Al Don Bosco la parola d’ordine è comunità
Il centro di promozione sociale di Laives coinvolge giovani, anziani e famiglie
“La comunità ci manca”. Questa è la frase con cui il sociologo polacco Zygmunt Bauman iniziava il libro “Voglia di comunità”. Parole che mai come ora ci sembrano azzeccate, soprattutto per il Centro Don Bosco di Laives che da quasi 40 anni promuove la socializzazione e lo sviluppo del senso di comunità e appartenenza nella cittadina altoatesina.
Gestito dall’omonima associazione, il Centro Don Bosco nasce come centro parrocchiale in cui svolgere principalmente corsi di catechesi e attività ludiche per bambini. Nel corso degli anni, l’associazione sviluppa sempre più un’identità propria con la volontà di contribuire al bene non solo dei più giovani, ma dell’intera comunità laivesotta. Ne consegue un aumento dell’offerta di attività ed iniziative che hanno portato oggi il centro a focalizzare l’attenzione su 5 settori: giovani, anziani, famiglia, biblioteca e cultura.
“Tutto ciò che può sviluppare e migliorare le condizioni sociali e culturali della comunità - afferma Florian Thaler, membro dal 1999 e oggi responsabile delle attività giovanili dell’associazione - è di casa al Don Bosco . Proponiamo iniziative culturali che vanno dalla lirica al teatro d’improvvisazione, oltre a proiezioni cinematografiche, arte e concerti. Offriamo spazi d’incontro pomeridiani per adolescenti e ragazzi, con annesso servizio di assistenza scolastica e aiuto compiti, mentre ai soci più anziani dedichiamo un circolo ricreativo con corsi di ballo e ginnastica. Sono rivolti alle famiglie invece i servizi di assistenza all’età prescolare, oltre a conferenze e percorsi formativi a sostegno della genitorialità e della vita familiare. Senza dimenticare la nostra biblioteca, unica ad essere pubblica in lingua italiana a Laives e centro di sistema per la rete bibliotecaria della Provincia”.
Tutto questo implica un grande sistema organizzativo, costituito soprattutto da volontari. Difatti, oltre al personale dipendente che cura quotidianamente la gestione delle attività continuative, sono circa 150 i volontari del Don Bosco, compreso il direttivo.
“Il volontariato è un’esperienza che cambia la persona. Siamo una scatola che deve essere riempita di idee, che accetta il contributo di nuovi volontari e che pone al centro la relazione interpersonale, quotidiana e continuativa con gli altri. è bello fare un progetto che abbia un inizio e una fine, ma allo stesso tempo è molto gratificante constatare il contributo che puoi offrire ogni giorno nel percorso di crescita di una persona”.
Numerosi sono i progetti promossi e seguiti dall’associazione. Tra questi vi è il servizio territoriale integrato di sostegno alla famiglia che, in collaborazione con lo Jugendzentrum Fly di Laives, offre da 10 anni attività di accompagnamento mensa e aiuto compiti per circa 200 bambini. Altro grande appuntamento tra i più attesi dai ragazzi è il campo tenda estivo a San Lugano, giunto alla 70ª edizione. Purtroppo entrambe le iniziative, così come molte altre, sono state sospese se non addirittura cancellate per l’emergenza Covid-19. Tuttavia, a caratterizzare una comunità è un insieme di individui che condivide uno stesso ambiente, sia esso fisico o tecnologico.
“Il Coronavirus ci ha costretti a sperimentare le piattaforme social, un mondo da noi poco utilizzato prima dell’epidemia. I nostri operatori si sono attivati pubblicando ogni giorno tutorial, video didattici e piccoli spunti di riflessione. La biblioteca ha rinforzato i prestiti online, mentre per i nostri amici anziani abbiamo dedicato un servizio di compagnia telefonica, per chiacchierare, ascoltare le loro preoccupazioni e dar loro supporto. Si è rivelata una sfida molto interessante e quando si tornerà alla normalità, i social continueranno ad essere uno strumento importante per fare comunità”, conclude Florian Thaler.
Sfide per il futuro? Oltre alla riapertura in massima sicurezza, integrare chi da pochi anni vive a Laives nell’associazionismo locale, spesso troppo radicato nelle comunità storiche di lingua italiana e tedesca. In questo modo, ogni individuo si sentirà parte di qualcosa e non proverà più la mancanza di comunità.
[Fabian Daum]
TUTTO COMINCIÒ IN BARACCA DI LEGNO
Durante la seconda guerra mondiale arrivò a Laives don Luigi Simoni, giovane ed intraprendente sacerdote trentino. Oltre all’attività parrocchiale, don Luigi si prodigò nell’instaurare un rapporto confidenziale e di fiducia con la comunità italiana locale, soprattutto con i più giovani che coinvolse con attività ludiche e di formazione attorno ad una baracca in legno. I successi della sua iniziativa, portarono qualche anno dopo il giovane sacerdote a costruire un nuovo insediamento (sempre in legno) in un terreno più ampio di proprietà dell’ O.D.A.R. Quella casetta, denominata Don Bosco, divenne poi il 6 febbraio 1982 il Centro Don Bosco, gestito dall’anno successivo dall’omonima associazione. Le attività proposte da don Luigi Simoni e dall’associazione divennero punto di riferimento e di identità della comunità di lingua italiana prima e di tutta Laives successivamente.