Un nuovo thriller tra le Dolomiti
Matthias Graziani ha pubblicato per Mursia “La voce del crepaccio”
Novembre 1989, Alto Adige: le prime candide nevicate in un piccolo borgo della Val d’Ega si tingono di rosso. È il sangue delle vittime del leggendario Gletschmann. L’Uomo del crepaccio è tornato in azione.
Dopo i successi di Sottopelle (2016) e Quel che resta del peccato (2018), l’insegnante e giornalista Matthias Graziani pubblica per Mursia il suo terzo thriller dal titolo La voce del crepaccio. Un avvincente romanzo investigativo dall’intreccio minuziosamente descritto, i cui impavidi protagonisti danno vita a scene dal grande impatto emotivo. A fare da cornice a tutto questo, la maestosità delle Dolomiti, scenario straordinario in cui la relazione tra uomo e natura si fonde, accarezzando a tratti il mito e la realtà.
Matthias, questo è il tuo terzo thriller. Ci stai prendendo gusto con il genere...
Sono uno scrittore abbastanza eclettico, tratto più generi. Vado molto ad ispirazione e le mie ultime pubblicazioni sono thriller, genere che mi appassiona e rientra nelle mie corde. Mi ero però stufato della solita indagine condotta da detective o poliziotto che sia. Volevo qualcosa di diverso e che guardasse oltre, affrontando ad esempio il tema della crescita personale e del viaggio.
Ecco che scrivi quindi “La voce del crepaccio”. Come nasce quest’opera?
Di base, inizio sempre immaginando la scena iniziale. In questo caso sono partito proprio dalla figura del killer, il Gletschmann. Io sostengo sempre che è il cattivo a fare la storia, ovvero ciò che mette alla prova il protagonista. Quindi, ho creato il cattivo a livello emotivo, donandogli un’atmosfera, pensando alle azioni e ai comportamenti che lo caratterizzassero e al tempo stesso lo legassero al territorio. Di conseguenza sono nati poi i personaggi circostanti e la storia.
In che modo hai delineato il profilo del Gletsch-mann?
Volevo creare un cattivo degno del termine, ispirato agli Slasher Movies degli anni ’80. Penso a Leatherface di Non aprite quella porta, Michael Myers di Halloween, Jason di Venerdì 13. La paura ed il terrore da nutrire verso l’Uomo del crepaccio dovevano essere simili a quelli di questi personaggi. Allo stesso tempo volevo che avesse a che fare con l’Alto Adige. È nato quindi un personaggio figlio delle montagne, selvaggio, paragonabile alla figura di folklore del Krampus, che di fatto è un diavolo.
A differenza delle tue opere precedenti, in questo romanzo hai optato per un protagonista adolescente, il sedicenne Julian, ragazzo in grado di ascoltare le “voci” della montagna. Come è maturata questa scelta?
È maturata una volta che ho deciso di ambientare la storia a fine anni ‘80. Sono gli anni che ho vissuto con gli occhi, il cuore e la mentalità del ragazzino quale ero, attraverso amicizie, avventure e bravate varie. Creare il personaggio di Julian è stato un modo per rivivere quegli anni per come li ho conosciuti. Ai fini della storia era poi importante creare un protagonista adatto alla trama. La figura di Julian si contrappone bene a quella del Gletschmann.
Ti identifichi in Julian? O in altri personaggi?
In realtà in tutti e nessuno. Ho sicuramente più punti in comune con Julian rispetto a Karl Kastner, eroe di guerra e guardia forestale che accompagna il protagonista in un viaggio lungo le valli dell’Alto Adige, o a Lara Boschi, commissario che indaga sugli omicidi. In un romanzo, lo scrittore diventa attore perché interpreta vari ruoli. Nei personaggi c’è quello che non sono, quello che non sarò mai e quello che vorrei o potrei essere.
Dal punto di vista stilistico, invece, hai abbandonato la narrazione in prima persona, optando per una terza persona in tempo presente. Motivo della scelta?
La prima persona ha il limite di raccontare poco gli altri personaggi, se non da un unico punto di vista. Per questo romanzo l’obiettivo è di permettere al lettore di identificarsi con tutti i ruoli presenti. La terza persona faceva quindi al caso mio, con un narratore onnisciente che non si limita a raccontare la storia dall’alto, ma è molto esposto, si trova quasi catapultato in mezzo ai personaggi.
Ultima domanda, la più difficile: qual è la voce del crepaccio?
Qui rischio di imbattermi in grandi spoiler. Mi limito a dire che la voce del crepaccio è dentro ognuno di noi. Noi che amiamo la montagna, le Dolomiti e l’Alto Adige.
[Fabian Daum]