La scuola trova spazio in aula e al museo
A Rencio una mostra permanente racconta la vita scolastica del passato
Da ormai un mese gli studenti altoatesini sono tornati tra i banchi di scuola. Distanziamento, mascherina e gel disinfettanti sono diventati una prassi nella vita scolastica odierna, destinata a diventare storia ed oggetto di racconto per le generazioni future. Da cosa era caratterizzata, però, la scuola frequentata dai nostri avi?
Il Museo della scuola – Schulmuseum della città di Bolzano risponde a questa domanda offrendo un percorso espositivo ricco di cimeli e oggetti appartenenti all’uso quotidiano di studenti ed insegnanti di un tempo. Istituito nel 1993, il museo è unico nel suo genere in Italia: erede della tradizione mitteleuropea, collabora con oltre 300 musei della scuola aperti in Europa e nel mondo. Da febbraio 2015 l’esposizione permanente di Bolzano ha ottenuto una nuova sede presso il Lamplhaus a Rencio, un edificio rinascimentale che tra 1885 e 1928 ospitava la locale scuola elementare.
Attraverso le raccolte del museo, il visitatore è chiamato a ricostruire veri e propri percorsi della memoria in cui si intrecciano esperienze personali e di storia collettiva. Arredi storici, foto, pagelle, quaderni, registri e un gran numero di strumenti didattici: tutto ciò che è possibile osservare all’interno del museo celebra la vita, i sentimenti e le avventure di chi a scuola si sedeva tra i banchi e di chi, invece, da dietro la cattedra animava le lezioni munito di bacchetta. Il risultato? Un’affascinante ricostruzione del cammino dell’istruzione, della formazione e dell’educazione sul territorio. Dall’Impero asburgico, passando per l’Italia fascista, fino all’Alto Adige dei giorni nostri.
Quando la matematica si chiamava “Far di conto” e l’importanza della calligrafia veniva esemplificata con quaderni di bella e brutta copia, anche gli strumenti utilizzati da nonni e bisnonni a scuola differivano da quelli dei giorni nostri. La comune biro era un elegante pennino intinto nell’inchiostro del calamaio, gli strafalcioni di ortografia o di calcolo non venivano cancellati dalla gomma ma da un tampone assorbente, mentre il coperchio degli astucci in legno svolgeva anche la funzione di righello.
Qualsiasi cimelio esposto custodisce informazioni sugli usi del passato, sulla situazione economica delle famiglie e sull’evoluzione di tecnologie e materiali degli strumenti didattici utilizzati. A contornare le mura delle aule erano spesso i cosiddetti “tabelloni didattici”, veri e propri cartelloni ricchi di immagini e didascalie utilizzati per l’insegnamento di argomenti e ambiti disciplinari specifici. All’interno del museo ne sono custoditi 800 esemplari. Tra questi figurano materie ormai non più insegnate come educazione morale e zoologia, e altre che magari torneranno di moda come educazione sanitaria.
A valorizzare il museo è poi l’archivio fotografico: oltre 800 scatti gettano uno sguardo sulla quotidianità della vita scolastica del territorio alpino a cavallo tra Otto e Novecento, con approfondimenti tematici specifici che completano l’esperienza del visitatore, alimentandone la giusta dose di curiosità. Su tutti la questione linguistica altoatesina (in particolare durante il fascismo con la creazione delle segretissime Katakombenschulen da parte degli abitantii di madrelingua tedesca) e il tema delle severe punizioni, ingrediente fondamentale dell’apprendere e dell’educare di un tempo.
Inoltre, il Museo della scuola richiama l’interesse non solo di studenti ed insegnanti. Negli ultimi anni, infatti, ha prestato strumenti e materiali che hanno contribuito ad allestire mostre sul territorio o addirittura set cinematografici, come nel caso di “Volevo nascondermi”, pellicola di Giorgio Diritti dedicata alla vita del pittore Antonio Ligabue.
Durante il periodo di lockdown, lo staff del museo ha intrapreso un paziente lavoro di risistemazione di archivi e depositi. Presto la struttura riaprirà ai visitatori, che potranno così scoprire affinità e differenze col mondo scolastico di oggi. Nell’attesa che la scuola ai tempi del Covid diventi storia. (Ha collaborato la ripartizione Servizi culturali del Comune di Bolzano).
[Fabian Daum]