Inner Core, nuovo album di Gaia Mattiuzzi
Un altro piccolo gioiello dell’affermata cantante jazz meranese
Nata e cresciuta a Merano da padre altoatesino e madre pugliese, Gaia Mattiuzzi è un’affermata cantante che unisce la sua frequentazione con la musica classica contemporanea e jazz all’insegnamento.
Gaia Mattiuzzi vanta numerose collaborazioni con artisti internazionali e la partecipazione ad importanti festival in Italia e all’estero. L’occasione per intervistarla ce la dà la sua ultima fatica discografica, l’album Inner Core pubblicato lo scorso novembre dall’etichetta Aut records.
Inner Core, nucleo interno. A quale intimità si riferisce il titolo dell’album?
Alla mia. Questo disco è frutto di una ricerca molto intima, indirizzata ai punti di forza che mi hanno accompagnato in un periodo, quello della pandemia, che è stato difficile per tutti. Quando tutto intorno a te si destabilizza e gli equilibri si rompono, ti senti smarrito, hai bisogno di ritrovare quel luogo in cui poterti raccogliere e dedicarti alla riflessione e alla ricerca di un equilibrio interno che ti permetta di affrontare le nuove circostanze.
Tra i brani dell’album ce n’è uno a cui sei particolarmente legata?
Tutti i brani hanno dietro una storia e mi riportano a fatti e vicende per me significative. Dovendo sceglierne uno, direi Calyx, l’unico brano non originale del disco, una composizione di Phil Miller con testo di Robert Wyatt. Tra quelli dell’album è il brano che eseguo da più tempo ed è legato alla mia passione per l’artista inglese. Credo che, dopo averlo cantato in tanti contesti diversi, in questo disco sia giunto a maturazione ed io sia riuscita a farlo mio.
Chi ti accompagna in questo disco?
Il nucleo iniziale del gruppo è nato molti anni fa subendo varie trasformazioni. All’inizio, nel 2017, si trattava di un trio voce-pianoforte-contrabbasso, ma con l’ampliarsi del repertorio abbiamo preso la forma del quartetto e incluso la batteria. A fine 2019 ho deciso di registrare un album che condensasse la mia evoluzione musicale, aggiungendo anche una parte elettronica. La formazione dunque si compone, oltre a me, di Alessandro Lanzoni al pianoforte, Gabriele Evangelista al contrabbasso, Enrico Morello alla batteria e Alfonso Santimone alle elettroniche. Nell’album compaiono altri colleghi sempre alle elettroniche e al sax tenore. Alla fine del 2019 è stata registrata la parte acustica, poco dopo mi sono trasferita a Berlino entrando in contatto con musicisti anche della scena dell’elettronica: così è nata l’idea di includere vari ospiti e differenti sonorità.
La carriera artistica e l’insegnamento ti hanno portata a numerosi trasferimenti: pensi che lo spirito delle città sia entrato maniera evidente nei tuoi lavori?
Sono sicura che i luoghi in cui mi sono soffermata di più mi abbiano influenzato nelle scelte musicali prese. A Bologna ho cominciato a dare una direzione precisa alla mia carriera di musicista e a fare degli incontri fondamentali, la sento un po’ come una seconda casa dopo Merano. Con Berlino l’impatto è stato molto forte anche se un po’ sfortunato, perché mi sono trasferita lì poco prima dall’inizio della pandemia, ma ho potuto comunque incontrare musicisti di qualità straordinaria. Tanto mi ha dato anche girare l’Italia per insegnare, soprattutto nelle regioni del sud che mi hanno offerto suggestioni molto importanti e un’energia molto diversa da quella che si può percepire nelle città del nord. Da poco mi sono trasferita a Milano, una città che sto iniziando a scoprire e che devo ancora capire cosa mi porterà.
Cosa rappresenta per te l’insegnamento?
Premetto che insegnare e fare musica sono due mestieri diversi. Ho iniziato ad insegnare nei conservatori molto giovane, avevo 27 anni, trovando allievi coetanei o addirittura più grandi di me, ma comunque della mia generazione. Penso sia molto importante creare una buona relazione umana ed empatica con gli studenti, cercando di capire chi sono e di che cosa hanno bisogno per crescere. Il ruolo di docente mi ha portato ad affrontare alcuni concetti secondo una prospettiva altra rispetto a quella del cantante, appunto per doverli insegnare.
Che rilevanza ha per te, dotata di grande tecnica e controllo vocale, l’inconsapevolezza?
Ho sempre studiato molta tecnica, ma ho anche sempre coltivato la parte magica del fare musica, che risiede anche negli incontri con le persone con cui lavoro. Inner Core, ad esempio, risente molto delle collaborazioni con i musicisti coinvolti, che avendo una loro autonomia di pensiero non sono elementi controllabili. Questo disco non potrebbe essere mai stato realizzato senza la magia che si è creata e che non era prevedibile a priori.
[Mauro Sperandio]
CHI È GAIA MATTIUZZI
Gaia Mattiuzzi è attiva prevalentemente nell’ambito del jazz e della musica classica contemporanea. Affascinata dal lavoro di ricerca sulle folksongs condotto dall’etnomusicologo Alan Lomax, fonda insieme al batterista Francesco Cusa il duo Skinshout con cui registra nel 2010 il disco Skinshout - Caribbean Songs. Nel 2013 pubblica il suo primo album da leader Laut assieme al pianista Fabrizio Puglisi, al batterista Cristiano Calcagnile ed al contrabbassista Stefano Senni. Da molti anni affianca all’attività artistica quella di docente di canto jazz; attualmente è titolare di cattedra presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano.