Riecco le isole minori dell’arcipelago rock
Durante il Covid la band altoatesina ha inciso il secondo album: Attorno a noi
Isole minori, emerse già da una quindicina d’anni nell’arcipelago della musica d’autore dolomitica, sono una formazione che si bagna nel vasto mare del rock senza privilegiarne un approdo particolare.
Il 2022 segna l’uscita del secondo album, conferma delle buone cose ascoltate nel primo: vale la pena parlarne con Stefano Petrungaro, autore dei testi, cantante e chitarrista, e Andrea Palaia, bassista, che con il resto del gruppo (il batterista Rino Cavalli e il chitarrista Nick Petricci) rimanipola le sue idee.
Partiamo dall’inizio?
Petrungaro: Il gruppo è nato quasi per scherzo una quindicina di anni fa per musicare i testi di un caro amico com’è Andrea Felis (ndr.: l’anima degli incontri del Cafè Philosophique bolzanino…), io stavo ancora dai miei e utilizzavamo la mia camera come studiolo, incidendo una sorta di protoalbum che non è mai circolato. Da lì si è aggiunto il batterista Rino Cavalli ed è arrivato il nostro primo cd Troppo Facile, seguito nel gennaio di quest’anno dall’ultimo Attorno a noi, entrambi con la cover art di mia sorella Giulia. Dobbiamo ancora presentarlo ma presto troveremo delle date per farlo.
Voi, da tre, ora siete in quattro: ancora dubbi anche sulla lingua in cui cantare?
Petrungaro: Finché non abbiamo trovato il fuoco ci siamo avvalsi di collaborazioni: nel primo disco si sente la mano di Stefano Bernardi con un editing elettronico concordato che, pur in mancanza di sintetizzatori cerca elaborazioni davvero particolari delle forme d’onda. Poi c’era Andrea Stona alle chitarre, parte dei testi erano ancora dell’amico bosniaco Deniz Zahiroviċ… Testi in bosniaco, in inglese e in italiano, anche Stefano conosce il serbocroato e potrebbe scrivere in quella lingua.
Palaia: L’incertezza effettivamente caratterizza il nostro progetto che consiste in una continua ricerca dunque con scarse certezze, anche a livello musicale e armonico. Il primo cd lo mostra con chiarezza avvalendosi di varie collaborazioni, nel secondo lavoro abbiamo trovato il tono attraverso il quale dire le nostre cose, ora con testi scritti interamente da me in italiano, facendo progressi anche nel creare il nostro suono complice l’ingresso in formazione di Nick Petricci alla chitarra elettrica.
Volete dirci dei vostri contatti passati con l’arte figurativa e la videoarte?
Petrungaro: 10 canzoni x 10 colori ha proposto ad altrettante formazioni musicali e pittori di collaborare: ogni brano era abbinato a un quadro, furono allestiti dieci palchi in piazza della Mostra a Bolzano con i gruppi che attaccavano uno dopo l’altro con la finalità d’inviare il ricavato dello spettacolo alle donne di Srebrenica. Altra esperienza bellissima l’abbiamo vissuta in una chiesa sconsacrata in Campo Santa Margherita a Venezia. Ci eravamo dati dei canovacci rispetto alle opere di Svetlana Boym proiettate, con l’idea di farsi trasportare dalla situazione e dipingere musicalmente quello che vedevamo. Sarebbe da riproporre, stanno facendo cose simili due jazzisti badioti come Phil Mer e Andrea Lombardini che sotto il nome di The Framers musicano dipinti.
Dall’osservatorio delle isole minori cosa avete visto in questi anni e che tipo d’impegno esige?
Petrungaro: Colgo l’occasione per parlare dell’ultimo Attorno a noi, il cui titolo pensato durante il Covid vorrebbe alludere a questo sguardo un po’ lontano dalla costa cui s’ispira anche il nome isole minori, quasi un allontanarsi dai fenomeni per comprenderli meglio.
Palaia: Cerchiamo di divertirci ovviamente ma pure di dire qualcosa. Ci proviamo nei contenuti avvalendoci della posizione privilegiata di isola minore che ci permette d’invitare qualche amico a venire a conoscerla oppure a noi di raggiungere in breve il continente, quello sul quale a distanza riflettiamo criticamente per poi staccarcene di nuovo e meditarci sopra. Sicuro comandante, canzone iniziale del nuovo album, è una critica a quelli che guidano le comunità di cui facciamo parte senza interrogarsi sugli interessi della gente comune ma facendo solo i propri. È diventata una instant song di tragica attualità anche se era scritta prima della guerra.
Che genere di musica ritenete di fare?
Petrungaro: Faccio mia una battuta di Stefano e Rino uscita in un’intervista radiofonica: gireremmo la domanda a te...
Potrei parare il colpo dicendo indie, cioè tutto e niente, ma dirò rock vagamente Anni ’80…
Petrungaro: Nutro suggestioni trasversali rispetto ai generi, macinate e rimescolate che si fa fatica a ricondurle a uno soltanto. Fanno parte del tuo patrimonio genetico quasi fossero tue. Amo Niccolò Fabi, Ivano Fossati, Lucio Dalla, Samuele Bersani, i cantautori classici: i miei bimbi sentono Rovazzi e, limitatamente ad arrangiamento e produzione, per me è uno stimolo anche quello.
Andrea, il bassista fa un oscuro lavoro, non trovi?
Palaia: Abbiamo di fatto quasi abolito gli assoli, ci sono momenti dove uno strumento emerge ma lavoriamo al brano come un tutt’uno e non per i cinque minuti di celebrità sul palco di ognuno di noi. Andiamo piuttosto per sottrazione in modo che rimanga solo ciò che ci pare contribuisca realmente al pezzo...
[Daniele Barina]