Il mondo non basta
Riflettere sulla montagna con gli scatti di Fabian Haspinger
Possono l’arte e la cultura far riflettere anche sui problemi ambientali? Il turismo, le attrazioni, gli eventi in quota, come influiscono sull’ambiente circostante?
Uno spunto in tal senso si può cogliere presso il Centro visite del Parco naturale Puez-Odle in Val di Funes, che ospita un’interessante mostra del fotografo pusterese Fabian Haspinger. Nei suoi scatti è documentato come la montagna, nei decenni, sia stata sistematicamente antropizzata e “arredata” ad uso e consumo umano. La mostra, visitabile gratuitamente, offre al pubblico non pareri netti, ma utili spunti di riflessione che spingano oltre la prospettiva consumistica che ha raggiunto ormai anche le (un tempo) inviolate cime.
Fabian, come è nata l’idea di questo progetto?
Nel 2018 io la mia compagna Caroline siamo stati al rifugio Bonner-Hütte sul Corno di Fana sopra Dobbiaco, dove abbiamo conversato con il gestore, nostro compaesano e appassionato alpinista. Mentre stavamo in terrazza a chiacchierare, osservavo le Dolomiti e notavo che, anche se stava scendendo la notte, c’era comunque un gran movimento: si preparavano le piste da sci del Monte Elmo, si notavano auto in movimento e le lampade di escursionisti. Mi è stato chiaro che anche in montagna, proprio come in città, c’è sempre frenesia e rumore. Altri spunti di riflessione me li ha dati l’esperienza come guida e guardiaparco; sono stati tre anni che mi hanno permesso di vedere molte cose.
Come dobbiamo interpretare il titolo?
Il titolo è nato pensando al fatto che viviamo in una delle regioni più belle del mondo, ma a ben guardare neanche questo ci basta, perché non ci accontentiamo della bellezza che ci circonda. In Alto Adige - ma in Austria è a anche peggio - abbiamo la tendenza a riempire ogni angolo di montagna di eventi e attrazioni ad alto tasso di adrenalina. È possibile che anche a 2000 metri, in un paesaggio unico, dobbiamo inventarci e mettere qualcosa per richiamare la gente? Tutto ciò che installo in alta montagna, di fatto, porta rumore e confusione, che ci impediscono di godere il motivo per cui siamo saliti fino a lassù. La gente non riesce più a godere e sentire con tutti i sensi la bellezza, il puro fascino del paesaggio. Solo in un secondo momento mi sono accorto che il titolo è anche quello di un film di James Bond, ma la cosa non è voluta.
Riguardando il suo archivio fotografico crede che negli ultimi anni si sia sviluppata una nuova consapevolezza?
Ho 43 anni, l’amore per la natura me lo ha instillato mio padre da bambino e, già prima di diventare un professionista, ho immortalato paesaggi e animali. Come fotografo, dedicandomi a questo progetto ho iniziato a guardare in maniera diversa ciò che mi circonda, in modo differente rispetto a chi questa professione non fa e si gode semplicemente monti e boschi. È una domanda cui è difficile a rispondere, anche perché dieci anni fa non ero così sensibile rispetto al tema. Penso che la situazione stia peggiorando, tuttavia a San Vigilio, all’inaugurazione della prima tappa di questa mostra, erano presenti vari esponenti dell’associazionismo turistico che mi hanno dato segnali molto precisi rispetto al desiderio di cambiare rotta in un’ottica di maggiore sostenibilità e minore impatto.
Le foto presentate nella mostra sono il frutto di una “caccia” oppure di incontri casuali?
Non è stata una ricerca difficile, alcune foto le ho fatte durante le escursioni, altre anche fermandomi con l’auto durante i miei viaggi. Nel caso del rifugio Auronzo è bastato semplicemente parcheggiare nei pressi della struttura. Quando è nato il progetto ho anche letto dépliant, guardato siti Internet delle associazioni turistiche e fatto assieme alla mia compagna un po’ vita da turista: ci siamo informati, abbiamo usato gli impianti di risalita e mangiato nei rifugi proprio come chi visita la nostra provincia, ma con la visione del fotografo.
Possiamo dire che il suo è un lavoro di denuncia?
Le mie foto documentano un momento. Anche di carattere non mi espongo mai in maniera netta e assoluta gridando la mia opinione, puntando l’indice. Cerco di essere equilibrato. Nelle mie foto non ci sono accuse precise e dirette, perché forse non sono neanche in grado di fare una valutazione corretta perché non ho una conoscenza che mi permetta di valutare le scelte fatte. Gli esperti di fotografia riconoscono che le mie foto non presentano in modo buono o cattivo le cose, ma le portano in evidenza in maniera neutrale in modo che il pubblico possa farsi la propria idea.
Cosa cerca quando si muove in montagna per semplice piacere?
Mi basta la tranquillità del bosco, poterlo osservare e ascoltarne i rumori.
[Mauro Sperandio]