Westbound, quarant’anni di solidarietà
La band fondata da Toni Pizzecco continua a suonare per scopi benefici
Chi non conosce i Westbound? O la Westbound, se pensiamo a loro non come gruppo ma come banda, orchestra, famiglia allargata.
La creatura messa in piedi dal chitarrista e cantante Toni Pizzecco, classe 1952, calca i palchi da quattro decadi, ha all’attivo 11 album, è una delle protagoniste indiscusse della Liederszene locale, unisce da sempre in platea gente di ogni età, estrazione sociale e lingua, turisti compresi. Niente male per essere una cover band. Il segreto sta nell’organizzazione che non lascia nulla al caso, ma soprattutto nella scelta di un repertorio che è sempre in grado di fare nuovi proseliti.
Il Tirolo e la Baviera, al di fuori delle festine di paese, sono lungi dal nostro immaginario e prioritari restano ancora gli States, i grandi orizzonti e le imprese folli o impossibili che erano nel DNA dei pionieri di questa terra. Westbound, coerentemente, è sì una dichiarazione d’amore direzionata in musica verso la West Coast americana ma sottende l’altissimo fine di riunire medici, operatori sanitari o semplici volontari, nella ciclopica missione di aiutare popoli bisognosi nell’attuazione di un diritto alla salute per noi pacifico ma altrove tutto da inventare. Costruendo o risanando ospedali, orfanatrofi, scuole, finanziando acquisti di farmaci e strumentazione medica.
Il Covid-19 ha imposto purtroppo l’annullamento del tour estivo 2020, Building Bridges to Optimism, che era mirato al sostentamento dell’ospedale etiope di Attat. E così tutti ci sentiamo in dovere di contribuire in altra maniera alla causa dell’associazione onlus Medici dell’Alto Adige per il Mondo (www.world-doctors.org/it/donazioni.html), alla quale è interamente dedicata l’attività concertistica di Toni Pizzecco, di sua moglie Gabi Janssen (medico anche lei) che l’accompagna al basso e delle loro figlie Victoria e Alexandra.
Quando a Enzo Jannacci chiedevano quale fosse la sua professione, rispondeva: il medico. E tu?
Io direi la stessa cosa, il resto si fa per passione…
Buiding bridges to optimism potrebbe essere il titolo giusto anche per il dopo pandemia?
È il titolo di una vita in un periodo in cui l’ottimismo è lontano. Il Coronavirus ci ha fatto capire quanto siamo fragili, così anche noi ci siamo cimentati nei concerti dal balcone, facilitati dal fatto che quattro componenti del gruppo appartengono alla stessa famiglia.
Come ti sei avvicinato alla musica: i Country Riders sono la tua prima esperienza?
Sì, ho iniziato con il country-western. Sognavamo la California, gli Eagles, CSN&Y, Jackson Browne, cose che sembrano non tramontare nemmeno tra i più giovani. Su impulso delle mie figlie abbiamo aperto il repertorio anche ad artisti più recenti come Ed Sheeran, per dirne uno visto che è tutto un proliferare di nomi nuovi. Ai nostri tempi invece con l’ultimo disco dei Led Zeppelin vivevi un anno...
Mi sembra che Westbound in realtà sia poi sempre stato un collettivo aperto…
Ci siamo sempre visti come un treno su cui si monta tutti, poi magari uno scende e fa la sua strada. Bruno Festini, Andrea Maffei, Werner Bauhofer, Claudio Pisoni, Manfred Schweigkofler, Georg Mc Anthony, Barbara Zanetti, Doris Warasin, sono stati solo alcuni dei nostri compagni di viaggio.
Ricordo un concerto in piazza Walther a Bolzano con il chitarrista blues Enrico Micheletti, ora dedicatario di un libro di Paolo Carnevale appena pubblicato...
Enrico ha suonato 5 o 6 mesi con noi. Ne eravamo ammirati e a lui piaceva il country come a noi. Ci metteva la sua chitarra che era sempre diversa, era un buonissimo ascoltatore e sapeva adattarsi a ogni situazione.
L’associazione Medici dell’Alto Adige per il Mondo è molto attiva in Etiopia o sbaglio?
È lo Stato dove siamo più presenti. Lì dove abbiamo iniziato siamo rimasti contenti di poter aiutare. La bottiglia è ancora piena, ovvio che se non hai niente non puoi dare. Ci consideriamo un braccio lungo dell’Alto Adige benestante.
Cosa pensi di Gino Strada?
Un grande che ha dato un taglio alla sua vita per fare qualcos’altro. Uno che ha coraggio da vendere, visto che lui opera in zone di guerra.
Anni fa hai promosso per beneficenza una bellissima all star band dedicata a Bob Dylan: hai sentito il disco appena uscito e, soprattutto, hai finalmente imparato il testo di Blowin’ in the wind?
Il miglior Dylan degli ultimi 15 anni! Ha una gran band e anche come voce è un qualcosa di assolutamente nuovo, non ha più quel rantolo cui ci eravamo dovuti abituare negli ultimi tempi. Quanto a quella mia versione del suo pezzo cui tu ti riferisci, è capitato che uscendo da solo sul palco del Carambolage ho sbattuto sulla steel guitar di Vinatzer e ho perso mezzo tono su una corda che non ho più potuto toccare per tutta l’esecuzione, cosa che mi ha distratto e mi ha fatto confondere sulle parole...
Con te attualmente nei Westbound ci sono Walter Nogler (voce e chitarra), Victoria Pizzecco (voce e chitarra), Alexandra Pizzecco (voce, piano, accordeon), Mattia Mariotti (chitarra elettrica), Philipp Trojer (voce e chitarra elettrica) Marino Sartin (keyboard), Gabi Janssen (basso) e Christian Wurz (batteria): com’è che tra tutti non riuscite a concentrarvi maggiormente su composizioni originali?
Mi godo troppo ad arrangiare canzoni di altri in modo differente, sono fatto così...
[Daniele Barina]