è poi il suggestivo Ćiastel de Tor, la cui torre risale al lontano Medioevo. Questo luogo rappresentava un centro del giudizio, in quanto presieduto da vescovi, principi e giudici. Poter quindi raccontare l’evoluzione della minoranza etnico linguistica in un luogo intriso di storia è sicuramente un grande valore.
La lingua ladina è principio caratterizzante dell’omonima comunità. Seppur sotto tutela provinciale, teme che il ladino possa piano piano estinguersi? Soprattutto pensando alle nuove generazioni, sempre più affini all’inglese, al mondo di internet e alla globalizzazione...
Ogni realtà minoritaria ha una sua storia, ma non perché appartenente ad una minoranza etnica si tratta allora di storia minoritaria. Non è soltanto questione di lingua, ma di patrimonio storico-culturale. È un discorso di conoscenza, tutela e valorizzazione. Importante è che le persone percepiscano tutto questo come patrimonio comunitario. Grazie anche alle caratteristiche fisiche del territorio, la lingua ladina, la più antica fra quelle parlate in regione, si è conservata e viene parlata ancora oggi, in un mondo globalizzato e costantemente connesso. Mantenere viva la consapevolezza che la propria lingua rappresenti una parte importante dell’identità è compito della nostra istituzione. Per raggiungere questo obiettivo il museo deve sicuramente adattarsi a nuove forme di comunicazione ed essere più flessibile.
Dal 2011 il Museum Ladin comprende anche l’organizzazione museale Ursus Ladinicus, con protagonista l’orso delle caverne...
Da sempre l’orso esercita una forte attrazione sull’uomo. Recentemente le diverse testimonianze sul ritorno dell’animale nei boschi hanno suscitato numerose discussioni. Sapere che l’orso fosse già presente più di 40.000 anni fa nelle Dolomiti è molto intrigante. Nel museo proponiamo una vasta scelta di laboratori per i più piccoli che hanno come argomento principale l’orso e la geologia.
Le principali sfide e un augurio per il 2023?
Il 2023 sarà dedicato all’arte. Ospiteremo nuovamente il concorso Trienala Ladina, ci sarà poi una mostra sull’artista Markus Vallazza e una retrospettiva su Guido Anton Muss. Inoltre ci dedicheremo alla comunicazione strategica del museo, creeremo una nuova homepage e attività didattiche definite da uno storytelling adatto ad adulti e bambini. L’augurio è di poter sempre affermare di essere riusciti a salvaguardare e valorizzare la cultura ladina. In un luogo, come il museo, in cui poter vivere emozioni, ricevere risposte e mettersi in discussione.
[Fabian Daum]
CHI È KATHARINA MOLING?
Katharina Moling, 36 anni originaria della Val Badia, ha studiato al Dams dell‘Università di Padova e Storia dell‘arte a Vienna. Ha all‘attivo diversi progetti artistici e culturali nel ruolo di organizzatrice e ha già lavorato come assistente scientifica presso il Museum Ladin. Da novembre 2022 è direttrice di entrambe le sedi del museo presso le località di San Martino (Ćiastel de Tor) e San Cassiano (Ursus Ladinicus).