Con Paolo Gastaldo rivive la mitica “Eule”
Lo storico dj della taverna sul Renon oggi mixa al Sudwerk del Ca’ de Bezzi
“Mi ricordo che alla Eule di Soprabolzano arrivavano le teste calde, italiane e tedesche, proprio per provocare: per le prime ero un venduto e per le seconde un intruso, però subito si alzavano gruppetti di avventori d’entrambe i ceppi linguistici che intimavano loro di non rompere le palle a Paolo o di andarsene altrove…” (Paolo Gastaldo)
Chi ha vissuto la morigerata movida bolzanina sviluppatasi tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso ricorda di certo il dj Paolo Gastaldo, deus ex machina della trasformazione della taverna Eule sul Renon in una delle discoteche predilette dagli abitanti del capoluogo, e in laboratorio di una convivenza ancora frenata da mai sopiti revanscismi. Il poco che c’era a livello d’intrattenimento vedeva infatti inevitabilmente fondersi insieme persone di lingua ed estrazione sociale differenti.
Oggi la cosa non dovrebbe più far urlare al miracolo, quanto piuttosto che il re della consolle riesca in qualche modo a ricreare l’atmosfera di quelle notti (fino a maggio 2020 ogni ultimo sabato del mese dalle ore 21) al Sudwerk di Bolzano, stavolta mescolando i ragazzi dell’epoca con le nuove generazioni.
Cosa del flair del mitico locale di Soprabolzano si perde al Sudwerk e qual è invece il valore aggiunto del locale annesso al Ca’ de Bezzi?
L’Eule era un porto franco, ci entravi e non c’era più differenza etnica. A riprova di ciò sta la regia del locale data a un padovano come me nel 1978. Spirits in the night di Springsteen è il primo pezzo che ho messo, non proprio ballabilissimo. Amavo il genere progressive e ne sono andato a caccia per tutti gli anni ’80: non era il ritmo che faceva ballare ma l’intensità della canzone, in pratica il contrario di oggi. Così però passavano anche capolavori come Vienna degli Ultravox! Premetto che la magia di quegli anni non saprei riprodurla neanch’io, era una cosa senza forma, aleatoria e immateriale, perché strettamente connessa alla cultura che ho sempre cercato e cerco ancora di fare anche al Sudwerk. Che comunque ha qualcosa dell’Eule, perché tra il suo pubblico ho sentito le corde vibrare anche andandoci da spettatore.
In più qui possiamo apprezzare il tuo upgrade a VJ (video-dj): gli sfondi li affidi a creativi o passa la clip del pezzo che si sta ballando?
In Italia penso di essere l’unico che fa il missaggio video, una cosa talmente rara che non c’è nemmeno la Siae sui prodotti. Gli avventori si trovano a ballare guardando i video originali o le riproduzioni dal vivo delle canzoni in scaletta. Rock e pop di qualità che manco ci s’immagina esistano ancora, vera musica da concerto: in pratica ti vedi gli U2 andando a ballare. Più difficile è invece che io usi sfondi diversi...
Per te però è un lavoraccio...
Già procurarsi tutti i video originali, quelli dei concerti o dei film se per esempio vuoi mettere su i Blues Brothers non è uno scherzo. Poi il lavoro di preparazione è enorme e ti costerebbe parecchio farlo fare da qualcuno, perché non puoi usare gli originali con il menu e devi riversarli su dvd, ognuno da 3 o 4 pezzi al massimo se no s’inchiodano: e così io ne ho cinquecento...
Apprezzi le nuove tendenze o la valenza del vecchio repertorio è imbattibile?
Metto su rock, pop e disco di qualità, quella pubblicata nel biennio ’76 /’77, soul classico tipo Stevie Wonder o i Commodores. Spazio da Presley ai Foo Fighters, i Linkin Park o i Green Day se vuoi qualche nome più recente. Oggi in effetti non c’è molto di veramente nuovo e dunque anche i giovani ti chiedono il vecchio rock, tipo Riders on the Storm dei Doors. Se esce comunque un pezzo che mi convince, come quello di Bruno Mars un paio d’anni fa, lo metto in repertorio, così come quelli di artisti che tendenzialmente non mi piacciono, come L’ombelico del mondo di Jovanotti o La isla bonita di Madonna. Il piacere che i giovani apprezzino fa dimenticare il problema di non riuscire ad arrivare ai luoghi dove loro si trovano.
Da dj a vj, da programmatore informatico impegnato anche nella scuola digitale a scrittore: una vita movimentata?
Nel 2017 ho dato alle stampe con un editore on line “Il viaggiatore. Destinazione conosciuta”, che con la scusa del fantasy è un’analisi dell’animo umano, un libro d’introspezione forse un po’ difficile. Si trova con l’audiobook a Bolzano in varie librerie, oltre che in Rete su Amazon, Ibs e altri. In primavera uscirà il mio secondo lavoro. La Scuola Digitale invece mi ha deluso: i ragazzi delle superiori erano entusiasti di programmare e aggiornare i contenuti da soli, ma dopo 7 anni mi sono fermato per mancanza d’insegnanti interessati alla cosa. Spero non sia perché non sono laureato...
[Daniele Barina]