Caro vecchio rock’n’roll
Con la cover band bolzanina Lucky17 rivive il mitico stile degli Anni ‘50
Fortunati i diciassettenni degli Anni Cinquanta che hanno potuto vivere quella rivoluzione musicale, di costume e di pensiero, chiamata rock’n’roll.
Lucky17 è la cover band bolzanina degli artisti più famosi della declinazione classica del genere, alla Elvis Presley e alla Chuck Berry per intenderci, che sarà impegnata a Bolzano la sera di sabato 11 giugno a Parco Firmian in occasione della Sagra del Risotto (altre date in zona: il 26 luglio a Tesero o il 5 agosto alla Laubenfest di Egna). Il gruppo è composto da Valerio Ricci alla batteria, Roberto Sieff alla chitarra, Mirco Giordani al basso, Alberto Dall’Aglio al sax, Elisa Bernini alle tastiere e ai cori, oltre ai cantanti Simone Melchiori e Stefano Albertin. Chiediamo a quest’ultimo - un vigile del fuoco di Vadena che però, invece di spegnerle, accende le platee - il senso della sua missione.
Con tutti i tipi di musica, come mai il r’n’r?
Da ragazzino, alle medie, ho cominciato a ballarlo e l’ho fatto fino a non tanto tempo fa, prima con il gruppo Blue Sky che diventa in seguito Academic Dance Studio e poi mettendo in piedi per conto nostro la società Phoenix Rock’n’Roll Club che rinasceva un po’ dalle ceneri dell’Academic, fino a diventare vicecampioni del mondo nel 2002 di rock’n’roll acrobatico di formazione. È un ballo sportivo riconosciuto dal CONI e che fa riferimento alla Federazione Danze Sportive.
Però adesso canti...
Mia madre mi faceva ascoltare le cassettine con i cantanti italiani da Celentano a Battisti, ma dentro c’erano anche pezzi di Elvis, di altri classici del r’n’r anni ’50 e dei Beatles, per cui è un genere che mi porto dentro e che ho ascoltato, ballato e cantato! Infatti, deciso per età un po’ tutti di smettere di ballare, abbiamo messo in piedi una band anche con membri della squadra, però facendo Ligabue. Invece io avevo in mente il rock’n’roll: lasciato tutto, dopo qualche anno nel 2014 ho conosciuto i musicisti che formano gli attuali Lucky17 e insieme a loro ho coronato la mia ambizione.
Per essere datata, pensi che questa musica rimanga transgenerazionale?
Da quando abbiamo iniziato sono piovute date perché il genere piace molto, i bimbi si divertono, è una ritmica dritta in 4/4, semplicissima e molto diretta, non ha niente d’intellettuale o forse ne ha anche troppo, ha compiuto nel frattempo tutto il giro... Siamo spesso raggiunti dagli stessi nuclei con prole che hanno eletto il nostro show a ballo di famiglia.
Da piccolo, quanto ti ha avvicinato al genere un noto telefilm d’ambientazione anni ’50?
Happy Days con il mitico Fonzie, certo, anche se l’ho rivisto di recente con i miei figli e in effetti ho notato che la colonna sonora non corrisponde al r’n’r che suoniamo noi, perché insisteva su cose più romantiche, in stile Platters. Mi ha colpito il musical Grease, specie per i balli, ma anche nel suo attualizzare un po’ musicalmente l’epopea che raccontava. Invece il film American Graffiti l’ho visto molto più tardi e non posso annoverarlo tra le mie influenze.
Quando nasce il rock’n’roll? Io tifo per Rocket 88 di Jackie Brentson del 1951, tu?
Sto con gli storici che fanno risalire il momento seminale di genere a quando Sam Phillips portò a incidere alla Sun Record di Memphis il Million Dollar Quartet formato da Elvis Presley, Carl Perkins, Jerry Lee Lewis e Johnny Cash, il primo e l’ultimo passati in realtà per caso dallo studio, il 4 dicembre del 1956.
Qual è la filosofia sottesa del tuo genere d’elezione, il modo di prender la vita cui induce: ne scorgi ancora un barlume?
Mi sembra ci sia voglia di sperimentare dal punto di vista musicale ma lontano dalle chitarre. Quanto alla rabbia intrinseca e alla voglia di rivalsa sociale, la continuo a vedere nell’hip hop o nel rap. Le chitarre tornano in sequenze e loop usati da generi dove prima non c’erano e personalmente spero che saranno di nuovo al centro anche del rock’n’roll, senza il quale io non so nemmeno come potrebbe esistere il mondo. Senza voglia di ribellarsi e andare contro le cose che ti paiono ingiuste, come ai tempi della società ancora molto patriarcale in cui ha potuto svilupparsi questa musica dirompente, che gusto ci sarebbe? E guarda che oggi sembra tutto possibile nel vestire e nell’acconciarsi ma la società è più bacchettona di una volta.
Perché scomodare con le cover anche i Blues Brothers con tutta la ricchezza che attribuisci al tuo genere prediletto?
Suoniamo pezzi che hanno fatto anche i Blues Brothers, vale a dire la più iconica cover band del r’n’b, tipo la loro versione di Jailhouse Rock, hit di Leiber e Stoller cantato in origine da Elvis. In ogni caso il rock’n’roll sarebbe un blues che diventa rhythm’n’blues, semplicemente accelerato, oppure una fusione tra country, gospel e rhythm’n’blues con un occhio sempre aperto sulle orchestrine swing.
[Daniele Barina]