Bunker dell’Alto Adige, un mondo sotterraneo
Intervista al colonnello Mauro, ultimo comandante della fortificazione attiva
Il colonnello Licio Mauro è stato l’ultimo comandante della fortificazione attiva dell’Alto Adige. Friulano d’origine e altoatesino d’adozione, si occupa di bunker da più di quarant’anni, prima come militare e poi come esperto civile. Lo incontriamo per saperne di più sulla storia di queste costruzioni sotterranee, massicce, praticamente invisibili.
Ogni mondo, anche quello sotterraneo, parla una sua lingua. Partiamo dalla definizione: è corretto dire bunker?
La dicitura corretta sarebbe opera fortificata. Bunker è una parola diffusa, meno specifica, che, assieme agli autori Josef Urthaler, Christina Niederkofler, Andrea Pozza, abbiamo usato per il libro Bunker. Tante opere fortificate, assieme a fossi, muri anti-carro, osservatori e casermette dei corpi di guardia, formano uno sbarramento. I vari sbarramenti della nostra provincia sono parte del cosiddetto vallo alpino, che dalle Alpi Marittime giungeva fino a Fiume, nell’attuale Croazia.
Una rete che deve aver richiesto un importante sforzo economico.
Esatto, anche se queste costruzioni sono abbastanza semplici da realizzare. Le tipologie sono due: in caverna, ossia scavate nella montagna e con un affaccio in cemento da cui spuntano le armi; oppure in calcestruzzo, a partire da un basamento e realizzate per mezzo di getti. Non erano necessarie armature in ferro, dato che lo spessore dei muri, in alcuni casi anche di sei metri, offriva la solidità necessaria per resistere all’artiglieria.
Quante fortificazioni ci sono nel nostro territorio?
In Alto Adige, in epoca fascista, sono stati costruiti 350 bunker, di cui solo una parte fu completata prima della seconda guerra mondiale. Nel dopoguerra, con la nostra entrata nella NATO, le costruzioni site a fondovalle furono attivate con la funzione di contrastare eventuali attacchi da parte dei paesi aderenti al Patto di Varsavia. La loro funzione era prevalentemente controcarro ed erano armati di cannoni e mitragliatrici.
Cosa comportò per l’esercito l’attivazione dei bunker?
L’attività cominciò con l’adeguamento delle strutture idonee allo scopo: impianti elettrici, telefonici e di ventilazione e, ovviamente, l’armamento. Si diede vita ad un’organizzazione difensiva con la costituzione di reparti impegnati al presidio e alla manutenzione delle opere fortificate, che non erano occupate stabilmente ma visitate spesso anche per le esercitazioni.
Se i solidi bunker resistono nel tempo, in che stato versa la documentazione che li riguarda?
Parte della documentazione è andata persa dopo la caduta del segreto militare. La parte più interessante è quella che riguarda il periodo della guerra fredda, quando un certo numero di costruzioni entrò in funzione. Prima, negli anni ‘40, erano state realizzate quasi solo le parti in muratura: i bunker completati al 100% erano giusto quelli che venivano controllati dai generali ispettori per l’approvazione di “modelli” che si sarebbero poi dovuti replicare nel territorio.
Curioso che i bunker venissero costruiti per difendersi da un alleato...
Quando, il 10 giugno 1940, siamo entrati in guerra accanto alla Germania, abbiamo contemporaneamente firmato il contratto di affidamento dei lavori per il bunker di Passo Palade e non solo. Fino al 15 ottobre 1942 l’Italia continuò a costruire fortificazioni contro un’eventuale invasione tedesca, chiedendo addirittura all’alleato-nemico dei contributi materiali da impiegare per il proseguimento dello sforzo bellico.
Cos’è successo con la chiusura?
Dopo la rimozione dei cannoni e dei supporti per le armi, le porte in ferro dei bunker sono state saldate. Nient’altro è stato fatto, anche perché qualsiasi danneggiamento o asportazione sarebbe stato un danno erariale. Nel ‘98, caserme, bunker e polveriere che non servivano più all’amministrazione militare sono state cedute alla Provincia e in seguito da questa vendute a privati. Approfitto per ricordare che i bunker sono proprietà privata e chi ci entra commette un reato. Inoltre, molti siti non sono agibili e sono molto pericolosi: non sono mancati in passato anche incidenti fatali.
[Mauro Sperandio]
Dei tanti bunker disseminati sul territorio altoatesino, alcuni hanno trovato nuove ed originali destinazioni: oltre ai “Bunker d’artista” di Matthias Schönweger, la provincia conta cinque musei ricavati in queste sedi così particolari.
Museo Alta Passiria - Bunker Mooseum
Ospita una mostra sulla storia della valle dall’epoca glaciale al XX secolo e sul patrimonio naturale del territorio.
www.museum.hinterpasseier.it
Bunker Museum Dobbiaco
Telefoni da campo, radiotrasmittenti, razioni alimentari, armi e altri reperti permettono di vedere da vicino la vita nei bunker.
www.bunkermuseum.net
Bunker del Passo Palade
Il Gampen Bunker, tra le opere fortificate più estese dell’Alto Adige, merita una visita per l’interessante mostra fotografica sulla storia della strada di Passo Palade e per l’imponenza della struttura.
www.deutschnonsberg.it
Bunker n. 3 presso Fortezza
Nell’areale del Forte di Fortezza, è meta interessante per scoprire la storia militare della zona, tra prima e seconda guerra mondiale.
www.franzensfeste.info
Bunker n. 20 e sbarramento di Plamort, Passo Resia
Dove i confini d’Italia, Austria e Svizzera si incontrano, alle foci dell’Adige, l’esposizione nel bunker n. 20 racconta la storia del Vallo Alpino negli anni 1936-1942. Impressionante lo sbarramento noto come “denti di drago”.
Ufficio turistico Passo Resia o tel. 0473 633101