Uno scrittore-musicista in cerca di editore
Massimo Leonardo Prandini vuole raccontare i Botzner e la città nel 1700
Come catapultati dal virus nel primo episodio della serie tv Ai confini della realtà, intitolato Dove sono tutti? e in cui si vede il protagonista aggirarsi per una città fantasma dove le persone sembrano aver interrotto di colpo ciò che stavano facendo fino a due secondi prima ed essere scomparse, ci è venuto naturale pensare a lui.
Massimo Leonardo Prandini, bolzanino, classe 1964, fondatore dell’Ensemble Hortus Musice, scrittore, divulgatore della storia locale, nonché guida e accompagnatore turistico patentato. Un e-book all’attivo imperniato sulla creatura lacustre fantastica che popola i racconti degli anziani e i sogni dei ventilati bimbi benacensi, Bennie l’amabile mostro del lago di Garda (Youcanprint, 2019, ISBN 9791220036740, 48 pp.), presunto ultimo esemplare di Benacosaurus Lacustris suggeritogli dal suo amico e collega Thomas Brenner, Prandini è a caccia di editori per dare alla luce un secondo volume che raccolga alcuni suoi interventi radiofonici per Rai Bolzano incentrati sui Botzner e la loro città nel 1700.
Siamo di fronte a un deep freeze del settore turistico che si annuncia ben peggiore di quello registrato subito dopo gli attentati del 9th/11 2001, ma continuando così presto ti si riempirà l’agenda per far ballare la gente nei cimiteri come alla vigilia dell’anno 1000...
In effetti Hortus Musice sin da com’è scritto, in mediolatino, rimanda al repertorio dell’ensemble che è appunto incentrato sui suoni dell’età media, dal 12esimo al 14esimo secolo in particolare e dove ho iniziato con i flautini per proseguire con ricostruzioni di strumenti medievali come liuti, ciaramelle, zufoli da suonare con una mano mentre l’altra percuote il tamburello, ghironde... Siamo richiesti per feste medievali come quella di Castel Tirolo o, a Trento, per le feste vigiliane e anche per rievocazioni di battaglie storiche.
Però la vostra proposta pare esulare dalla mera ricorrenza in cui si mangia e beve in calzamaglia: vuoi parlarci delle vostre conferenze-concerto come quella dedicata ai Carmina Burana?
Quando li si nomina tutti pensano a Orff ma noi siamo risaliti direttamente alle fonti che l’hanno ispirato. Sono raccolte con scarna annotazione musicale, se ne parla, si legge il testo in latino e poi lo traduco, infine si ascolta: si tratta dunque di un ascolto formato e spesso si scorgono anche universitari tra il pubblico.
Vivendo anche di turismo avrai sviluppato la tua visione del fenomeno in regione: il virus è solo una limitazione o deve poter essere anche un’occasione?
Non penso purtroppo che siamo più tanto in grado d’imparare e finito il virus non cambieremo le nostre abitudini. L’Alto Adige è una macchina perfetta per fare soldi, lo dico come un complimento. Si sa promuovere in modo esemplare, è all’avanguardia in Europa per qualità degli alberghi, per piste e impianti sciistici in inverno e in più con le Dolomiti che d’estate si camminano. Non avremo la gastronomia varia della Toscana, abbiamo quattro specialità ma il nostro poco è richiesto perché hanno saputo farlo affermare, pur con prezzi mediamente più alti. Vogliamo paragonare il Garda a quella pozzetta in gran parte inavvicinabile perché privata che è il lago di Caldaro? No di certo: eppure il Kalterersee è venduto come il latte o come il suo vino non certo eccelso e, a momenti, come lo speck del Franz.
Bravissimi a vendere la superficie, un po’ meno la profondità di questa terra?
Intanto c’è la piaga degli accompagnatori senza permesso che arrivano da fuori e si sostituiscono alle guide locali, con tante agenzie che fanno le furbe contando sull’assenza di controlli, dunque non rendono un buon servizio per qualificare l’offerta. Che a Bolzano manchi ancora l’università (ridacchia, ndr), per noi è quasi una fortuna perché possiamo studiare lontano da qui e una volta tornati sappiamo che si può parlarne in un altro modo. Il mio bisogno di scrivere o il mio raccontare alla radio la Bolzano da cui si scappava ancora per le inondazioni e quella settecentesca dei sontuosi palazzi Campofranco o Pock, mercantile ma anche capace di restare culturalmente agganciata all’Europa, deve molto alla voglia di educare che mi ha portato a farlo per le scuole. Trasformo in giochi la mia cultura, senza velleità letterarie.
Tornando alla musica, a parte il fratello che se la canta in allegria (Mauro Prandini, alias “Bombardato”) vedi qualcosa che intercetta i tuoi gusti?
Mi cogli un po’ impreparato, sono monotematico negli ascolti e questo è il periodo della musica angolana. È così da sempre: ho cominciato da ragazzo con la musica celtica, il che ha condotto alla prima formazione di genere a Bolzano, i Nevera, con Gabriele Muscolino e Francesco Brazzo, poi è stata la volta del son cubano e il gruppo con Giorgio Cappelletto e Gigi Grata si chiama Los Guaracheros, infine la musica lusofona che abbraccia l’ampia fascia geografica che canta in portoghese. Qui il combo si è chiamato Luson.....
[Daniele Barina]