Prove generali di una strage misteriosa
L’attentato di Piazza Fontana ricostruito dal giornalista Paolo Morando
Paolo Morando non vuole raccontare quello che è già stato affrontato, bensì ama scavare a fondo, trovare aspetti nuovi e vicende che tutti hanno dimenticato.
Il giornalista Paolo Morando ci racconta, col suo libro inchiesta “Prima di Piazza Fontana – La prova generale” (Laterza, 2019), la strategia e le verità nascoste dietro a uno degli attentati più drammatici della nostra storia. Dalla nascita della macchinazione anti-anarchica ad altri elementi nuovissimi, di cui lo stesso giudice Guido Salvini, massimo conoscitore della vicenda, non aveva mai sentito parlare.
Morando, cosa l’ha spinto a scrivere questo libro-inchiesta?
Sono da sempre molto appassionato all’intera vicenda di Piazza Fontana. Ho sempre letto molti libri a riguardo, praticamente tutti, e ho sempre avuto l’esigenza di voler comprendere, capire di più, scavare per arrivare il più vicino possibile ai fatti reali. Lavoravo a Verona nel 1995, quando ci trovammo ad avere a che fare con questa faccenda. Sui giornali riesplose l’inchiesta, visto l’arresto del veronese Sergio Minetto con cui è partito l’ultimo procedimento per la strage di Piazza Fontana. Poi nel 2012, l’anno in cui uscì il film “Romanzo di una strage” (diretto da Marco Tullio Giordana) ebbi l’occasione di parlare con Paolo Faccioli, arrestato nel 1969 assieme ad altri cinque ragazzi, ritenuti responsabili di una ventina di attentati particolarmente gravi: soprattutto quelli del 25 aprile 1969 alla Fiera campionaria e alla Stazione centrale di Milano che segnarono l’inizio di una serie di attentati che sarebbero poi culminati con la strage di Piazza Fontana, bombe che anni dopo la giustizia attribuirà invece con sentenza definitiva ai neofascisti veneti Franco Freda e Giovanni Ventura e alla destra eversiva di Ordine Nuovo. Parlammo tutta la notte e uscii da casa sua con una serie di carte e di libri sulla vicenda. A quel punto non potevo non continuare la mia indagine.
Quale è stato l’elemento decisivo nella fase di ricerca? Come si è mosso?
L’elemento più importante sono senza dubbio gli atti relativi al processo del 1971, che includono tutti gli interrogatori, gli ordini d’arresto e le perizie, su cui si era basato il processo, depositato all’Archivio di Stato a Milano. Era un faldone di dodicimila documenti a cui avevano messo mano avvocati e giudici cinquant’anni prima. Per fortuna avevano da poco digitalizzato tutto e anziché dover consultare 12 mila carte in chissà quante giornate all’Archivio di Stato di Milano, me ne sono uscito con una chiavetta Usb. Ciò nonostante ho dovuto comunque spulciare tutto il materiale.
Ha avuto modo di parlare anche con testimoni diretti?
Sì, con quelli ancora in vita. Ho cercato tutti i testimoni che furono processati e una volta raccolte tutte le testimonianze mi sono dato da fare con gli articoli dei giornali. All’epoca la stampa aveva seguito in maniera massiccia la vicenda e lo stesso Paolo Faccioli mi diede tutti i ritagli di giornali della vicenda, che aveva, diligentemente, ritagliato sua madre. Si tratta di articoli apparsi su La Stampa, Il Corriere della Sera, Il Giorno, L’Unità e L’Avanti, ritagli di tutte le udienze e le notizie durante l’inchiesta.
Quanto tempo ha impiegato a scrivere il libro? Ha un suo metodo particolare?
La ricerca è durata anni, mentre la stesura del libro, in effetti, non è durata più di tre mesi. Di certo comincio col leggere tutto quello che è stato scritto sull’argomento, per poi distanziarmene. Dopo comincio con la fase di ricerca e soprattutto la ricerca di cose nuove, per poi approfondire la questione.
Ci racconti il dietro le quinte dei suoi libri. Come sceglie un certo argomento?
Il primo libro, “Dancing Days” edito da Laterza, parla della fine degli anni ‘70, di quando gli italiani che sognavano la rivoluzione si accontentano di essere felici o, più modestamente, di divertirsi, di andare a ballare la sera, il consumismo insomma, nemico giurato del ‘68, stava per stravincere la partita, e ho iniziato a scriverlo su consiglio di un mio collega, che aveva scritto un libro sul ‘77 e quando io gli dissi che avrebbe dovuto scriverne uno sulla fine degli anni ‘70 lui mi rispose: Perché non lo fai tu? Il secondo libro invece, “’80. L’inizio della barbarie” (sempre edito da Laterza), è un po’ il seguito del precedente e parla degli anni Ottanta: gli anni dell’edonismo, dell’arricchimento, quando eravamo un Paese invidiato da mezzo mondo. Come scelgo gli argomenti? In generale mi piace portare a galla fatti di cui nessuno ha mai parlato. Scrivere ciò che è già stato scritto non ha molto senso.
Al momento sta lavorando a qualcosa? Può darci un’anticipazione?
Sto lavorando a qualcosa, sì, chiaramente si tratta sempre di un argomento che per ora non è ancora stata affrontato e quindi non posso davvero dire nulla. Ma visto che insiste, posso dire che è un’altra mia ossessione e ho deciso di affrontare il tutto in modo eccentrico e in modo diverso...
[Matthias Graziani]
CHI È PAOLO MORANDO
Paolo Morando, giornalista, vive e lavora a Trento dove è vice-caporedattore del quotidiano “Trentino”. Ha insegnato giornalismo all’Università di Verona e per le edizioni Laterza è autore di “Dancing Days 1978-1979. I due anni che hanno cambiato l’Italia (2009)”, “L’inizio della barbarie (2016)” e “Prima di Piazza Fontana. La prova generale (2019)”