Red Canzian, al Kursaal per beneficenza
Il bassista dei Pooh in concerto il 10/12 con la Merano Pop Symphony Orchestra
Si divide tra la provincia di Treviso e, nelle stagioni più tranquille, la Val Badia, ma certo non capita tutti gli anni di poterlo vedere dal vivo in Alto Adige in un lasso così ristretto di tempo: il 30 novembre a Bolzano con il musical dedicato alla figura di Casanova e poco dopo con un concerto benefico (a favore del Gruppo Missionario Merano) insieme alla Merano Pop Symphony Orchestra diretta da Roberto Federico e al Coro della scuola elementare “Deflorian”.
Parliamo di una leggenda della musica italiana come Red Canzian: i Pooh si sono sciolti ormai nel 2016, un ritorno della band pare impossibile a maggior ragione dopo la morte di Stefano D’Orazio e lui, superata una terribile infezione, può finalmente tornare a fare ciò che ama. Proprio per questo la data meranese al Kursaal del 10 dicembre (ore 20.30, prevendita al Kurhaus o su www.ticket.bz.it, info: www.merano.eu) costituisce una buona occasione per rivivere le emozioni legate a qualche canzone dello storico gruppo che andrà a intrecciarsi con la produzione originale del bassista, tre album all’attivo, restituendo così la trama completa di una carriera straordinaria.
Raccontaci come sei arrivato ai Pooh, a rimpiazzare Riccardo Fogli, venendo da un gruppo di rock sperimentale come i Capsicum Red: il tuo nome d’arte deriva da quell’esperienza?
Esatto: con loro avevamo fatto i grandi festival pop da Re Nudo a Caracalla e poi inaspettatamente sono arrivati i Pooh. Pensa che io non suonavo nemmeno il basso ma la chitarra, venivo da un mondo completamente diverso e c’erano mille motivi per cui loro avrebbero potuto non essere interessati a me, ma alle volte la vita decide per noi e si vede che doveva andare così.
Da giovane l’addio al progressive per abbracciare un genere nazionalpopolare: quanto ti è pesato?
All’epoca non è che i Pooh fossero così nazionalpopolari, quando sono entrato io stavano lavorando alle registrazioni di Parsifal, un album prog, per cui il passaggio dal genere che facevo prima è stato piuttosto indolore. Si trattava comunque di ottimi musicisti con cui condividere un percorso molto interessante, con la possibilità grazie al successo di usufruire di sale d’incisione che erano il numero uno, di orchestrali bravissimi, arrangiatori, manager. Insomma si potevano fare le cose in grande, ovviamente mettendoci tanto impegno: credo che abbiamo fatto un miracolo a riempire gli stadi con le canzoni d’amore degli Anni Settanta, dando tra l’altro grandi spettacoli che poi hanno fatto scuola per tutti.
Con la Fondazione Q ti sei poi dedicato a coltivare senza fini di lucro giovani promesse della musica...
Purtroppo la fondazione è ferma al momento per l’atavica mancanza di fondi patita da progetti di nicchia come quelli che intendeva portare avanti ma che, evidentemente, piacevano solo a me, alla critica e agli esperti. A praticare quella strada ti trovi subito superato da chi fa i talent e beneficia di produzioni con cui tu non puoi competere.
Dunque ai giovani aspiranti artisti non resta altro che tentare la via dei talent show?
Con il talent è come all’Enalotto: uno vince e 60 milioni di altri restano indietro, ma personalmente non affiderei la mia vita a un concorso nemmeno se lavorassi alle Poste. Si iscrivono decine e decine di ragazzi e solo uno corona il suo sogno. Credo sia più importante studiare, lavorare, crederci, nel caso della musica studiare, mentre in giro mi pare di sentire tanto rumore. Io suono tanti strumenti tutti appresi da autodidatta, anche se nel tempo ho avuto modo di conoscere la musica e posso farti qualunque accordo tu mi chieda. Sentendo come si esprimono certi giovani, osservando il lavoro degli attuali tecnici di sala e dei loro produttori, oggi c’è invece da mettersi le mani nei capelli.
Il tuo musical Casanova Operapop sta riscuotendo molti consensi: com’è nato il progetto?
Ho letto il libro di Matteo Strukul Giacomo Casanova – La sonata dei cuori infranti e l’ho trovato una sceneggiatura perfetta per il musical che da anni avevo in mente senza trovare uno sbocco in termini di storie e accadimenti. Mi sono subito incontrato con l’autore, abbiamo fatto una sinossi dello spettacolo e il giorno dopo già scrivevo due ore e più di musiche inedite. Miki Porru ha curato i testi complimentato dall’autore per la capacità di sintesi (n.d.r.: il batterista altoatesino Phil Mer, figlio acquisito di Red, ha curato gli arrangiamenti), per un qualcosa che definirei, più che musical, un kolossal: 120 costumi realizzati dall’Atelier Nicolao di Venezia, le scenografie di Massimo Checchetto del Gran Teatro La Fenice, il Politecnico Calzatutiero della Riviera del Brenta ha fatto uno studio sulle scarpe del ‘700 e le ha realizzate, 21 attori sul palco tra ballerini e cantanti e almeno altrettanti tecnici dietro le quinte. Tra i tanti possibili caratteri storici di Casanova mi ha conquistato quello del libro che esula dal cliché del libertino impenitente per fare emergere l’uomo che si innamora perdutamente di una ragazza di 19 anni, mettendo in gioco per lei la propria vita.
[Daniele Barina]