Premiata ditta musicale Martini & Lang
I due artisti altoatesini si esibiranno il 9 gennaio al Ca’ de Bezzi: l’intervista
Tirarsi fuori dalle bande di paese dove suonavano il tamburo per seguire il loro libero istinto di musicisti, accomuna in qualche misura i componenti del duo di cui andiamo a parlarvi questo mese: Gerhard Martini, in arte Mr. Coon, e Georg Maria Lang, protagonisti il 9 gennaio 2020 al Ca’ de Bezzi di via Hofer a Bolzano (ore 21, ingresso 5 euro) di un concerto dal titolo emblematico “Why not now – The Machine & the Human”.
Era ora di portare su un palco le composizioni originali del primo, sound designer di Terlano, indagando le sempre attuali interazioni tra macchina e umani in virtù degli interventi live del secondo. Mr Coon è uno dei prodotti notevoli della scuola d’arte di Ortisei, sceso poi per sette anni a frequentare quella di Firenze, dove lavorando come rider resta vittima di un terribile incidente stradale che lo occuperà in una lunga e difficile riabilitazione che ha del miracoloso. Un disco all’attivo nel 2004, “Die Trāumer” di gusto hip-hop con il rapper Amano, è il primo segnale della ritrovata capacità ritmica seppur dietro una consolle.
Georg Lang è attivo come batterista e percussionista dal 1984 e ha suonato con tanti artisti della scena locale (Ossi Pardeller, Mad Puppet, George McAnthony, Alexander Dal Plan, Stefan Winkler, …), ma dal 2016 è specialmente occupato con il trio Eseleptitun, insieme a Manny Pardeller e Jürgen Winkler, per promuovere il loro splendido primo cd (disponibile da Musik Import in piazza Cristo Re a Bolzano). Li incontriamo nella sala prove di piazza Erbe che ha visto nascere la collaborazione che segnerà anche il primo evento musicale della popolare venue bolzanina nell’anno nuovo.
Siete la smentita vivente che a Bolzano i locali vogliano solo cover band...
Mr C.: Ho suonato una cover solo con Annika Borsetto, per il resto non devo niente a nessuno: diventi più severo con te stesso quando ti capita qualcosa come a me... In repertorio abbiamo 44 pezzi, ne sceglieremo tra i 15 e i 20 per una un’ora e mezza di musica. Ogni concerto che ci chiederanno di tenere sarà diverso, non solo per scelta di titoli ma anche per modalità esecutive.
G. L.: Quasi tutto sarà improvvisato ma l’interessante è che anche la cosa predefinita che fa Gerhard non è immutabile perché può loopare, scratchare ed effettare. Io mi adeguo allo stile con un intento più jazzistico, con la poliritmia e l’improvvisazione, conosco bene i brani ma non so mai come li interpreterò...
Qualche influenza giovanile?
Mr C.: Il Bristol Sound, cioè i Massive Attack, Portishead, Tricky: andavo nel negozietto di dischi all’Isolotto di Firenze, città dove ho imparato a suonare il djembè e accompagnavo i corsi di ballo di una scuola.
G. L.: Io invece Billy Cobham e i Deep Purple, i Doors e “Harvest” di Neil Young, poi più jazz, etnica e musica contemporanea. Ho suonato con gruppi di percussioni, 11 anni con le bande il che mi permette d’insegnare, oltre a batteria e percussioni, anche a leggere la musica…
Qual è la chimica che vi ha unito?
G. L.: Per me è importante dire che ci capiamo perché abbiamo la stessa base da percussionisti, così so sempre bene dove va il pezzo di Gerhard pur lavorando lui molto di pancia…
Mr C.: Se componi con le leggi della musica è diverso dalla ritmica sulla quale devi sempre pensare. Perciò dal vivo io vado con la loop machine, ma anche con il pc e le macchine mantengo il modo manuale di suonare.
Cos’è questa storia del sound designer come tu ti autodefinisci?
Mr C.: Pur usando in parte anche i loro strumenti non voglio essere considerato un dj: al giorno d’oggi quelli hanno un bel coraggio a presentarsi in pubblico! Non fanno niente, fingono di lavorare in consolle ma hanno già preparato tutto a casa: nel mio caso quando muovo una rotella, cambia anche la musica…
G. L.: … e siamo pronti per farci conoscere dopo quasi un anno che proviamo il repertorio! Metteteci alla prova sul nostro soundcloud (//soundcloud.com/mr-coon).
Resta anche un dubbio sul nome d’arte Mr Coon: più come spregiativo per nero o come procione?
Mr C.: In Sudafrica c’è il Coon Festival che è una festa popolare dei mulatti, ma vedi che la parola oltre alle due irresistibili “o” attaccate mi piaceva proprio perché, avendo anche un altro significato, ci insegna come cambia un termine del genere se io gli levo la cattiveria. Anche qui da noi c’è il razzismo e magari ci chiamiamo Walsche ma dipende da come lo dici. Non così negli U.S.A. dove un’artista mi aveva commissionato una sonorizzazione solo a patto che cambiassi il nome: una provocazione, non se n’è fatto più nulla.
[Daniele Barina]