La scuola pittorica della Val Passiria
Fino al 22 novembre a Castel Tirolo la mostra che celebra gli artisti locali
Terra di confine, di scambio, d’ispirazione e di multiforme ingegno, l’Alto Adige ha saputo nei secoli assimilare e rivisitare con cifra personale quanto appresso dai “vicini” meridionali e settentrionali. In questo solco si colloca la scuola pittorica passiriana, che, tra il 1719 e il 1845, realizzò numerose opere per i tanti luoghi di culto della valle e del suo circondario.
A questa prolifica realtà, agli artisti che l’animarono e alle influenze che ne determinarono lo stile è dedicata la mostra Augusta e Venezia – La Scuola pittorica della Val Passiria, che sarà visitabile a Castel Tirolo fino al 22 novembre. Delle ottanta opere esposte, la metà sarà ammirabile anche nella versione on line dell’esposizione, alla quale si può accedere dalla pagina www.schlosstirol.it/it/. Ne parliamo con Hanns-Paul Ties, curatore della mostra.
Tra Augusta e Venezia, passando per la Val Passiria: come si potrebbe raccontare questo ponte? Quali caratteri hanno le influenze arrivate da nord e sud?
La produzione dei pittori attivi e formatisi in Val Passiria era essenzialmente caratterizzata dal loro orientamento culturale verso i grandi centri dell’arte barocca. Esattamente come Nikolaus Auer, il fondatore della bottega pittorica a San Martino, anche i suoi allievi più talentuosi, Johann Evangelist Holzer e Joseph Haller, si recarono ad Augusta per perfezionare la loro formazione. Auer, per esempio, non si limitò a seguire Johann Georg Bergmüller, il suo maestro di Augusta, sotto il profilo stilistico, ma attinse più volte alle invenzioni pittoriche di quest’ultimo sia dal punto di vista della composizione sia da quello del repertorio di motivi. Johann Benedikt, figlio di Nikolaus Auer, invece, apprese a Venezia la tecnica dell’incisione su rame.
Come hanno saputo i maestri passiriani trovare una personale sintesi degli insegnamenti appresi nelle botteghe lontane da casa?
Una sintesi delle ispirazioni tratte ad Augusta è riscontrabile nei dipinti e affreschi di Joseph Haller, il più importante dei nostri artisti barocchi. Gli schietti rimandi di Haller allo “stile accademico viennese” potrebbero essere spiegati con la sua attività di garzone sotto la guida del pittore Franz Sigrist, stabilitosi ad Augusta dopo aver studiato a Vienna. La particolare intensità luminosa e la brillantezza coloristica dei dipinti di Haller, invece, potrebbero discendere dalle esperienze che il pittore aveva maturato nel campo della pittura su vetro inversé, tecnica in voga ad Augusta nel tardo Barocco. L’energico chiaroscuro e le figure in ombra in primo piano, infine, rimandano al confronto con i seguaci di Rembrandt della Germania meridionale.
Qual è l’importanza di una figura come Michael Winnebacher?
Winnebacher, curato di Moso e di altre località dell’Alta Val Passiria dal 1687 al 1742, è una personalità di spicco tra i sacerdoti tirolesi di età barocca. Essendo un grande amante dell’arte quale “servitrice della religione”, molto probabilmente fu Winnebacher a invitare prima il pittore Nikolaus Auer e qualche anno più tardi lo scultore Anton Ferner a trasferirsi a San Martino in Passiria per aprirvi le loro botteghe. Inoltre, il curato di Moso fu un prolifico poeta e traduttore dal latino al tedesco di scritti religiosi. Addirittura non è escluso che padroneggiasse persino l’arte del disegno – a lui sarebbero riconducibili le enigmatiche immagini in un manoscritto emblematico sul mistero dell’Immacolata Concezione di Maria.
C’è una personalità che ritiene particolarmente emblematica tra quelle prese in considerazione?
Il più importante allievo uscito dalla Scuola pittorica della Val Passiria fu Johann Evangelist Holzer, nativo di Burgusio. Diversamente da Nikolaus Auer e Joseph Haller, dopo la formazione ad Augusta Holzer non tornò in Alto Adige, ma rimase nella città imperiale sveva divenendo uno degli artisti più celebri della Germania meridionale. Realizzò dipinti a olio, affreschi e opere grafiche nelle quali si fondono una straordinaria maestria tecnica e una rara capacità di “invenzione”, per arrivare a un’interpretazione autonoma e fantasiosa anche dei temi più tradizionali. Ad essere elogiati sia dai suoi colleghi artisti sia da scrittori quali Goethe e Winckelmann furono innanzitutto i suoi affreschi, tra i quali figurano le perdute decorazioni di carattere profano sulle facciate di una serie di edifici ad Augusta.
Le restrizioni imposte dal Coronavirus vi hanno portato a creare un percorso espositivo virtuale. Quali opportunità offre questo spazio digitale?
Secondo me un percorso espositivo virtuale può essere un utile mezzo aggiuntivo per fornire informazioni preliminari alla visita di una mostra. Inoltre, essendo consultabile da tutto il mondo, consente anche a chi, per ragioni meramente geografiche, non è in grado di visitare la mostra reale, di conoscere in modo approfondito il fenomeno artistico in questione. Dall’altra parte, non essendo in grado di riprodurre l’“aura” e la materialità delle opere d’arte originali, un percorso espositivo virtuale non potrà mai sostituire una mostra reale. Ciò accade in parte anche nella versione digitale della nostra mostra, realizzata piuttosto in fretta durante il periodo del lockdown primaverile: le fotografie dei dipinti sono prive di cornici e non vengono riprodotte le differenze di dimensioni, talvolta notevoli, tra le singole opere.
[Mauro Sperandio]